di Mira Carpineta - Sono passati più di 6 mesi dall’inizio della pandemia Covid19.
Dal primo allarme
partito dalla Cina il virus ha
contaminato l’intero pianeta, infettando milioni di persone e uccidendone
centinaia di migliaia. La prima immediata reazione, nell’emergenza, mirata a
bloccarne o rallentarne la diffusione, è stato il cosiddetto lockdown. Nel giro di 24 ore tutto si è fermato: lavoro,
scuole, attività, imprese. Milioni di persone si sono rinchiuse in casa, nel
luogo in cui si trovavano, come nel gioco della sedia, quando la musica si
ferma e tutti si siedono dove trovano posto.
La maggioranza delle persone ha eseguito diligentemente le
disposizioni governative, troppo grande è stata la paura evocata dai primi
tragici bollettini sulle vittime. Lo sforzo sovrumano di medici e infermieri
non potrà mai essere adeguatamente ringraziato. Così come quello di chi ha
continuato a lavorare per garantire i bisogni essenziali. Tutti abbiamo fatto
la nostra parte (le eccezioni sono una minoranza davvero esigua e non possono
essere paragonate alla grande maggioranza di chi ha risposto responsabilmente).
Abbiamo passato giorni e giorni in attesa dei drammatici bollettini
quotidiani della Protezione Civile, seguito ansiosamente le curve dei grafici
sull’andamento dell’epidemia, indossato mascherine e guanti quando reperibili e
ci siamo ingegnati a riconvertire produzioni o a farne di casalinghe pur di
fare la nostra parte. Ci siamo adeguati alla separazione da figli, genitori
anziani, affetti rimasti bloccati in altri luoghi.
Abbiamo sfruttato la tecnologia per restare “uniti” anche se
virtualmente. Abbiamo chiuso negozi, piccole attività e fabbriche senza sapere
quando avremmo potuto tornare a lavoro o a scuola. Anche chi aveva un lavoro
precario o non contrattualizzato. Abbiamo aspettato un aiuto economico dallo
Stato per fare la spesa. Abbiamo seguito lezioni a casa insieme ai nostri figli
per dare un senso di continuità didattica a tutti gli studenti. Abbiamo
stampato decine di moduli di autocertificazione, ogni giorno diversi. Noi tutti, persone comuni abbiamo fatto la
nostra parte, stringendo i denti, come non avremmo mai pensato di dover fare,
non avendo mai vissuto (grazie a Dio) guerre o devastazioni come le generazioni
più anziane.
Abbiamo ascoltato con avidità tutto ciò che centinaia di
esperti ogni giorni ci hanno raccontato di questo virus coronato nella
speranza, ogni giorno, di sentire notizie confortanti e risolutive. Sono circa
450 gli esperti assoldati, solo in Italia, per coadiuvare il Governo nella
gestione dell’emergenza. Non voglio fare processi o analisi su cosa si sarebbe
potuto fare. Davanti all’imprevisto, di portata così devastante la penso come
Manzoni: “del senno di poi sono piene le fosse”.
Ma oggi, dopo 6 mesi, non è più possibile ascoltare centinaia di
esperti ripetere:” bisogna stare a casa, bisogna stare fermi, il peggio può
ancora venire”. Scusate ma non mi basta. Oggi
vorrei ascoltare, dopo 6 mesi di esperienza, di dati, statistiche, analisi e
ricerche, un progetto sanitario a medio e lungo termine, vorrei sapere quali
sono le strategie cliniche acquisite, i mezzi farmacologici, la ricerca di un
vaccino, le cure. Oggi vorrei sapere come si procederà per i prossimi mesi
con le profilassi preventive cliniche, con le tempistiche per la distribuzione
dei presidi medici e soprattutto dei farmaci.
In questa epidemia abbiamo visto che l’80% dei malati è
rimasto a casa, aspettando la guarigione spontanea con supporti comuni,
moltissimi hanno risolto la malattia con sintomi lievi o addirittura in modo
asintomatico, tanto da ipotizzare una diffusione della malattia molto più ampia
dei numeri ufficiali. Abbiamo però assistito agli spaventosi numeri delle
vittime, tutti o quasi tra le generazioni più fragili o anziane. Ed è proprio
per queste persone che non ci sono più (ma ancor più per coloro che ancora sono
a rischio), radici della nostra
attualità, che è indispensabile giungere al più presto ad una risposta
risolutiva.
Il peso, la
responsabilità e il costo di questa tragedia planetaria non possono ricadere
solo sulle persone comuni, sulle famiglie, i lavoratori, gli studenti, i
medici, gli infermieri e tutti i cittadini che obbediscono alle disposizioni
governative. Adesso è tempo che gli
esperti comincino a dare risposte da esperti quali sono.
O no?