Un film sul dolore e sul buio: così lo definisce il regista, che esordisce in conferenza stampa chiedendo alla stampa di non spoilerare il finale della storia.
Protagonista è Valerio Mastandrea, nel ruolo di Adriano Sereni, un tipo scontroso e dall’aria trascurata che vive da solo nelle stalle ristrutturate di Villa Guelfi, una dimora disabitata e in rovina. Tra una comunità di ragazzi (tra cui una contessina interpretata da Galatea Bellugi) che cura una campagna abbandonata in Toscana e una sua socia molto protettiva, Giuliana (Valeria Bruni Tedeschi), che spesso lo va a trovare, Adriano dovrà nel frattempo affrontare un doloroso processo, la cui controparte è la sua ex moglie (Ilaria Spada).
“Forse alcuni miei film erano più pessimisti. Sono partito qui dal buio e dall’abisso di una persona. Ha molti dilemmi e mette in discussione la propria vita, chiedendosi cosa significhi essere un padre e avere una famiglia. Un borghese di Roma Nord cui è successo un pasticcio incredibile, un solitario misantropo che subisce delle incursioni da questi vicini di casa, e poi da questa socia di studio che arriva a scuoterlo e a rompergli le scatole, una specie di cura sigillata dal gesto tenerissimo di stirargli le camicie all’alba prima di andare in tribunale. Un uomo incapace di vivere che però aiuta a nascere”.
E sul cast, Virzì dice:
“Galatea ha una sua grazia aristocratica, ma allo stesso tempo ha qualcosa della bestiolina. Poi lei è anche maremmana, ha fatto tutte le sue vacanze a Manciano. Ilaria invece l’avevo molto apprezzata nelle commedie e ho deciso di farle interpretare qui un ruolo molto drammatico. Valeria l’ho minacciata pur di averla nel mio film”.
Valerio Mastandrea racconta:
“Ho esplorato molte emozioni leggendo il soggetto. Il mio è un ruolo malinconico e buio, ma contaminato di leggerezza. Con Paolo costruiamo i personaggi come se stessimo parlando della stessa cosa, ci compensiamo. Adriano è un personaggio che ha toccato le mie corde e forse è quello, nel corso della mia carriera, più vicino a me”.
Valeria Bruni Tedeschi aggiunge:
“Paolo mi ha detto: se non fai questo film, io mi butto dalla finestra. Ho abitato questo personaggio ed sono entrata nell’universo di Paolo con grande piacere. I suoi film sono in contatto con la gratitudine verso la vita e quello che abbiamo. Per questo, quando sono sui suoi set, sto meglio. Ridere della tragicità della vita è come avere delle bombole di ossigeno”.
Il film rappresenta anche un confronto generazionale, che porta con sé un messaggio importante: la disabilità della figlia di Adriano Sereni diventa un punto centrale di discussione sull’essere padre e sul compiere delle scelte.