“Qualunquemente non è satira politica. Tra l’altro io sto alla politica come Polifemo sta allo strabismo. La satira ride degli altri, io mi sento più umorista, cioè rido con gli altri. Il personaggio di Cetto La Qualunque è quindi puro umorismo, non ho mai pensato di fare il verso a Berlusconi né ad altri.”
“Qualunquemente” è il film che ha preceduto la Masterclass di Antonio Albanese, moderata da Marco Spagnoli e animata dalle tante domande rivolte all’attore da alcuni degli spettatori che hanno affollato ieri mattina il Teatro Petruzzelli per ascoltare il comico attualmente sugli schermi con la sua ultima regia, “Contromano”.
Tornando al personaggio del politico spregiudicato del film diretto da Giulio Manfredonia, Albanese ha ricordato come “Qualunquemente” fu invitato a suo tempo al Festival di Berlino, per la sezione Panorama e che durante la proiezione non rise nessuno. “Pensavo: secondo me almeno una risata te la fai anche se hai una malattia grave! E invece niente. Alla fine, però, scoppiò un applauso fragoroso. Nel dibattito che seguì, poi, uno spettatore tedesco si alzò e mi disse: ‘Non ho mai visto nulla di più drammatico!’. E lì ho riso io.”
Il personaggio di Cetto La Qualunque è nato, come diversi altri, nel programma televisivo “Non c’è problema”. “L’abbiamo inventato scherzando con un amico di origini calabresi, mentre la mia famiglia è originaria della Sicilia. Avevamo il desiderio di raccontare un Sud che non è mai cambiato. È un personaggio che ancora mi diverto a riprendere in teatro, come pure tutti gli altri, da Epifanio (che è stato il primo e quello cui sono più affezionato) ad Alex Drastico, da Perego al Sommelier e a Alain Tonné”.
Quest’ultimo, lo chef dalle strampalate invenzioni gastronomiche, ha ispirato un libro di Albanese uscito pochi mesi fa, “Lenticchie alla julienne”. “Alain Tonné è nato 15 anni fa, ben prima di Masterchef, che peraltro io non ho mai visto. Io in realtà amo molto la cucina ma certe cose le trovo incredibili. Pensate che avevo inventato una ricetta, il ‘brodo alla griglia’ e poi ho scoperto che esisteva veramente, è un brodo che viene congelato in certi recipienti che sembrano vasi etruschi e poi scongelato davanti al cliente tornando brodo. Ed esiste anche la ricetta di un’oliva che viene spremuta, diventa liquida e poi viene riportata alla sua forma di oliva!”
Sono stati tanti, com’era prevedibile, i momenti esilaranti dell’incontro al Petruzzelli. Come quando Albanese si è prodotto in vari dialetti italiani tra cui il pugliese. “L’ho imparato crescendo accanto a una vicina che era originaria di Taranto. A me il pugliese mi ricorda il blues, quando lo parlo mi sento James Brown!”
Ma cosa fa ridere Antonio Albanese, gli ha chiesto uno spettatore: “Vado a periodi. In questo momento mi fa ridere il mondo del web, leggo delle cose davvero ridicole. E poi mi fanno ridere le cose elementari, come una caduta. Ma soprattutto mi fa ridere la spocchia di certa ‘intellighenzia’, il sapere elevato a postura. I veri intellettuali sono persone semplici, educate, come Giuseppe Pontiggia che ho avuto l’onore di conoscere”.
Il discorso si è fatto più serio quando l’attore ha parlato del suo rapporto con il teatro. “Amo il teatro di prosa, il mio sogno è sempre quello di fare Zio Vanja ma amo di più il teatro che inventa qualcosa di nuovo, una nuova drammaturgia in grado di raccontare la realtà che ci circonda, il nostro tempo e il nostro Paese.”
Sui suoi attori preferiti. “Sono sempre molto attento al lavoro dell’attore, più del lavoro del regista o la messa in scena. Su chi mi ha colpito di più non saprei, forse Philip Seymour Hoffman, in certi momenti mi è sembrato di vedere in lui il talento totale, assoluto. Io non sono una persona invidiosa ma con lui ho provato un po’ di invidia. Come pure l’ho provata nei confronti, ad esempio, di Corrado Guzzanti o del primo Paolo Villaggio, artisticamente sublime, era qualcosa di assolutamente nuovo per me”.
Sulla scelta di intraprendere la sua professione: “Sono attore per caso ma il teatro mi piace da sempre, mio fratello maggiore mi ci portava spesso da piccolo, ho visto Dario Fo e tanti altri. Ma lo spettacolo che mi ha folgorato è stato Elementi di struttura di un sentimento di Gabriele Vacis, lì ho capito che sarei voluto salire su un palco. Così, insieme a un’amica, mi sono iscritto a un corso serale di recitazione e poi alla Scuola d'arte drammatica Paolo Grassi di Milano che stavo per lasciare al secondo anno per motivi economici, se il Direttore non mi avesse minacciato”.
“Ora recito non solo per il gusto di apparire in pubblico, è proprio un piacere mio, non vedo l’ora di lavorare, tanto che sul set mi presento un’ora prima, a teatro anche con due ore di anticipo, gli amici mi prendono in giro per questo. Se ora in televisione mi vedete poco è perché non ho nulla di nuovo da offrire al pubblico, del quale ho molto rispetto. A ottobre, però, si vedrà su RaiTre una serie che ho realizzato anche da regista, I topi, sei puntate di mezz’ora l’una, che ha per protagonista una famiglia di latitanti che vive all’interno di un bunker, io interpreto Sebastiano, un personaggio che rappresenta un po’ l’evoluzione di Alex Drastico”.
E al cinema, come sceglie i personaggi da interpretare? “In seguito agli incontri con i registi. Così è stato la prima volta con Giuseppe Bertolucci che mi ha diretto in un video, Il congedo del viaggiatore cerimonioso, tratto dalle poesie di Giorgio Caproni e poi con Carlo Mazzacurati, Pupi Avati, Gianni Amelio, i fratelli Taviani, Giovanni Veronesi, Silvio Soldini, Francesca Archibugi… Mi è capitato di rifiutare diversi ruoli, anche importanti, solo perché durante il colloquio con il regista mi ero rotto le scatole. E quindi sapevo che mi avrebbero atteso due mesi e mezzo di noia e di fastidio sul set.”
Attualmente l’attore sta lavorando ad un progetto che riguarda le religioni, con un personaggio le cui movenze ha anticipato al pubblico del Petruzzelli: “Un argomento molto difficile, rischio di essere gambizzato. Comunque non so bene cosa ne farò del personaggio, se sarà o meno il protagonista del mio prossimo film”.
La sera Antonio Albanese è stato nuovamente sul palco del Teatro Petruzzelli per ritirare il Federico Fellini Platinum Award dalle mani del Sindaco di Bari Antonio Decaro, presente già stamattina all’incontro in qualità di suo ammiratore dichiarato.