Intervista ad Angelo Asaro selezionato per la London Art Biennale 2025: "l'arte deve stimolare consapevolezza e generare domande"

 

 

The Appearance of Emptiness 

di Giovanni Zambito. In occasione della sua selezione alla London Art Biennale 2025, abbiamo incontrato Angelo Asaro (www.angeloasaro.com), pittore siciliano dalla cifra stilistica profonda e personale. In questa intervista ci racconta il suo percorso, la sua visione dell’arte e il significato di questo importante riconoscimento. Le sue parole, intime e riflessive, ci conducono nel cuore del suo lavoro: una pittura silenziosa, essenziale, che cerca l’anima delle cose.

Congratulazioni per la selezione! Qual è stata la sua prima reazione quando ha saputo che un suo quadro era stato scelto per la London Art Biennale 2025?

Grazie mille. È stato un momento di grande emozione, quasi surreale. Quando ho saputo che The Appearance of Emptiness (L’Apparenza del Vuoto) era stato selezionato per la London Art Biennale, ho sentito un misto di sorpresa e gratitudine, per la possibilità di vedere il mio lavoro riconosciuto in un contesto così prestigioso come la London Art Biennale.

E poi c’è anche un senso di responsabilità: partecipare a una Biennale significa anche portare un messaggio, un linguaggio visivo che si inserisce in un discorso collettivo sull’arte contemporanea. È una sfida che accolgo con entusiasmo.

L’arte per me è un modo per entrare in dialogo con le domande che ci poniamo, con il tempo che viviamo. Sapere che un’opera nata da questo bisogno intimo abbia trovato risonanza anche fuori da me, è qualcosa che mi tocca profondamente.

La London Art Biennale è un evento di grande prestigio che riunisce 350 artisti da 60 nazioni. Che occasione rappresenta per lei partecipare a un palcoscenico così internazionale?

Partecipare alla London Art Biennale rappresenta, per me, un’occasione preziosa non solo in termini artistici, ma anche umani e culturali. È un privilegio essere parte di un dialogo così ampio, che attraversa confini geografici, linguistici e culturali, e che dimostra quanto l’arte sia ancora capace di unire, far riflettere e creare ponti tra esperienze diverse. È un’occasione per confrontarsi con visioni e sensibilità differenti, per ascoltare e imparare. Ed è anche un modo per ritrovare, attraverso l’arte, una forma di umanità condivisa che, al di là delle differenze, ci accomuna nel desiderio di comprendere e di essere compresi.

Portare un’opera come The Appearance of Emptiness in un contesto internazionale significa aprire una conversazione sul senso di alienazione e perdita di identità che molti, a qualsiasi latitudine, stanno vivendo.

Qual è la storia o l'ispirazione dietro l'opera selezionata? Potrebbe descriverla e spiegarla brevemente per chi non l'ha ancora vista?

L’idea alla base di The Appearance of Emptiness nasce da una riflessione sulla società contemporanea e da un bisogno interiore di dare forma visiva a sensazioni di alienazione, disumanizzazione e perdita di identità che percepisco sempre più diffuse nella nostra società.

L’opera rappresenta uno scenario cupo e surreale, abitato da figure umane ridotte a semplici abiti appesi su grucce: simboli di identità svuotate, maschere sociali, ruoli imposti. Le persone diventano veri e propri “appendiabiti”, semplici contenitori per ruoli o apparenze. È come se, in un mondo dominato dalle apparenze, ciò che indossiamo o il ruolo che abbiamo fosse più importante di ciò che siamo davvero.

Il quadro affronta temi come la disumanizzazione, il conformismo, la pressione sociale e il desiderio di evasione. La scena è dominata da un’atmosfera opprimente, con un cielo plumbeo e la presenza inquietante di un ragno che sembra bloccare l’unica via d’uscita: una porta rossa, oltre la quale si intravede uno spiraglio di azzurro. È il simbolo di una possibilità - forse difficile da raggiungere, ma comunque presente - di liberarsi da questa gabbia invisibile.

