Stefania Convalle, editrice e autrice di Edizioni Convalle, in compagnia dell'Addetto Stampa Laura Gorini
di Laura Gorini
Quando metto la parola fine al romanzo è il momento di condividere con loro la mia nuova storia.
Stefania Convalle colpisce ancora. L'autrice milanese, con Seduti Allo Stesso Tavolo (Edizioni Convalle), la sua più recente opera letteraria, ha infatti dato in pasto al suo affezionato pubblico di lettori qualche cosa di decisamente speciale e nel quale si è messa particolarmente in gioco. L'editrice e scrittrice ci ha concesso un'intervista a cuore aperto, poco prima della sua nuova presentazione a La Stazione - Centro Socioculturale di Lonato Del Garda (BS), in occasione della Festa Della Donna.
Stefania, con questo tuo nuovo romanzo hai fatto
ancora una volta centro. Quando ti sei resa conto che la storia era davvero
pronta per essere svelata ai tuoi lettori?
Grazie per le tue parole sempre gratificanti. Per sapere se ho fatto centro, ci vorrà del tempo. Ma intanto sono contenta di averlo scritto e di aver avuto i primi feedback positivi da parte dei lettori. Scrivo per i miei lettori e, quando metto la parola fine al romanzo, è il momento di condividere con loro la mia nuova storia.
Indubbiamente a far sognare i più romantici è anche il
legame tra Penelope, la sua indiscussa protagonista, con Pietro che in primis
ci appare come un bel Narciso. Sii sincera: ti sei divertita nel raccontarcela?
Mi sono divertita a mostrare il lato narciso di Pietro, ma soprattutto mi sono immedesimata nella storia d’amore perché è sempre bello parlare della nascita di un sentimento e del suo svilupparsi.
Per la crescita personale di Penny però a giocare un
ruolo chiave non sarà lui, perlomeno non del tutto, ma due donne. Sto parlando
di Anastasia e Mara. Una è stata in grado, come si evince in alcune pagine, di
guardarla dentro. Che cosa significa esattamente “guardare dentro” a una
persona?
In un mondo che viaggia veloce e sempre più virtuale, si è persa l’attenzione verso gli altri, l’ascolto, che chiede tempo ed empatia. Guardare dentro, per me significa ascoltare, andare oltre il detto, perché spesso il non detto è quello che la persona cerca di comunicare, anche attraverso lo sguardo.
E cercare di farlo da soli, è fattibile? Può essere doloroso?
Guardarsi dentro è difficile per tutti, perché significa mettersi a nudo con noi stessi con onestà. Non affatto facile, ma necessario per capirsi meglio.
Il dolore aiuta a crescere o è solo una forma di
pesante ostacolo per il nostro cammino?
Il dolore aiuta sempre a crescere, se si paga il prezzo di affrontare quanto ci fa soffrire.
Foto di Damiano Conchieri