Romanzi da leggere a puntate online. 20^ puntata, II Parte, 2° capitolo del romanzo “Anzol”


In copertina Pippo Rizzo (Corleone 1897 - Palermo 1961), “Donna che fuma”, 1920, tempera su carta, cm. 66 x 50.

Seconda Parte, 2° Capitolo

Da qualche tempo nel vento si udivano labirintici suoni: uno stridulo tintinnio metallico e un gioco di voci gravi, secche, acute, a tratti lontane, a tratti vicine. Ormai l’odore di uova marce nell’aria era un’abitudine e nessuno vi faceva più caso, ma quei suoni persistenti che il vento rimbalzava su Anzol erano irritanti.
Ot ricomparve in piazza con Caldaio alla guida di un carretto carico di piccole fiasche di coccio. Si fermarono al centro, presso il pozzo. Caldaio si appoggiò al carretto e sfoderò un sorriso beato e Ot, con una fiasca in mano, chiamò la gente.
«Qui dentro c’è l’ebbrezza, amici! coraggio, venite ad assagiarla!».
Uomini e donne arrivarono alla spicciolata con lo sguardo fisso per la curiosità e gli occhi mobili per il timore. Ot bevve per primo, un lungo sorso silenzioso. Caldaio preferì piccoli sorsi drammatici. Gli uomini imitarono sia l’uno che l’altro. Un’ora dopo erano tutti seduti per terra a gambe divaricate, con la testa ciondolante e un sorriso ebete sulle labbra, che nemmeno il vento riuscì a scalfire. Le donne li trascinarono via scuotendo la testa.

*

Il fatto era che l’ebbrezza necessitava un nome meno vago. Ancora una volta ci pensò Ot. Riunì gli uomini in piazza, salì sul bordo del pozzo e parlò con voce impastata ma decisa.
«Avete assaggiato l’ebbrezza e conoscete il suo effetto: scalda l’animo e dilata le visioni. Di una bevanda così non se ne può fare a meno. Da oggi si chiamerà ot».
«Quanto se ne può avere?», domandò uno.
«Con l’aiuto di Caldaio praticamente una quantità infinita. È lui che ha inventato lo strumento che stilla il nettare dalle bacche».
«Come se ne può avere?», fece un altro.
«Vi piace, eh? Beh, aprirò un locale adatto. Un’oteria».

*

«Falli pagare per bere, e fai in modo che non ne ingurgitino più di quanto ne possano digerire», pontificò Ottia.
Ot guardò sua sorella piantata saldamente al centro della vasta stanza, con i pugni sui fianchi e un’aria volitiva. Apprezzò il suo senso pratico, la sua irremovibilità.
«Tu sapresti tenerli a bada e servire sempre la giusta quantità di ot», ammise.
«È quello che farò, fratello».

Da Ottia si cominciò a bere dalle prime luci dell’alba a notte fonda. Erano permesse le sbornie, ma contenute; gli schiamazzi tollerati solo dopo il tramonto e non oltre l’aurora, e a scoraggiare sul nascere ogni accenno di rissa ci pensava l’impressionante forza fisica di Mollo.
Di tanto in tanto gli occhi insonni di Ot si affacciavano sulla porta perennemente socchiusa e scrutavano l’inesausta sete degli anzolani naufragare nelle liquide visioni che i multiformi bicchierini di coccio contenevano. Allora si illuminavano e un’appagata acquiescenza li prendeva. Ot invecchiò così e Ottia trovò l’abbandono nell’atto esperto di mescere ot.
Fu una folata di vento che una notte qualunque spalancò la porta. Una donna avvolta in una veste nera entrò, avanzò nella ressa che assediava il banco di mescita e si rintanò in un angolo vuoto. La gente non vide il guizzo dei suoi occhi ordinare da bere, ma ad Ottia non sfuggì quel gesto estremo e diverso e per un istante il suo sguardo rabbrividì nel vuoto del bicchierino che aspettava di essere colmato. Per un istante Ottia vide nel liquore che traboccava la conclusione della propria vita. Con calma ferma servì un ot alla donna e la guardò bere d’un fiato. Per un istante Ottia vide nel bicchierino vuoto - che le dita secche della donna posavano sul tavolo - Anzol svuotata di vita. Per un istante vide  l’intento del destino.


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Note dell’editore:
«Haria vive ritirata sull'appennino ligure-emiliano, e comunica con il mondo esterno mediante i suoi libri, in cui dispensa la conoscenza di cui è portatrice. Ove giovani donne, in secoli diversi, in fuga dal proprio tempo, in fuga per la consapevolezza e la libertà. Nove vite, una vita, e una luce negli occhi che le guida e le accomuna. Nove donne oltre il varco sull'ignoto, per un magico, solidale destino.»

“Anzol”, Haria, Collana Letteratura di Confine, Proprietà letteraria riservata, © RUPE MUTEVOLE, prima edizione 2013, ristampe 2017.

Cristina del Torchio
https://www.facebook.com/RupeMutevoleEditore/
https://www.reteimprese.it/rupemutevoleedizioni 

Andrea Giostra


Fattitaliani

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