C’è poi una figura diversa dalle altre: un uomo visto di spalle, che osserva la scena con un palloncino verde in mano. È l’unico con una testa, l’unico ancora “umano”, forse lo spettatore stesso, forse chi ancora resiste alla spersonalizzazione. Il palloncino, in netto contrasto con il resto della scena, rappresenta una scintilla di speranza, di leggerezza, quasi infantile, ma capace di indicare una direzione diversa.

L’opera vuole essere un invito a interrogarci su chi siamo davvero, su quanto ci stiamo lasciando modellare da ciò che ci circonda e se, da qualche parte, esiste ancora una via d’uscita autentica.

La Biennale si terrà al Chelsea Old Town Hall. Cosa si aspetta da questa esperienza, sia in termini di visibilità che di confronto con altri artisti?

Partecipare alla Biennale in una sede così prestigiosa come il Chelsea Old Town Hall rappresenta per me un’occasione di grande valore, sia umano che artistico. Mi aspetto innanzitutto un confronto stimolante con tante culture e approcci artistici differenti. Entrare in dialogo con artisti provenienti da 60 paesi diversi significa esporsi a linguaggi, sensibilità e percorsi espressivi molto differenti, che possono arricchire profondamente il mio modo di fare arte.

Dal punto di vista della visibilità, essere parte di un evento di questa portata è sicuramente un’opportunità unica per far conoscere il mio lavoro a un pubblico più ampio, composto non solo da visitatori, ma anche da critici, curatori, galleristi e collezionisti. 

C'è un messaggio particolare che spera il pubblico colga dalla sua opera esposta alla Biennale?

Sì. Spero che chi si trova davanti a The Appearance of Emptiness colga soprattutto un senso di inquietudine e allo stesso tempo di possibilità.

L’opera mette in scena una realtà in cui l’identità sembra svanire, sostituita da ruoli e apparenze. Una società in cui si rischia di diventare invisibili, ridotti a ciò che mostriamo fuori. Ma dentro questo scenario opprimente ho voluto inserire anche dei segnali diversi: una porta socchiusa, un palloncino verde, un uomo che osserva.

Il messaggio che vorrei trasmettere è che, anche in un mondo che tende a uniformare e a svuotare, esiste ancora la possibilità di restare se stessi. Non è semplice, richiede consapevolezza e coraggio, ma è possibile.

Se l’opera riesce a far riflettere su questo, anche solo per un momento, allora ha raggiunto il suo scopo.

Qual è il suo processo creativo, dalla concezione iniziale di un'idea alla realizzazione finale del quadro? Utilizza tecniche o materiali particolari?

Il mio processo creativo nasce quasi sempre da una riflessione interiore: un pensiero ricorrente, un senso di disagio, una sensazione difficile da spiegare a parole o qualcosa che mi colpisce nel mondo che mi circonda.

Spesso tutto parte da una domanda o da una contraddizione che mi spinge a cercare una forma visiva capace di esprimere qualcosa che è insieme personale e collettivo. Prima di dipingere, faccio schizzi e raccolgo immagini, cercando di costruire un linguaggio visivo simbolico e spesso surreale per dare corpo a ciò che sento.

Dal punto di vista tecnico, lavoro esclusivamente con olio su tela, un mezzo che sento profondamente adatto ai tempi lenti e meditativi del mio processo. L’olio mi permette di costruire atmosfere dense, sfumature, contrasti simbolici e stratificazioni emotive.

Time & Existence - The Eternity of Moments

Quali temi o concetti esplora più frequentemente nelle sue opere? C'è una linea comune che lega la sua produzione artistica?

Sì, c’è sicuramente una linea comune che attraversa il mio percorso artistico. Al centro ci sono temi ricorrenti come la ricerca dell’identità, la fragilità dell’esistenza, la tensione tra individualità e conformismo, e quel senso di inadeguatezza o smarrimento che molte persone vivono nella società contemporanea.

Una delle serie più significative per me è Time and Existence (Il Tempo e l’Esistenza Umana), dove uso la clessidra come metafora della caducità della vita e del nostro rapporto con il tempo. È una riflessione sul senso dell’esistenza e sulla tensione costante tra il tempo che ci sfugge e il bisogno di significato.

