LE “LAME DI LUCE” I SUOI SOGNI E LE SUE REALTÀ. FATTITALIANI INTERVISTA SERGIO CAMELLINI

Fattitaliani
Intervista di Caterina Guttadauro La Brasca - Sergio Camellini, è nato a Sassuolo (Modena).
Psicologo perfezionato in biopsicosessuologia (Membro della Società Italiana di Sessuologia Clinica e Psicopatologia Sessuale, Sede Sipse Onlus di Torino), è poeta e autore letterario. Come studioso di arte povera della civiltà contadina e dei mestieri, ha fondato una Casa Museo sull'Appennino emiliano. Ha pubblicato un’opera sul linguaggio del corpo, un’opera omnia e dodici libri di poesie. I suoi lavori sono stati evidenziati in quaderni di poesia e studi letterari “Storia della Letteratura Italiana, il secondo Novecento” (Alcione 2000, Guido Miano Editore). Ha ottenuto diversi riconoscimenti con premi nazionali ed internazionali: Socio Benemerito dell’Accademia dei Bronzi, Socio Onorario dell’Associazione Culturale Euterpe, Socio ad Honorem dell’Associazione Culturale L’Oceano nell’Anima, Socio Onorario dell’Associazione Culturale Versilia Club. E’ stato inserito tra le Eccellenze degli Artisti e Autori del Nuovo Rinascimento, Milano, dov'è titolare della rubrica "Il pennino dello psicologo". La rivista internazionale di arte e cultura “Le Muse” l’ha eletto “Personaggio del mese” dedicandogli la copertina (aprile 2017). Insieme con prestigiosi autori, è stato inserito nel Dizionario Critico della Nuova Letteratura Italiana (Edizioni Helicon), nel Dizionario Autori Italiani Contemporanei (Guido Miano Editore), nell’Enciclopedia dei Poeti Contemporanei Italiani (Aletti Editore) e nel Nuovissimo Dizionario di Autori Scelti (Cronache Italiane, Ediemme Ansa). È stato incaricato per essere uno dei rappresentanti italiani della poesia contemporanea a Belgrado (Serbia) e Hyderabad (India), dove gli è stato conferito l'Award 2017. Recentemente, l'Associazione sui diritti dei bambini "Quercia in favola" gli ha assegnato "La cinquantesima quercia d'oro". Nel mese di dicembre 2018, il Senato Accademico di Sicilia gli ha conferito l’onorificenza di Accademico di Sicilia. Nel 2019, il Consiglio Internazionale per la Diplomazia e la Giustizia l’ha nominato Consigliere di Arti Letterarie per l’Italia. Nel 2020, il Centro Lunigianese Studi Danteschi, unitamente alla Città di Pontremoli, gli ha conferito trofeo e medaglia d’oro per l’Opera “La pace è amore”. Ha ottenuto otto Premi alla Carriera. Le sue liriche sono dedicate alla vita di tutti i giorni, il suo cuore coglie le sofferenze altrui, i suoi versi esprimono grande sensibilità e dolcezza.
Cerchiamo di conoscerlo meglio come Uomo e Poeta.
D. Parliamo con un Letterato a tutto tondo, questo amore per la parola, coniugata in tutte le forme, da dove nasce?
R. I ricordi dell’infanzia che emergono dalla mia memoria, rivelano bagliori iridescenti, così che il mondo evocato acquisisce quasi tonalità di fiaba. Da ragazzo, in un borgo di Sassuolo, nell’osservare gli artigiani, mi piaceva ripercorrere le orme di coloro i quali erano in grado di produrre creatività e stimolare la fantasia: calzolai,fabbri,sarti, carpentieri, intagliatori di legno, barbieri, imbianchini, droghieri, ceramisti, fornai, col profumo inconfondibile del pane; per me, tutto ciò, era fonte di ispirazione poetica, anzi, era poesia intrigante, che bussava con insistenza alle porte del cuore.
D. Un Autore le cui Poesie sono pezzi di "pane" quello fatto nelle antiche madie e che ha sapore di casa. Lei valorizza il passato, è un estimatore dell’Arte “Povera” ben sapendo che lì sono le nostre radici. E’ un suo passato personale che ha tracciato la strada o quello storico in senso lato?
