a cura di Andrea Giostra - In questi capitoli de “La luce negli occhi” … Haria non la
strema la certezza di essere viva, ultima dei guerrieri druschi, né la sprona
il dovere di salvare ciò che resta della sua gente. Ha dimenticato il suo
volto, la sua muta sete di libertà. Haria ha solo voglia di solitudine e
abbandono…
In copertina Anna Rita Barbieri, “Lucilla
– every angel is terrible” (2018), 100x100 cm., olio su tela.
XII
853 d.C.
La Terza
Traccia
L’eco del rantolo di Drusco mi sospinge oltre il varco. Corro verso il
fitto, mi fermo ansimante dietro un albero, spio: un cavaliere scruta e non
vede, la sua armatura appesantisce il suo spirito, vela il suo sguardo; ma
forse lui crede di vedere, e si accontenta. Forse Haria, guerriera drusca, è
morta trafitta da un ramo o è precipitata nel vuoto che il varco disegna.
Chiudo gli occhi, li riapro sul silenzio, silenzio
come non l’ho mai udito, silenzio che non dà tregua, come l’incalzare della
strage in battaglia; eppure questo silenzio è principio, non fine.
E vago.
Non mi strema la certezza di essere viva, ultima dei guerrieri druschi, né
mi sprona il dovere di salvare ciò che resta della
mia gente. Ho dimenticato il suo volto, la sua muta sete di libertà. Ho solo
voglia di solitudine e abbandono.
Ho perduto la mia spada, il mio scudo, e forse sono
nuda; barcollo nella spossatezza di un pensiero che si dissolve mentre avanzo:
vittoria, sconfitta: che rimbalzanti inganni. Caverna, grotta, incavo: qui,
dentro, più che rifugio è coltre; volta rocciosa che mostra o racconta, non so,
ma leggo antiche parole incise e mi addormento; e sogno, e ricordo, e accetto.
Amerai la bellezza, Haria; conoscerai l’incanto, il
suo sorriso, sarai custode della sua magia e infine volerai nella vastità, il
luogo del tuo destino.
E ora, al risveglio, ho solo voglia di veglia sulla
storia che racconta due vite che mi assomigliano e svela la mia parte: io sono
Haria e Haria; tramandare la leggenda di una luce verde negli occhi è
l’impeccabilità della mia sorte.
XIII
999 d.C.
La Quarta
Traccia
Le urla dei due consiglieri e l’inettitudine dei soldati inseguono il mio
salto oltre il varco; ricado in piedi, impugno il mio coltello e mi dispongo a
difesa.
I miei occhi sorridono: non c’è piacere nella fuga per
la vita, l’ho deciso mentre saltavo; nessuno dei miei inseguitori resterà vivo.
Ma il varco tace. Madre, questa inaspettata magia ti
avrebbe divertita. Il varco si chiude con rapido fruscio di cespugli intricati
e un tramonto rosato si staglia contro i tronchi neri: madre, quest’altra magia
ti avrebbe commossa.
L’istinto mi è fedele e guida i miei passi attraverso labirinti di ombre
mutevoli, di linfe, di umori resinosi, fino a una radura circondata da rocce
che si stagliano contro il cielo. La magia di questo
luogo non mi sorprende, è calda, accogliente. Madre, questo sarebbe stato il
tuo luogo di potere preferito; vorrei che fosse il mio.
La grande roccia bocca socchiusa mi sorride, una lunga
iscrizione lungo le labbra attira il mio sguardo; leggo lentamente le parole
nella lingua drusca che a mia madre fu tramandata...
So perché sono qui, e lo accetto.
*
Ah, madre, vorrei che tu fossi fra queste rocce a condividere con me la mia
vecchiaia e spartire i ricordi della mia lunga esistenza. Solitudine mi ha
cullata, Conoscenza mi ha guidata, Magia mi ha trasformata, e la luce verde nei
miei occhi ha custodito il segreto della bellezza, che mi accingo a incidere su
questa pietra nera, dura, immortale. Agli uomini di questo tempo, esistenze
indaffarate a contendersi sogni di faticosa prosperità, io, Haria la Custode,
non lascio nulla; non sanno di me, o se qualcuno sapeva i suoi occhi mi hanno
dimenticata. Chi ha attraversato questi luoghi non ha percepito che
inaccessibili intrichi, talvolta immense distese d’erba solcate dalle tempeste
dei venti del nord, o labirinti di rocce; e chi, in rari momenti di estremo
abbandono, di estrema solitudine o sogno ha per un
breve istante creduto di vedere il mio sguardo, si è ritratto confuso o
sperduto…
La mia conoscenza è il mio impeccabile amore per la
bellezza, che non può essere né condiviso né insegnato, ma solo trasmesso a
chi, in fuga per la vita, accetti di scomparire dal suo vecchio mondo e vivere
in un mondo magico.
Ad Haria di un’epoca futura lascio il compito di
tramandare la mia conoscenza e continuare una storia che arricchisca di amore
la bellezza e di bellezza l’amore per la vita.
Per leggere i precedenti capitoli, clicca qui:
Note dell’editore:
«Haria vive ritirata sull'appennino ligure-emiliano, e comunica
con il mondo esterno mediante i suoi libri, in cui dispensa la conoscenza di
cui è portatrice. Ove giovani donne, in secoli diversi, in fuga dal proprio
tempo, in fuga per la consapevolezza e la libertà. Nove vite, una vita, e una
luce negli occhi che le guida e le accomuna. Nove donne oltre il varco
sull'ignoto, per un magico, solidale destino.»
“La luce negli occhi”, Haria, Collana
Letteratura di Confine, Proprietà letteraria riservata, © RUPE MUTEVOLE, prima
edizione 2004, ristampe 2009-2012-2018.
Cristina del Torchio
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Andrea Giostra