Mi interessa anche indagare come la società contemporanea (tra media, cultura del consumo e digitale) influenzi la nostra capacità di pensare, sentire e relazionarci. Viviamo in un’epoca di consumo rapido, non solo di prodotti, ma anche di idee. Siamo costantemente nutriti di pensieri semplificati e preconfezionati, progettati per essere facilmente digeribili. Il rischio è perdere l’abitudine e il coraggio di pensare con la propria testa. In Ready-Made Thoughts (Pensieri Pronti), ad esempio, rappresento una testa come una tazza da tè che immerge filtri di pensieri “preconfezionati”: un’immagine ironica e provocatoria, ma anche un invito a interrogarsi, a resistere alla passività intellettuale.

Tra gli altri temi che affronto ci sono l’integrazione e la convivenza, come in Unity in Diversity (Unità nella Diversità) o Apartetris, in cui rifletto sull’urgenza di superare muri fisici, ideologici ed emotivi, e di ripensare la diversità non come un ostacolo, ma come un’opportunità di arricchimento reciproco. E ancora, l’apatia della società di fronte alla guerra e al dolore umano, come in Silent War, dove il vero conflitto è quello interiore: l’abitudine a restare impassibili. Consumiamo orrore ogni giorno, spesso senza alcuna reazione emotiva. La guerra è diventata parte della nostra “dieta quotidiana”, qualcosa che ingeriamo senza rifletterci troppo.

Cerco di trattare questi temi con un linguaggio visivo che alterna simbolismo, surrealismo e un’estetica a volte pop, per costruire immagini in cui lo spettatore possa riconoscersi, che possano far riflettere, anche disturbare un po’, ma sempre con uno spiraglio aperto al cambiamento.

Quindi sì, direi che il filo conduttore della mia produzione è una riflessione sull’essere umano contemporaneo: fragile, complesso, ma ancora capace di speranza e cambiamento.

Chi o cosa influenza maggiormente il suo lavoro artistico? Ci sono artisti, movimenti o esperienze di vita che l'hanno particolarmente ispirata?

Il mio lavoro nasce da un ricco intreccio di influenze che comprendono esperienze di vita, letteratura, filosofia, movimenti artistici e un profondo interesse per temi psicologici e filosofici.  Crescere in Sicilia, in un contesto ricco di storia ma anche di contrasti, mi ha offerto uno sfondo ideale per esplorare molte tematiche delle mie opere. Le influenze letterarie e culturali della regione hanno avuto un impatto significativo sulla mia arte. Autori come Luigi Pirandello, che ha indagato l’ambiguità tra realtà e percezione, hanno inconsciamente ispirato il mio approccio surreale, spingendomi a mettere in discussione i confini tra realtà e immaginazione.

Il mio trasferimento a Londra, dove ora vivo, nell’atmosfera vibrante e cosmopolita della città, un intreccio di vite e di storie, ha fatto evolvere la mia arte, combinando la mia narrazione personale con temi sociali più ampi, che risuonano sia a livello individuale che universale.

Dal punto di vista visivo, sono particolarmente attratto dalle opere di artisti surrealisti come Salvador Dalí e René Magritte. L’attenzione meticolosa ai dettagli di Dalí e la sua capacità di trasformare oggetti quotidiani in simboli di significato, così come l’approccio di Magritte, che colloca oggetti familiari in contesti inattesi, mi hanno insegnato a utilizzare il surrealismo come strumento per indagare la complessità dell’esistenza e della condizione umana.

Queste influenze, insieme alle mie esperienze personali, hanno sicuramente plasmato il mio lavoro, ma non sono state scelte consapevolmente; hanno agito a un livello più profondo e subconscio, emergendo in modo naturale e guidando il mio bisogno interiore di esprimermi verso un linguaggio visivo che sento vicino al mio modo di vedere e interpretare il mondo. 