R. A proposito di antiche madie e sapori di casa… il nonno paterno possedeva un’azienda agricola con dipendenti. Da bambino, durante le vacanze, passavo giornate intere sui campi e sull’aia, ero attratto dal forno in pietra, dagli attrezzi da lavoro, dalla stalla, dal fienile, dalla pozza d’acqua in cui andavano a dissetarsi gli animali. Ammiravo molto Beppe, un lavoratore dell’azienda, simpatico ed erudito, una sorta di giullare che raccontava storie e declamava poesie. In età adulta, il ricordo di quelle esperienze, mi portò a fondare un museo d’arte povera della civiltà contadina e dei mestieri sull’Appennino emiliano, con un angolo dedicato interamente alla poesia.   
D. Il suo patrimonio letterario ha un panorama molto vasto, in quale tematica si identifica di più? 
R. Questa è una domanda emozionante: "Ogni scarrafone è bell’a mamma soja”. Se devo scegliere un tema, dico la natura.
Perché madre natura è vita; nella natura c’è musica, c’è arte, c’è poesia, un grande concerto che l’essere umano deve saper ascoltare e vivere. Dal mondo vegetale a quello animale, si irradia l’essenza della vita, sia nelle piccole che nelle grandi cose, in una sorta di “Cantico di frate sole” dei giorni nostri. L’approdo a una visione in chiave naturalistica e il recupero degli antichi valori della civiltà agreste con i suoi ritmi, le sue stagioni, con i sapori della terra, risultano essere, per me, una sicura scialuppa di “salvataggio”. 
D. Leggerla è mettere a dura prova il cuore. Stupisce comunque la delicatezza, la sensibilità quasi femminile nel trattare valori fondanti che emergono con le parole, natura, amore, ricordo. Come riesce a fare uso di questa “levità” che è poi il motivo che la contraddistingue, è questo lo scopo che lei si prefigge quando scrive?
R. La poesia dev’essere levitazione dell’animo; un pentagramma di note fluenti e musicali. Pace, amore, sogno (se il sogno è l’ombra del vero voglio sognare), società, visioni oracolari, amicizia, uguaglianza, affetti, sono i molteplici input che, covati in me, chiedono poi d’essere tradotti in canto. La sinfonia del nostro essere perde l’acuto della solidarietà umana, quando i muri sostituiscono i ponti e l’io s’avvita su se stesso, senza vedere il noi, senza sentire il voi. Vado costantemente alla ricerca di armonia, di solarità: canto, musica, poesia, una magia. “Musa delle arti fammi alzare in volo, accompagnami; ove le luce illumini le menti, accompagnami; ove i sentimenti alberghino davvero, accompagnami; ove l’umanità percorra quel sentiero, accompagnami; ove i sogni accarezzino la realtà, portami là”.
D. Ovviamente c’è un talento alla base delle sue opere, ma quanto incide la sua conoscenza dell’animo umano come Psicologo?
R. Il livello di sensibilità è certamente ascrivibile alla linea genetica, quindi, colloco il mio “io” tra carattere ed etica. Indubbiamente la formazione come psicologo, mi ha portato all’ascolto, alla meditazione, all’andare verso, nel rispetto di qualsiasi ideologia, con particolare attenzione all’essere più che all’apparire. Tutto ciò che sento, si basa sui valori della mia coscienza, da non confondersi con la morale collettiva. Sono attento alle aperture, a quel senso di umanità che bussa alle porte del cuore. Mi piace prender per mano la poesia educata, condurla sul quaderno della vita e tratteggiare i sentimenti con positività.
D. Le sue Poesie che io definirei “Lame di Luce” hanno un linguaggio comprensibile e questo è uno dei loro punti di forza. Cosa pensa lei dei suoi colleghi che hanno invece un linguaggio ermetico?
R. A me piace scrivere come penso e come parlo, con positività, senza andare alla ricerca di parole ermetiche; il mio è un linguaggio semplice, comprensibile a tutti. C’è chi non usa la punteggiatura e mette maiuscole e minuscole a caso, anche se la lingua italiana dovrebbe essere osservata, per non generare confusione soprattutto ai ragazzi. Sui molteplici temi sociali e culturali d’oggidì, urge dare un senso comprensibile alle parole, perché gli altri ascoltino e capiscano. Il linguaggio ermetico, che comunque stimo, è soprattutto una delizia per gli addetti ai lavori. 
