a cura di Andrea Giostra - In questi capitoli de “La luce negli occhi” … Haria nel suo continuo fuggire, gli basta trovare una traccia, anche se ne ha trovate innumerevoli… i suoi occhi hanno dissolto ogni resistenza e percepito un mondo che riassume l’impeto della vita… il dettaglio di bellezza che cercava è la bellezza stessa…
10° e 11° capitolo
X
1253 a.C.
La Prima Traccia
Ha-ria!
Il mio nome si spezza, strillato dall’uomo che mai
troverà il varco attraverso cui di slancio sono penetrata; l’uomo che tornerà
alla dimora deluso e stanco e invocherà Pen di punirmi con una morte atroce. Ma
io corro fra gli alberi libera di sorridermi e niente ora mi è più caro
dell’ignoto.
Pen non è più il mio dio, né gli altri dèi
guideranno la mia sorte; la luce verde nei miei occhi sa che la verità è
custodita in un dettaglio di bellezza e frugherà ovunque finché non l’avrà
trovato. Una traccia mi basta.
Scavalco le rupi sul Rio Senza Nome, al quale
d’impulso do il mio, salto nell’acqua che nessuno strato di ghiaccio può
fermare, risalgo la corrente e mi fermo nel breve tratto di sabbia sulla sponda che scruta il nord estremo. Per qualche
istante il mio respiro naviga lontano, poi si concentra sul fluire immenso del
rio, e comincia a percepire...
Acqua aperta, acqua verde e non verde,
trascina lo sguardo dentro mutevoli sentieri, imprevedibili guizzi che mutano
più veloci del pensiero: non c’è legame con il fragore della realtà cui i miei
occhi sono stati abituati: l’acqua non è mai la stessa.
Sospeso il suono della corrente, ora; i
suoni tacciono al silenzio che avanza trascinato da un’onda imprevedibile il
cui gesto sorprende e disgela una realtà nuova: la vastità. La mia luce cerca
una traccia e ottiene un labirinto di percorsi.
E l’acqua si ferma, riflette la mia luce,
sorride ai miei occhi e si concede; vedo il suo anèlito, comprendo il suo
segreto, accetto il suo abbandono.
Mi
bastava una traccia, ne ho trovate innumerevoli. I miei occhi hanno dissolto
ogni resistenza e percepito un mondo che riassume l’impeto della vita. Il
dettaglio di bellezza che cercavo è la bellezza stessa.
*
Vecchia, paziente, silenziosa, guardo nel passato e
nell’incanto che mi ha guidata. Non ho sprecato i
miei attimi e ho coltivato il mio talento; ho nascosto il mio volto agli
uomini, predatori per istinto, e in solitudine ho attraversato il mio tempo in
cerca del misterioso potere che la bellezza emana. Ciò che ho trovato resterà
custodito sulle rocce, negli alberi, nel muschio, nell’acqua, nel cielo. Fra
molte vite una giovane in fuga riunirà i significati, chiuderà il magico
cerchio e sarà libera. A lei, e alle altre prima di lei, regalo questa
traccia...
XI
653 d.C.
La Seconda Traccia
L’impeto del salto mi catapulta nel varco. Vedo il mio
corpo ricadere in piedi su strati di foglie, correre fra i primi alberi del
bosco, e
fermarsi. Mi volto in-
dietro a percepire l’ultimo boato che rimbalza sul
silenzio di Bedo e gli occhi di Yok, in agguato sulla rupe che sovrasta il
varco, mi urlano di fuggire. Yok si lancerà sui cani che mi braccano; non
tornerà, lo so.
Salto sull’acqua di un rio e raggiungo la riva dove
gli alberi infittiscono; bianche macchie sui tronchi sottili di flessibili carpini
mi scrutano: occhi tondi, grandi, piccoli, ovunque, occhi. Mi sento immobile
nell’ombra fredda di quest’alba che risuona nuova e apre rugiade, muschi,
felci, foglie. Confine è
parola che cristallizza il mio passato, è una striscia
sinuosa di luce verde ai miei piedi, è la soglia di una terra ignota che mi
attrae.
Avverto il mio corpo oltre il confine; un
vento caldo mi avvolge, un silenzio mite mi circonda e gli occhi sui tronchi si
rivelano: sono antiche presenze, bisbigliano leggende di bellezza, parlano di
una traccia che scandirà il mio destino, mi incitano a trovarla.
Io sono laggiù e qui, dietro una roccia che
il folto muschio modella, seduta su strati di foglie, nell’incavo di un
castagno che guarda il cielo. Sono ovunque, come gli occhi cui ho dato ragione.
La luce verde nei miei occhi indaga e trova
intrecci di rami tessuti da abili mani di donna entro un cerchio di rocce
nascoste, oltre uno stretto passaggio. So che questa fu dimora di energia. Su
una lastra di pietra sono incisi, nell’antica lingua drusca, il nome Haria, il
mio nome, e l’esaltante racconto di una vita.
*
Il tempo mi è stato fedele, il ritmo delle
stagioni mi ha vista trovare l’abbandono nei miei occhi e la magia nei luoghi
in cui un misterioso potere mi ha concesso di vivere, oltre le inconsapevoli e
crudeli esistenze degli uomini, dei quali non lascio memoria. Non ne vale la
pena.
Ho obbedito al richiamo della
bellezza, come fece Haria l’antica drusca, e ho trovato la mia traccia sulla
traccia che lei lasciò incisa sulla pietra: La
bellezza è la memoria di tutti i sogni della terra e il destino di ogni sogno.
Trascrivo nel linguaggio corrente, sulla
parete di questa roccia, il racconto magico della mia vita. Un giorno un’altra
Haria la troverà e...
E ora è tempo di volare nella vastità.
Per leggere i precedenti capitoli, clicca qui:
Note dell’editore:
«Haria vive ritirata sull'appennino ligure-emiliano, e comunica
con il mondo esterno mediante i suoi libri, in cui dispensa la conoscenza di
cui è portatrice. Ove giovani donne, in secoli diversi, in fuga dal proprio
tempo, in fuga per la consapevolezza e la libertà. Nove vite, una vita, e una
luce negli occhi che le guida e le accomuna. Nove donne oltre il varco
sull'ignoto, per un magico, solidale destino.»
“La luce negli occhi”, Haria, Collana
Letteratura di Confine, Proprietà letteraria riservata, © RUPE MUTEVOLE, prima
edizione 2004, ristampe 2009-2012-2018.
Cristina del Torchio
https://www.facebook.com/RupeMutevoleEditore/
https://www.reteimprese.it/rupemutevoleedizioni
Andrea Giostra
In copertina Giulio D’Anna (1908-1978), “Pescatori nello stretto” (1952), olio su tavola.
http://www.archiviostoricofuturistisiciliani.it/giulio-danna/