Come descriverebbe l'evoluzione del suo stile nel corso del tempo? C'è stato un momento o un'opera che ha segnato un punto di svolta nel suo percorso artistico

Il mio stile si è evoluto in modo graduale ma costante, seguendo il mio percorso interiore e i cambiamenti nel modo in cui guardo il mondo. All’inizio sentivo il bisogno di esprimere emozioni intime, spesso legate all’inquietudine e al senso di smarrimento; con il tempo, queste emozioni si sono trasformate in riflessioni più ampie, di tipo sociale ed esistenziale.

Anche la mia tecnica è diventata più matura e consapevole. Pur continuando a lavorare esclusivamente con olio su tela, ho sviluppato maggiore attenzione alla composizione, alla luce, al ritmo interno dell’immagine. In sintesi, potrei dire che il mio stile si è spostato da un’espressione emotiva a una narrazione simbolica, mantenendo però sempre una forte componente psicologica.

L'arte spesso riflette la società e il tempo in cui viviamo. Come vede il ruolo dell'arte e dell'artista nel mondo contemporaneo?

Credo che oggi, più che mai, l’arte abbia un ruolo fondamentale: osservare e mettere in discussione la realtà, stimolare consapevolezza e generare domande in un’epoca spesso anestetizzata dall’eccesso di stimoli e informazioni. Viviamo in un mondo in cui tutto scorre velocemente, in cui le immagini ci travolgono e i contenuti si consumano in pochi secondi. In questo contesto, l’arte può diventare un luogo dove ci si può fermare a riflettere, uno spazio di resistenza al pensiero preconfezionato.

L’artista, quindi, non è solo un creatore di immagini, ma un osservatore critico del presente. Attraverso il simbolo, l’ironia e il paradosso, può mettere in luce le contraddizioni della realtà, dare voce a ciò che spesso resta inascoltato e spingere a guardare ciò che normalmente si tende a ignorare.

Per me, questo significa indagare l’identità, il conformismo, l’apatia, e le dinamiche invisibili della nostra quotidianità. L’arte, a mio avviso, non deve soltanto decorare, ma anche disturbare, ironizzare, far pensare.

La partecipazione a un evento come la London Art Biennale può aprire nuove porte. Quali sono le sue aspettative professionali da questa mostra?

La partecipazione alla London Art Biennale rappresenta per me un’opportunità importante, sia in termini di visibilità che di confronto. Esporre in un contesto internazionale come questo significa entrare in dialogo con curatori, critici, collezionisti e artisti provenienti da realtà molto diverse, aprendo lo sguardo a prospettive nuove.

Mi auguro che questa esperienza possa generare nuove connessioni professionali, occasioni di collaborazione e magari l’interesse di gallerie o istituzioni che condividano la mia visione artistica. In ogni caso, è un’occasione per mettere il mio lavoro alla prova in un contesto più ampio.

Detto ciò, cerco di non avere aspettative troppo idealizzate: credo che la vita abbia spesso la capacità di sorprenderci proprio quando smettiamo di volerla controllare. Preferisco vivere questa esperienza con apertura, curiosità e rispetto per ciò che verrà. Chissà, forse porterà con sé qualcosa che oggi non riesco nemmeno a immaginare.

Ci sono futuri progetti o esposizioni a cui sta già lavorando o che ha in programma?

Sì, sto già lavorando a nuovi progetti che continueranno ad approfondire temi a me molto cari, come la guerra e le sue contraddizioni, l’apatia e il distacco emotivo della società contemporanea, oltre all’identità e alla condizione umana.

Nei prossimi mesi parteciperò ad alcune mostre, sia in Italia che a Londra, con grande entusiasmo e la volontà di confrontarmi con audience e realtà differenti. In particolare, sono stato selezionato per la prossima Florence Biennale, che si terrà a ottobre, dove avrò l’opportunità di esporre due mie opere e di far conoscere ulteriormente il mio percorso artistico.

È un anno davvero speciale. Partecipare a due biennali così prestigiose è per me un grande onore e una sfida stimolante.

Qual è, secondo lei, la più grande sfida per un artista oggi?

