L’estate 2025 si apre come una fotografia sfocata e contraddittoria dell’Italia. Spiagge affollate solo nei weekend, ma quasi deserte nei giorni feriali. Città d’arte, una volta meta ambita di turisti nazionali e internazionali, che faticano a riempire le proprie piazze e musei. E montagne silenziose, dove il turismo montano soffre una crisi profonda, aggravata dal caro-vacanze e dalla diminuzione dei flussi.
Al centro di questa emergenza c’è la crisi profonda della classe media italiana, sempre più costretta a rinunciare alle vacanze o a ridurre drasticamente la durata e la qualità dei soggiorni. Giugno, un tempo mese di “pre-season” vitale, è ormai quasi spopolato, e settembre, storico “secondo tempo” della stagione turistica, appare senza prenotazioni.
Le spiagge della Riviera e del resto d’Italia: weekend pieni, feriali deserti
La Riviera Romagnola e molte altre località balneari italiane mostrano la stessa dinamica: lunghe giornate vuote e picchi di affollamento concentrati nel fine settimana. Le spiagge di Rimini, Riccione, Cesenatico e Marina di Ravenna vivono un fenomeno di “turismo mordi e fuggi” dovuto soprattutto alla contrazione del potere d’acquisto degli italiani e all’incertezza legata alle aste delle concessioni balneari del 2026, che tiene i gestori immobili e privi di investimenti.
Non solo la Romagna: la Versilia, la Puglia, la Sardegna, la Sicilia e la Calabria raccontano lo stesso copione. Anche in località di grande richiamo turistico, come Gallipoli, San Vito Lo Capo, Alghero, la stagione è partita con numeri bassissimi e una domanda interna fortemente ridotta.
Nel Centro Adriatico, regioni come Marche, Abruzzo e Molise vivono un’agonia silenziosa. A Roseto degli Abruzzi e in altre località, la stagione si riduce a poche settimane centrali, con giugno praticamente vuoto e settembre ormai abbandonato.
Città d’arte, un patrimonio turistico ignorato
Non va meglio nelle città d’arte italiane. Roma, Firenze, Venezia, ma anche centri meno celebri come Perugia, Urbino e Lecce, faticano a recuperare il flusso turistico italiano, storicamente il più consistente. Il turismo internazionale torna a dare qualche segnale di ripresa, ma i visitatori nazionali sono molto più cauti, frenati dall’aumento dei costi e dalla compressione delle vacanze.
Musei semivuoti, ristoranti e negozi che soffrono, eventi culturali con meno pubblico: i dati delle prime settimane estive confermano un’estate a due velocità, con i grandi festival e appuntamenti di richiamo internazionali che attirano, ma il turismo di massa in forte crisi.
Montagna e turismo outdoor: il “mal d’altura” economico
La montagna, storica alternativa alle coste durante l’estate, registra anch’essa un forte calo. Le Dolomiti, l’Appennino tosco-emiliano, il Gran Sasso, l’Abruzzo montano e le località alpine come Cortina d’Ampezzo e Sestriere soffrono una contrazione senza precedenti.
I costi elevati di trasporto, alloggi e servizi si sommano a una domanda ridotta e più selettiva. Le famiglie italiane rinunciano alle settimane lunghe in quota e molti giovani evitano i soggiorni prolungati. Anche le attività legate al turismo outdoor, trekking e mountain bike, vedono una riduzione degli iscritti e delle presenze.
Un’estate compressa e un futuro incerto
La fotografia complessiva è quella di una stagione che dura sempre meno, concentrata tra metà luglio e metà agosto, con giugno e settembre ormai mesi “morti”. La mancanza di investimenti, la paura delle aste balneari, i costi alle stelle e il potere d’acquisto ridotto delle famiglie delineano un futuro difficile per il turismo italiano, tradizionalmente motore di economie locali e volano di occupazione.
Senza un rilancio strategico che coinvolga Stato, regioni e operatori, senza una protezione reale della classe media, l’Italia rischia di perdere non solo un pezzo importante della propria economia, ma anche parte della propria identità culturale e sociale.
In conclusione, l’estate 2025 parla con una voce chiara: il turismo italiano è a un bivio. Se la crisi della domanda e le incertezze normative non verranno affrontate con decisione, il rischio è che la stagione estiva diventi un’eco del passato, una cartolina sbiadita di tempi migliori.
Carlo Di Stanislao