Il racconto di una vicenda personale, l’esperienza di don Stefano Nastasi, parroco a Lampedusa dal 2007 al 2013, maturati i tempi per il necessario, per quanto sempre parziale, distacco emotivo, presupposto ineludibile per la riflessione, viene ascoltato, accolto e riletto, alla luce della sapienza teologica, da Alfonso Cacciatore.
Il
saggio consta principalmente di due momenti: la narrazione e la riflessione
teologica su di essa. La narrazione è
volutamente asciutta, scevra di fronzoli e fingimenti letterari, solo i fatti
nel loro triste e assurdo accadere.
Com’è
noto, esiste una teologia del “prima di Auschwitz” ed una teologia del “dopo
Auschwitz”, in Sbarchi di umanità la teologia torna ad
interrogarsi e lo fa in modo autentico e senza servili censure. Punto nodale
della riflessione è tutt’altro che astratto: si tratta della parabola
migratoria, ed è all’interno di tale orizzonte di significato che ci si torna a
chiedere “dov’era dio, dov’era l’uomo”? Ciò che ne viene fuori è una
riflessione coraggiosa, dirompente, a tratti eversiva.
Di migranti, di sbarchi, di Lampedusa hanno scritto in tanti, personalmente ritengo troppi. In troppi hanno cavalcato l’onda e l’opportunità dell’emozione e del clamore anche mediatico degli eventi, piegandole ad ogni tipo di bieco interesse politico ed economico. In Sbarchi di umanità ritroviamo finalmente l’Uomo come dovrebbe essere sempre: rivestito di dignità, chiunque egli sia ed in qualsiasi cosa creda o non creda. È una lettura che aiuta a conoscere, a capire, a riflettere. Una lettura utile a credenti e non credenti: il respiro è quello proprio della teologia fondamentale, aperta per sua natura al dialogo ed al confronto, e ciò preserva il testo dall’inevitabile disagio di fronte ad enfatici trionfalismi di parte; utile anche ai credenti, tanto ai credenti-coerenti quanto a quelli che hanno perso il baricentro, cadendo vittime di insidiosi imbonitori.