Una delle sfide più grandi per un artista oggi è riuscire a restare autentico in un sistema che spesso privilegia la visibilità immediata, l’estetica “instagrammabile” e la conformità alle tendenze del momento. Viviamo in un’epoca in cui l’arte rischia di essere ridotta a contenuto da consumare rapidamente, condividere o semplicemente abbinare, privilegiando l’impatto visivo a scapito della riflessione.
In questo scenario, chi sceglie di allontanarsi dalle logiche decorative o di mercato per perseguire profondità, coerenza e un percorso personale può trovarsi in una posizione scomoda, ma indispensabile.

L’arte, secondo me, dovrebbe emozionare e far riflettere, non decorare. Se qualcuno la compra per abbinarla al divano… pazienza, ma almeno spero che il divano rifletta.

BIO

 

Angelo Asaro (www.angeloasaro.com) è un artista italiano che vive a Londra. Il suo percorso è una fusione unica di ingegneria e arte. Con una laurea magistrale in ingegneria, Angelo ha inizialmente costruito una carriera di successo come Product Manager. Tuttavia, la sua vera passione è sempre stata l’arte, un interesse che ha coltivato costantemente parallelamente alla sua professione, fino a sceglierla come vocazione principale.

Questo passaggio gli ha permesso di canalizzare le sue capacità analitiche nella minuziosa cura dei dettagli delle sue opere, creando un connubio perfetto tra precisione e immaginazione.

Lo stile artistico di Angelo è una fusione di surrealismo e simbolismo, arricchita da un forte approccio concettuale. Il suo lavoro è plasmato da un ricco intreccio di influenze, tra cui letteratura, filosofia e diversi movimenti artistici, accompagnati da un'approfondita esplorazione di tematiche psicologiche e filosofiche. 

Le opere di Angelo sono state esposte in gallerie internazionali, prestigiose fiere d’arte ed esposizioni virtuali. I suoi lavori sono stati pubblicati in rinomate riviste come British Vogue e Vanity Fair, oltre che in influenti blog d’arte internazionali.

Nel 2024 è stato finalista nell'illustre ArtGemini Prize, un premio internazionale che celebra l'arte contemporanea e promuove sia artisti emergenti che affermati. Inoltre, è stato finalista nello Zari Art Prize, un premio internazionale dedicato alla scoperta e alla valorizzazione di talenti artistici straordinari su scala globale.

Nel 2025 è stato anche selezionato per il Premio Internazionale Arti Visive Giotto, un prestigioso riconoscimento che celebra gli artisti capaci di interpretare lo spirito del nostro tempo attraverso la forza espressiva, la profondità concettuale e la sensibilità umana.

A conferma ulteriore del suo riconoscimento nel mondo dell'arte, è stato selezionato per partecipare alla XV Florence Biennale - Mostra Internazionale di Arte Contemporanea e Design, uno degli eventi indipendenti più importanti a livello internazionale dedicati all’arte e al design contemporanei, così come alla London Art Biennale 2025, una prestigiosa mostra internazionale curata di arte contemporanea con una selezione di talenti artistici provenienti da tutto il mondo.

 

Ready-Made Thoughts (Pensieri Pronti)

In English
Interview with Angelo Asaro, selected for the London Art Biennale 2025: "Art should stimulate awareness and generate questions"

Sicilian painter Angelo Asaro has been selected to represent Italy at the prestigious London Art Biennale 2025. A self-taught artist with a background in engineering, Asaro's work is marked by a poetic fusion of everyday life and inner experience. His artistic journey -rooted in introspection and a rejection of traditional artistic conventions - has gained recognition both nationally and internationally.