D. Guardando al passato formativo, quale Autore l’ha più segnato? Sbaglio se cito Ungaretti?
R. Sono diversi i poeti che hanno influenzato il mio percorso formativo, ne cito solo quattro. Giacomo Leopardi: andò oltre il classicismo e il romanticismo, Giuseppe Ungaretti: fu fautore di realismo, sintesi, ermetismo; Jaques Prévert: visse l’amore come tema dominante; Alda Merini: seppe sublimare la sua dolorosa esperienza di vita in “follia” poetica.
D. Cosa pensa Lei della Cultura nel nostro paese, molti parlano di pseudocultura.
R. Questo è il periodo della globalizzazione, dell’omologazione culturale verso il basso, in cui tutti sono chiamati ad essere uguali, ci sono persone che interagiscono con i loro dispositivi tecnologici, anziché coi propri simili. C’è confusione tra reale e virtuale sui cosiddetti “social network”, massima espressione del narcisismo moderno, alla ricerca dei “like” (per usare nomi che offuscano la bella lingua di Dante), a scapito della fantasia e della creatività del nostro bel Paese.
D. Perché un giovane dovrebbe scrivere, sentendone il bisogno? 
R. Nell’era di internet e della tecnologia digitale, la scrittura conserva la sua importanza, il suo fascino, poiché permette di vivere un momento di riflessione, di creatività, di ritrovare se stessi in libertà. Per i giovani che stanno costruendo la loro personalità, il loro futuro, la scrittura, tra il frastuono dei mezzi di comunicazione, dà voce all’interiorità.
D. Un suo parere sul momento critico che stiamo affrontando, a cosa aggrapparsi per non sprofondare nel mal di vivere, sapendo che “La vita è un dono…/è il pentagramma/dell’amore…”
R. Il terzo millennio, si sta caratterizzando con la pandemia Covid-19 in cui usi, costumi e modi di vivere fanno i conti coi tanti decessi. Il timore di contagi, crea una paralisi comportamentale, essendo l’Italia un Paese in prima linea. Paure, depressioni ed angosce, fanno ormai parte della quotidianità, per cui, è necessario andare alla ricerca di autostima con l’aiuto delle istituzioni, onde evitare il baratro. In questo contesto, l’uomo è attore e spettatore contemporaneamente. Però, non tutto è perduto, poiché anche nelle difficoltà, si può ritrovare un refolo di luce per vedere e vivere un mondo più illuminato. La vita è un dono e, nel contempo, è un difficile impegno, soprattutto per i meno abbienti. La parola amore (non solo detta, ma vissuta), unitamente a fede, solidarietà, rispetto reciproco e determinazione nel voler raggiungere i risultati, può e deve fare la differenza.
D. La domanda ultima che, in ordine d’importanza è la prima: Cos’è per Lei la Poesia?
R. La poesia è la ragione messa in musica, così affermò Francesco Saverio De Sanctis, scrittore, filosofo, critico letterario e studioso del XIX secolo. Come la musica, deve possedere una sua logica, essere comprensibile, stimolare sensazioni, suscitare emozioni, attualità e ricordi, coinvolgere i sentimenti come espressione dell’animo. È una delle qualità più elevate nel mondo della letteratura, poiché sublima l’essenza dell’io lirico. Non dev’essere ermetica, criptica: due parole semplici, non semplicistiche, possono aprire inaspettati orizzonti.  In sintesi, è l’arte delle parole e dei silenzi, è nell’uomo e per l’uomo, è vita.
Un bell’incontro questo, con un Narratore/Poeta che ci racconta come le emozioni sono rese eterne dal Logos, che ci parla di Vita come di un percorso spirituale, che sa dove affondare lo scalpello per farci incontrare la nostra interiorità, che ci dimostra che tra l’inizio e la fine c’è una strada da percorrere lungo la quale ogni passo ci porta ad in incontro con noi, con gli altri e con Dio.
Abile Uomo oltre che Poeta raffinato è Sergio Camellini che con soavità ed eleganza ci saluta dicendoci:
“Lasciami di te/una carezza delicata…/poetiche parole/scritte sull’arpa dei sogni…” (“Lasciami di te un’emozione”).
Grazie per averci emozionato-
Caterina Guttadauro La Brasca

Fattitaliani

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