Lisa Gastoni: 90 anni di talento, mistero e turbamento

 

Foto Wikipedia: Lisa Gastoni in una scena del film italiano Grazie zia (1968)

"Una donna può essere mille cose, ma resta sempre un mistero agli occhi di chi la guarda davvero." - Italo Nostromo 

Un compleanno che è anche un'epoca

Il 29 luglio 1935 nasceva Lisa Gastoni. Oggi, novant’anni dopo, celebriamo non solo la sua esistenza, ma una carriera e un’identità che hanno attraversato il cinema europeo con la forza irregolare di un fiume carsico. Lisa non è mai stata una star da copertina patinata o da cronaca rosa. Era, ed è, una presenza. Di quelle che non hanno bisogno di parole in più, di spiegazioni. Ti guardano. Le guardi. E ti restano dentro.

Di lei si ricordano il viso bellissimo ma non “docile”, l’eleganza mai convenzionale, lo sguardo che mescolava malinconia e potere. Lisa Gastoni non ha incarnato un solo tipo di femminilità. Ne ha scomposte e ricomposte decine, a volte nel giro della stessa scena. È passata dal cinema popolare ai film d'autore, dalle produzioni internazionali alle scelte artistiche più coraggiose, con un’incredibile naturalezza. È sempre sembrata sapere che non doveva compiacere nessuno.

Gli esordi, Londra e il ritorno in Italia

Figlia di un architetto italiano e di madre irlandese, Gastoni è cresciuta tra l’Italia e il Regno Unito, e proprio in Inghilterra ha cominciato a recitare, con il fascino esotico della giovane mediterranea trapiantata nel rigido mondo anglosassone. Negli anni ’50 lavora in diversi film inglesi, guadagnandosi popolarità ma anche una certa frustrazione: i ruoli erano spesso stereotipati, troppo distanti da quella personalità già intensa che cercava espressione. Fu il ritorno in Italia, negli anni ’60, a segnare la svolta artistica e personale.

Qui Lisa trova un cinema diverso: più libero, più sporco, più sincero. Collabora con registi visionari e spregiudicati, da Luciano Salce a Giulio Questi, ma soprattutto con Salvatore Samperi, con cui instaura un rapporto artistico e personale denso, a tratti tormentato. È proprio con lui che realizza alcuni dei suoi film più disturbanti e iconici.

Grazie, zia – il film che ci ha fatto crescere troppo in fretta

Grazie, zia” (1968) è più di un film: è un rito di passaggio, un esperimento sociale, un atto di seduzione collettiva. Lisa Gastoni interpreta la zia di un ragazzo (interpretato da Lou Castel) che finge la paralisi per sfuggire al mondo. Lei lo accudisce, lo provoca, lo destabilizza. La trama è un gioco al massacro, una danza di potere e desiderio che culmina in un finale senza redenzione.

Ma ciò che rimane impresso, indelebile, è lei: Lisa. Le sue camicie da notte di seta, la sua voce che sussurra e comanda, il corpo adulto e consapevole che diventa oggetto di desiderio non per la sua bellezza esteriore, ma per la forza che sprigiona. Grazie, zia non è erotismo da rotocalco: è una vertigine psichica.

Turbamento, confessione personale

Quando vidi Grazie, zia avevo 16 anni. Era estate, una notte d’insonnia e di zapping distratto. Il titolo mi incuriosì. Pensavo a una commedia all’italiana, a qualche scena ammiccante da catalogare nel diario segreto degli ormoni. Mi trovai invece davanti a qualcosa di straniante. Quel film mi fece paura. Ma non nel senso classico. Era come se mi stesse dicendo qualcosa che non volevo sapere. Lisa Gastoni, con la sua sola presenza, demoliva le sicurezze di adolescente in cerca di rassicurazioni.

Cosa provavo? Fascinazione, certo. Ma anche una forma nuova di disagio, quasi colpevole. Era la prima volta che capivo che l’erotismo vero non era nei corpi esposti, ma negli sguardi trattenuti, nei silenzi ambigui, nelle parole che fanno male. Lisa non era lì per piacere. Era lì per smascherarti.

E poi, un giorno, la vidi davvero

Avevo vent’anni, studiavo a Perugia. Una mattina d’autunno, in piazza IV Novembre, stavano girando un film. Non ricordo il titolo. Ricordo lei. Lisa Gastoni. A pochi metri. Non era più la zia ambigua del film, né la figura stilizzata delle foto in bianco e nero. Era lì, in carne ed ossa, più viva di quanto mi aspettassi. Ma soprattutto, era come se non camminasse: scivolava nell’aria.

Non provai solo emozione. Provai qualcosa di più sottile, più fisico. Fu come un vento tiepido che ti avvolge, senza preavviso, e poi ti trascina. Non era solo attrazione. Era smarrimento. La sensazione che quella donna, anche nel silenzio, anche in un gesto qualunque — accendersi una sigaretta, sistemarsi un cappotto — contenesse un'intera grammatica del desiderio e dell’irrequietezza. Rimasi lì, senza parole. Non osai avvicinarmi. Avevo l’impressione che qualsiasi parola pronunciata sarebbe stata stonata.

Eppure, quel momento mi ha seguito. Come quei sogni che non capisci subito, ma che tornano ogni tanto a bussarti dentro. Perché Lisa Gastoni non si incontra. Ti accade.

Una donna che si è scelta

Negli anni '70, quando molti colleghi continuavano a macinare ruoli seriali, Lisa scelse il silenzio. Abbandonò il cinema per dedicarsi alla scrittura, alla pittura, alla ricerca interiore. Quando tornò sullo schermo, era un’altra. Invecchiata? Forse. Ma più potente che mai. In Cuore sacro (2005) di Ferzan Özpetek, è una madre dura, quasi crudele, eppure profondamente umana. Non recita per piacere. Recita per dire qualcosa. Ancora una volta.

Il mistero come forma di verità

Oggi Lisa Gastoni ha 90 anni. Vive lontano dai riflettori, fedele alla sua natura solitaria e riflessiva. Non ha mai cercato la popolarità effimera. Non ha mai inseguito mode. Ha preferito essere se stessa, anche quando questo significava sparire, anche quando significava rinunciare al successo. E per questo, oggi, le rendiamo omaggio. Perché in un mondo che chiede visibilità, lei ha scelto il mistero. E il mistero, quando è autentico, non invecchia mai.

Grazie, Lisa. Per averci turbati. Per averci educati alla complessità. Per non averci mai chiesto il permesso.

Carlo Di Stanislao

Fattitaliani

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