Congratulations on your selection! What was your first reaction when you learned that one of your paintings had been chosen for the London Art Biennale 2025?
Thank you very much. It was a moment of great emotion, almost surreal. When I found out that The Appearance of Emptiness had been selected for the London Art Biennale, I felt a mix of surprise and gratitude for the opportunity to see my work recognized in such a prestigious context.
There is also a sense of responsibility: participating in a Biennale means bringing a message, a visual language that becomes part of a collective discourse on contemporary art. It’s a challenge I welcome enthusiastically.
For me, art is a way to engage in dialogue with the questions we ask ourselves, with the times we live in. Knowing that a work born from this intimate need has resonated beyond myself is something that touches me deeply.
The London Art Biennale is a prestigious event that brings together 350 artists from 60 nations. What does it mean to you to participate on such an international stage?
Taking part in the London Art Biennale is a precious opportunity for me, not only artistically but also on a human and cultural level. It is a privilege to be part of such a broad dialogue that crosses geographical, linguistic, and cultural boundaries, showing how art is still able to unite, make us reflect, and build bridges between different experiences.
It’s an opportunity to engage with different visions and sensitivities, to listen and learn. And it’s also a way to rediscover, through art, a form of shared humanity that, beyond differences, unites us in the desire to understand and be understood.
Bringing a work like The Appearance of Emptiness to an international context means opening a conversation about the sense of alienation and loss of identity that many people, everywhere, are experiencing.
What is the story or inspiration behind the selected work? Could you briefly describe and explain it for those who haven’t seen it yet?
The idea behind The Appearance of Emptiness comes from a reflection on contemporary society and an inner need to give visual form to feelings of alienation, dehumanization, and loss of identity that I perceive as increasingly widespread.
The work depicts a dark, surreal scenario inhabited by human figures reduced to simple clothes hanging on hangers: symbols of emptied identities, social masks, imposed roles. People become actual “coat racks,” mere containers for roles or appearances. It’s as if, in a world dominated by appearances, what we wear or the role we play is more important than who we really are.
The painting addresses themes such as dehumanization, conformity, social pressure, and the desire to escape. The scene is dominated by an oppressive atmosphere, with a leaden sky and the unsettling presence of a spider that seems to block the only way out: a red door, beyond which a sliver of blue can be seen. It symbolizes a possibility—perhaps difficult to reach, but still present—of freeing oneself from this invisible cage.
There is also a figure different from the others: a man seen from behind, observing the scene with a green balloon in his hand. He is the only one with a head, the only one still “human,” perhaps the viewer themselves, perhaps someone still resisting depersonalization. The balloon, in stark contrast to the rest of the scene, represents a spark of hope, of lightness, almost childlike, but capable of indicating a different direction.
The work is meant as an invitation to question who we really are, how much we are letting ourselves be shaped by what surrounds us, and whether, somewhere, there is still an authentic way out.
The Biennale will be held at Chelsea Old Town Hall. What do you expect from this experience, both in terms of visibility and interaction with other artists?
Participating in the Biennale in such a prestigious venue as Chelsea Old Town Hall is a valuable opportunity for me, both personally and artistically. Above all, I expect stimulating exchanges with many different cultures and artistic approaches. Engaging with artists from 60 different countries means being exposed to languages, sensitivities, and expressive paths that can greatly enrich my own way of making art.
From the point of view of visibility, being part of such a large-scale event is certainly a unique opportunity to introduce my work to a wider audience, including not only visitors but also critics, curators, gallerists, and collectors.
Is there a particular message you hope the public will take from your work exhibited at the Biennale?
Yes. I hope that those who stand before The Appearance of Emptiness will sense both unease and possibility.
The work depicts a reality in which identity seems to vanish, replaced by roles and appearances—a society where we risk becoming invisible, reduced to what we show on the outside. But within this oppressive scenario, I wanted to include different signals: a half-open door, a green balloon, a man observing.
The message I want to convey is that, even in a world that tends to standardize and empty us, there is still the possibility of remaining true to ourselves. It isn’t easy; it requires awareness and courage, but it is possible.
If the work manages to make people reflect on this, even for a moment, then it has achieved its purpose.
Silent War

