a cura di Andrea Giostra - La 17^ puntata dei Romanzi da leggere online è dedicata al quinto capitolo del romanzo “Anzol” di Haria.
In copertina Leonardo Albanese (Santa Caterina Villarmosa 1947), “La Baronessa di Carini e Luca”, 2008, cm. 100 x 80, olio su tela.
V Capitolo
Il tintinnio dei soldi
disperdeva lo scalpiccio smarrito della folla. Le voci si scioglievano nella
nebbia, i suoni si ossidavano contro la resistenza del vuoto. Solo il grido di
un uomo, il lamento di un vecchio, l’urlo di una donna - presi nelle trame
della follia che le streghe scatenavano - sorprendevano il mercato. Lontano, in
un’èra di desolazione, l’ossesso mostriciattolo ballava sulla carcassa dell’oteria
e tracannava ot.
Anzol era fradicia,
l’umidità non risparmiava niente, trasudava dai muri, sulle pietre, lungo le
vie, filtrava in spazi dimenticati, si allargava, si stratificava.
Anzol era guasta, le
esistenze si consumavano in gesti meccanici, in ripetute ossessioni, in sordi e
reiterati rancori che aizzavano donne contro donne, uomini contro uomini,
vecchi contro vecchi, bambini contro bambini, donne contro uomini, vecchi
contro bambini, uomini contro vecchi, bambini contro donne, contro vecchi,
contro uomini, tutti contro tutti.
Si moriva ad Anzol.
Donna regnava senza regnare, non ne aveva bisogno. «Una vera regina guarda
impassibile il proprio regno». La gente cedeva a un fare insensato e la folla a
un vagare concentrico.
Fu allora che nel mercato si impose il gioco degli strati.
Si azzarda
fino a sei strati di nebbia. Perdente al primo strato l’essere subisce lo
scherno della folla; vincente riceve mille soldi. Perdente al secondo strato
l’essere è bastonato; vincente bastona. Perdente al terzo strato è privato
della dignità; vincente decide il fare di quel giorno. Perdente al quarto
strato è braccato nella nebbia: chi lo scova lo riduce servo dei servi;
vincente è padrone del mercato per il tempo di cento azzardi. Perdente al
quinto strato è cacciato per sempre dal mercato; vincente impone la sua legge
per il tempo di mille azzardi. Perdente al sesto strato è scannato; vincente è
acclamato signore della folla finché un altro vincitore su sei strati non lo
sfiderà. Al termine di ogni azzardo, nel cerchio del gioco, il giocatore urla
la sua vittoria o la sua sconfitta. Si azzarda uno strato per volta, ma è
consentito azzardare tutti e sei gli strati in una volta sola.
Il tintinnio dei soldi
determinava l’intensità della sconfitta o la qualità della vittoria. Chi
imbastì il gioco (non si seppe mai con certezza chi ne fu l’inventore)
fu un mago girovago, che per primo azzardò due strati: perse e gli spezzarono
la schiena. Chi il gioco lo perfezionò - un manipolatore di numeri -
vinse su cinque strati e impose che il gioco non avesse mai fine.
Azzardò il sesto, perse, e fu scannato nella nebbia da una strega.
Anzol seppe del gioco da una cartomante. Seduta su una botte vuota -
che diffondeva ancora un vago aroma di ot - maneggiava con metodico
arbitrio un mazzo di ‘anzolane’. La nebbia, il cerchio e l’azzardo,
usciti in successione, non lasciarono spazio a dubbi.
Gli anzolani non
persero tempo. Non si seppe mai quanti avessero raggiunto il mercato e quanti
invece si fossero smarriti nei labirinti nebbiosi. Solo in seguito - quando il gioco
si consolidò nello strascicato fare della folla - presero a risuonare lontani
frammenti di voci, flebili e accorati echi di lamenti, invocazioni, richiami,
appelli, che andavano a morire nel rotolante tintinnio dei soldi.
Dispersa nei meandri
del dodicesimo piano Donna languiva per la noia. Ormai non usciva più e si
limitava a gracchiare ordini contraddittori alle serve che bighellonavano per
le stanze. Non capiva come le fosse sfuggito di mano il controllo sulle
streghe; da un pezzo non salivano più a riportarle dettagliati resoconti delle
loro imprese. Si era affacciata alla finestra, aveva urlato una sfilza di
comandi, ma la sua voce si era sciolta nella nebbia. E Gaddo? dov’era il
mostriciattolo?
Una serva addetta allo
svuotamento dei vasi da notte le riferì del gioco. Disse che di tanto in
tanto intorno al cerchio spuntavano occhi rossi e bocce ritorte che
farfugliavano parole incomprensibili.
Ecco dov’erano le streghe. A giocare. Ciabattò giù per dodici piani
parlando da sola, uscì nella notte e rabbrividì. “Non ricordavo tutta questa
umidità”, rifletté. Avanzò senza incontrare ostacoli, proseguì per un tempo che
le sembrò infinito occhieggiando fra le grigie densità. Due occhi infiammati
fermarono i suoi passi. Una voce aspra risuonò.
«Azzardi?».
«Tu devi essere
Cloaca. Quante siete qui? cinque, sei?».
Ai suoi piedi la
nebbia si mosse e sei spessi strati circolari presero a risalire il suo corpo.
Donna guardò l’improbabile, l’impossibile, l’impensabile avvolgerle lentamente
le gambe, il bacino, il torace in una morsa di gelida umidità. “Cosa devo
fare?”, pensò. Smaneggiò sugli strati cercando di respingerli, li schiaffeggiò,
li insultò. Quando raggiunsero i suoi occhi fu come se milioni di spilli le
producessero fitte atroci. Allora urlò.
Il boia che la scannò
era Gaddo.
«Il mostriciattolo»,
rantolò Donna un attimo prima del buio.
Per leggere i precedenti capitoli, clicca qui:
Note dell’editore:
«Haria vive ritirata sull'appennino ligure-emiliano, e comunica
con il mondo esterno mediante i suoi libri, in cui dispensa la conoscenza di
cui è portatrice. Ove giovani donne, in secoli diversi, in fuga dal proprio
tempo, in fuga per la consapevolezza e la libertà. Nove vite, una vita, e una
luce negli occhi che le guida e le accomuna. Nove donne oltre il varco
sull'ignoto, per un magico, solidale destino.»
“Anzol”, Haria, Collana
Letteratura di Confine, Proprietà letteraria riservata, © RUPE MUTEVOLE, prima
edizione 2013, ristampe 2017.
Cristina del Torchio
https://www.facebook.com/RupeMutevoleEditore/
https://www.reteimprese.it/rupemutevoleedizioni
Andrea Giostra