a cura di Andrea Giostra - La
20^ puntata dei Romanzi da leggere online è dedicata alla II parte, 2° Capitolo
del romanzo “Anzol” di Haria.
In copertina Pippo Rizzo (Corleone 1897 - Palermo 1961), “Donna che fuma”, 1920, tempera su carta, cm. 66 x 50.
Seconda Parte, 2° Capitolo
Da qualche tempo nel vento si udivano labirintici
suoni: uno stridulo tintinnio metallico e un gioco di voci gravi, secche,
acute, a tratti lontane, a tratti vicine. Ormai l’odore di uova marce nell’aria
era un’abitudine e nessuno vi faceva più caso, ma quei suoni persistenti che il
vento rimbalzava su Anzol erano irritanti.
Ot ricomparve in piazza con Caldaio alla guida di un
carretto carico di piccole fiasche di coccio. Si fermarono al centro, presso il
pozzo. Caldaio si appoggiò al carretto e sfoderò un sorriso beato e Ot, con una
fiasca in mano, chiamò la gente.
«Qui dentro c’è l’ebbrezza, amici! coraggio, venite ad
assagiarla!».
Uomini e donne
arrivarono alla spicciolata con lo sguardo fisso per la curiosità e gli occhi
mobili per il timore. Ot bevve per primo, un lungo sorso silenzioso. Caldaio
preferì piccoli sorsi drammatici. Gli uomini imitarono sia l’uno che l’altro.
Un’ora dopo erano tutti seduti per terra a gambe divaricate, con la testa
ciondolante e un sorriso ebete sulle labbra, che nemmeno il vento riuscì a
scalfire. Le donne li trascinarono via scuotendo la testa.
*
Il fatto era che l’ebbrezza necessitava un nome meno
vago. Ancora una volta ci pensò Ot. Riunì gli uomini in piazza, salì sul bordo
del pozzo e parlò con voce impastata ma decisa.
«Avete assaggiato l’ebbrezza e conoscete il suo
effetto: scalda l’animo e dilata le visioni. Di una bevanda così non se ne può
fare a meno. Da oggi si chiamerà ot».
«Quanto se ne può avere?», domandò uno.
«Con l’aiuto di Caldaio praticamente una quantità
infinita. È lui che ha inventato lo strumento che stilla il nettare dalle
bacche».
«Come se ne può avere?», fece un altro.
«Vi piace, eh? Beh, aprirò un locale adatto. Un’oteria».
*
«Falli pagare per bere, e fai in modo che non ne
ingurgitino più di quanto ne possano digerire», pontificò Ottia.
Ot guardò sua sorella piantata saldamente al centro
della vasta stanza, con i pugni sui fianchi e un’aria volitiva. Apprezzò il suo
senso pratico, la sua irremovibilità.
«Tu sapresti tenerli a bada e servire sempre la giusta
quantità di ot», ammise.
«È quello che farò, fratello».
Da Ottia si cominciò a bere dalle prime luci dell’alba a notte fonda. Erano
permesse le sbornie, ma contenute; gli schiamazzi tollerati solo dopo il
tramonto e non oltre l’aurora, e a scoraggiare sul nascere ogni accenno di
rissa ci pensava l’impressionante forza fisica di Mollo.
Di tanto in tanto gli occhi insonni di Ot si
affacciavano sulla porta perennemente socchiusa e scrutavano l’inesausta sete
degli anzolani naufragare nelle liquide visioni che i multiformi bicchierini di
coccio contenevano. Allora si illuminavano e un’appagata acquiescenza li
prendeva. Ot invecchiò così e Ottia trovò l’abbandono nell’atto esperto di
mescere ot.
Fu una folata di vento che una notte qualunque
spalancò la porta. Una donna avvolta in una veste nera entrò, avanzò nella
ressa che assediava il banco di mescita e si rintanò in un angolo vuoto. La
gente non vide il guizzo dei suoi occhi ordinare da bere, ma ad Ottia non
sfuggì quel gesto estremo e diverso e per un istante il suo sguardo rabbrividì
nel vuoto del bicchierino che aspettava di essere colmato. Per un istante Ottia
vide nel liquore che traboccava la conclusione della propria vita. Con calma ferma
servì un ot alla donna e la guardò bere d’un fiato. Per un istante Ottia
vide nel bicchierino vuoto - che le dita secche della donna posavano sul tavolo
- Anzol svuotata di vita. Per un istante vide
l’intento del destino.
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Note dell’editore:
«Haria vive ritirata sull'appennino ligure-emiliano, e comunica
con il mondo esterno mediante i suoi libri, in cui dispensa la conoscenza di
cui è portatrice. Ove giovani donne, in secoli diversi, in fuga dal proprio
tempo, in fuga per la consapevolezza e la libertà. Nove vite, una vita, e una
luce negli occhi che le guida e le accomuna. Nove donne oltre il varco
sull'ignoto, per un magico, solidale destino.»
“Anzol”, Haria, Collana
Letteratura di Confine, Proprietà letteraria riservata, © RUPE MUTEVOLE, prima
edizione 2013, ristampe 2017.
Cristina del Torchio
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Andrea Giostra