What is your creative process, from the initial conception of an idea to the final realization of the painting? Do you use any particular techniques or materials?
My creative process almost always starts from inner reflection: a recurring thought, a sense of discomfort, a feeling that’s hard to explain in words, or something that strikes me in the world around me.
It often begins with a question or contradiction that drives me to seek a visual form capable of expressing something both personal and collective. Before painting, I make sketches and gather images, trying to build a symbolic and often surreal visual language to give shape to what I feel.
From a technical point of view, I work exclusively with oil on canvas, a medium I find particularly suited to the slow, meditative pace of my process. Oil allows me to build dense atmospheres, nuances, symbolic contrasts, and emotional layering.
What themes or concepts do you explore most frequently in your works? Is there a common thread that links your artistic production?
Yes, there is definitely a common thread running through my artistic path. At the center are recurring themes such as the search for identity, the fragility of existence, the tension between individuality and conformity, and that sense of inadequacy or loss that many people experience in contemporary society.
One of the most significant series for me is Time and Existence, where I use the hourglass as a metaphor for the transience of life and our relationship with time. It’s a reflection on the meaning of existence and the constant tension between time slipping away and the need for meaning.
I’m also interested in exploring how contemporary society (media, consumer culture, digital) influences our ability to think, feel, and relate. We live in an era of rapid consumption—not just of products, but also of ideas. We are constantly fed simplified, pre-packaged thoughts designed to be easily digested. The risk is losing the habit and courage to think for ourselves. In Ready-Made Thoughts, for example, I depict a head as a teacup dipping in “pre-packaged” thought bags: an ironic and provocative image, but also an invitation to question and resist intellectual passivity.
Other themes I address include integration and coexistence, as in Unity in Diversity or Apartetris, where I reflect on the urgency of overcoming physical, ideological, and emotional walls, and of rethinking diversity not as an obstacle but as an opportunity for mutual enrichment. Also, the apathy of society in the face of war and human suffering, as in Silent War, where the real conflict is internal: the habit of remaining impassive. We consume horror every day, often without any emotional reaction. War has become part of our “daily diet,” something we ingest without much thought.
I try to approach these themes with a visual language that alternates between symbolism, surrealism, and sometimes pop aesthetics, to create images in which the viewer can recognize themselves, that can provoke reflection, even disturb a little, but always with an opening to change.
So yes, I would say the common thread of my work is a reflection on the contemporary human being: fragile, complex, but still capable of hope and change.
Who or what most influences your artistic work? Are there artists, movements, or life experiences that have particularly inspired you?
My work is born from a rich blend of influences, including life experiences, literature, philosophy, artistic movements, and a deep interest in psychological and philosophical themes. Growing up in Sicily, in a context rich in history but also contrasts, provided an ideal backdrop for exploring many of the themes in my works. The literary and cultural influences of the region have had a significant impact on my art. Authors like Luigi Pirandello, who explored the ambiguity between reality and perception, have unconsciously inspired my surreal approach, pushing me to question the boundaries between reality and imagination.
Moving to London, where I now live, in the vibrant and cosmopolitan atmosphere of the city—a blend of lives and stories—has evolved my art, combining my personal narrative with broader social themes that resonate both individually and universally.
Visually, I am particularly drawn to the works of surrealist artists like Salvador Dalí and René Magritte. Dalí’s meticulous attention to detail and his ability to transform everyday objects into symbols of meaning, as well as Magritte’s approach of placing familiar objects in unexpected contexts, have taught me to use surrealism as a tool to investigate the complexity of existence and the human condition.
These influences, along with my personal experiences, have certainly shaped my work, but not through conscious choices; they have operated at a deeper, subconscious level, emerging naturally and guiding my inner need to express myself toward a visual language that feels close to my way of seeing and interpreting the world.
How would you describe the evolution of your style over time? Was there a moment or a work that marked a turning point in your artistic journey?
My style has evolved gradually but steadily, following my inner journey and changes in how I view the world. At first, I felt the need to express intimate emotions, often linked to restlessness and a sense of loss; over time, these emotions have become broader reflections, both social and existential.
My technique has also matured and become more conscious. While I still work exclusively with oil on canvas, I’ve developed greater attention to composition, light, and the internal rhythm of the image. In summary, I would say my style has shifted from emotional expression to symbolic narration, always maintaining a strong psychological component.
Art often reflects the society and times we live in. How do you see the role of art and the artist in the contemporary world?
I believe that today, more than ever, art has a fundamental role: to observe and question reality, to stimulate awareness and generate questions in an era often anesthetized by an excess of stimuli and information. We live in a world where everything moves quickly, where images overwhelm us and content is consumed in seconds. In this context, art can become a place to pause and reflect, a space of resistance to pre-packaged thinking.
The artist, therefore, is not just a creator of images but a critical observer of the present. Through symbolism, irony, and paradox, they can highlight the contradictions of reality, give voice to what often goes unheard, and push us to look at what we normally tend to ignore.
For me, this means investigating identity, conformity, apathy, and the invisible dynamics of our daily lives. In my view, art should not only decorate, but also disturb, ironize, and make people think.
Participating in an event like the London Art Biennale can open new doors. What are your professional expectations from this exhibition?
Participating in the London Art Biennale represents an important opportunity for me, both in terms of visibility and interaction. Exhibiting in such an international context means engaging with curators, critics, collectors, and artists from very different backgrounds, opening up to new perspectives.
I hope that this experience can generate new professional connections, opportunities for collaboration, and perhaps interest from galleries or institutions that share my artistic vision. In any case, it is a chance to test my work in a broader context.
That said, I try not to have overly idealized expectations: I believe that life often has the ability to surprise us precisely when we stop trying to control it. I prefer to approach this experience with openness, curiosity, and respect for whatever comes. Who knows, maybe it will bring something I can’t even imagine today.
Are there any future projects or exhibitions you are already working on or have planned?
Yes, I am already working on new projects that will continue to explore themes very dear to me, such as war and its contradictions, the apathy and emotional detachment of contemporary society, as well as identity and the human condition.
In the coming months, I will participate in several exhibitions, both in Italy and in London, with great enthusiasm and a desire to engage with different audiences and realities. In particular, I have been selected for the upcoming Florence Biennale, which will take place in October, where I will have the opportunity to exhibit two of my works and further share my artistic journey.
It’s truly a special year. Participating in two such prestigious biennials is a great honor and an exciting challenge for me.
In your opinion, what is the greatest challenge for an artist today?
One of the greatest challenges for an artist today is to remain authentic in a system that often favors immediate visibility, “Instagrammable” aesthetics, and conformity to current trends. We live in an era where art risks being reduced to content to be quickly consumed, shared, or simply matched, prioritizing visual impact over reflection.
In this scenario, those who choose to move away from decorative or market-driven logic to pursue depth, coherence, and a personal path may find themselves in an uncomfortable but essential position.
In my view, art should move and make people reflect, not just decorate. If someone buys it to match their sofa... so be it, but at least I hope the sofa reflects on it. Giovanni Zambito.

