Stefano Ardenghi e le "sfumature cromatiche” del disco " La consapevolezza ". L'intervista di Fattitaliani

Ospitiamo a Fattitaliani il cantautore bergamasco Stefano Ardenghi che si racconta e parla del disco pubblicato. 

Stefano come nasce l’idea del tuo album La Consapevolezza?

Probabilmente nasce dalla ricerca della stessa. L’album è un concept “inconsapevole” sulla riscoperta della mia consapevolezza partendo da situazioni private ma non solo. Un album variegato nei temi e nei “colori musicali” a dispetto del concept grafico volutamente in bianco e nero, simbolicamente adatto a contenere tutte le mie “sfumature cromatiche”. 

Il singolo appena uscito è Forse non basta più… cosa non basta più?

La pazienza, la resistenza, la coerenza e molto altro. Il pezzo è un inno a tutte le persone che quotidianamente combattono battaglie personali e collettive, silenziosamente, nel rispetto di tutti, attraverso alcune delle qualità sopracitate che a volte, purtroppo, sembrano proprio non bastare più...

Uno dei brani contenuti nell’album si intitola La Consapevolezza della fine. Ci parli di questo
brano?

Parla della fine di un amore, di un’amicizia, di un progetto: un’autoanalisi lucida senza scadere nella retorica nostalgica del “tutto è finito” ma che vuole porre l’accento, magari anche un po’ cinicamente, su “un nuovo inizio”, inevitabile per due persone che si dividono: entrambi riguadagnano i propri spazi di vita, dopo essere stati reciprocamente prigionieri. Il pezzo è stato singolo apripista dell’album proprio per indicare questo mio nuovo inizio.

Parliamo di La mediocrità altro pezzo contenuto nel tuo disco, che ricordiamo oltre ad essere disponibile in digitale è anche in CD.

La mediocrità è una riflessione sui rapporti umani e sui media che negli ultimi anni, piuttosto che educare o fare cultura, si adeguano a proporre contenuti che piacciono alla gente comune, pur di raccogliere “numeri”; una deriva pericolosa alimentata ancor di più dai social che si riversa nella vita reale.

Per “La fine del mondo” hai pubblicato di recente un video lyric, in questo brano usi il concetto della fine del mondo come metafora di cosa?

La fine del mondo è il pezzo più positivo dell’album. In questi ultimi anni abbiamo avuto la sensazione che tutto potesse finire attorno a noi in un attimo, ma in realtà non ci sarebbe “fine del mondo” peggiore se non quella di non avere più accanto a sé la persona amata o il non poter confessare il proprio amore per quella persona. 

Nessun apocalisse in corso, può, quindi, scalfirci se la viviamo accanto a chi ci vuole bene.

E invece Da consumarsi preferibilmente entro di cosa parla?

Dell’omologazione dilagante di tutti noi consumatori consumati. Abituati solo a comprare e a possedere cose, ci usiamo come oggetti fino alla data di scadenza; penso al precariato lavorativo, alle relazioni a tempo per interessi e agli algoritmi digitali che preludono ad una società di automi. 

Uno scenario da catena di montaggio che solo persone con l’anima possono spezzare. 

Adesso dicci cosa ti aspetti da domani per la tua musica?

Mi aspetto di portarla presto in mezzo alla gente, nei LIVE; ora più che mai sento il bisogno di condividere la mia musica e del calore del pubblico.


Fattitaliani

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