BIO

Angelo Asaro (www.angeloasaro.com) is an Italian artist based in London. His journey is a unique fusion of engineering and art. With a Master's degree in engineering, Angelo initially built a successful career as a Product Manager. However, his true passion has always been art—an interest he cultivated consistently alongside his profession until he ultimately chose to pursue it as his main vocation.

This transition allowed him to channel his analytical skills into the meticulous attention to detail in his artworks, creating a perfect balance between precision and imagination.

Angelo's artistic style is a blend of surrealism and symbolism, enriched by a strong conceptual approach. His work is shaped by a rich tapestry of influences, including literature, philosophy, and various art movements, along with a deep exploration of psychological and philosophical themes.

Angelo’s works have been exhibited in international galleries, prestigious art fairs, and virtual exhibitions. His artworks have been featured in renowned publications such as British Vogue and Vanity Fair, as well as in influential international art blogs.

In 2024, he was a finalist in the esteemed ArtGemini Prize, an international award celebrating contemporary art and promoting both emerging and established artists. He was also a finalist in the Zari Art Prize, an international competition dedicated to discovering and valuing extraordinary artistic talent on a global scale.

In 2025, he was selected for the International Visual Arts Prize “Giotto,” a prestigious award that celebrates artists capable of interpreting the spirit of our time through expressive power, conceptual depth, and human sensitivity.

Further confirming his recognition in the art world, he was selected to participate in the XV Florence Biennale – International Exhibition of Contemporary Art and Design, one of the most important independent international events dedicated to contemporary art and design, as well as in the London Art Biennale 2025, a prestigious curated international exhibition of contemporary art featuring selected artistic talents from around the world.


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