Internet e social media: la principale fonte di educazione sessuale per i giovani

 


Il 45% dei giovani italiani si informa su sesso e relazioni online: cresce la consapevolezza dell’importanza di un’educazione affettiva e sessuale di qualità, ma manca una guida educativa autorevole. Solo il 14% delle under 25 dichiara di sentirsi pienamente libera di vestirsi come desidera nei momenti di svago

Per molti giovani italiani, la rete è il principale punto di riferimento per informarsi su relazioni affettive e sessualità. Secondo una ricerca condotta da Eumetra per Telefono Donna Italia - organizzazione attiva da oltre 30 anni nella tutela dei diritti delle donne, nella prevenzione e contrasto alla violenza di genere e nel supporto psicologico e legale alle vittime - quasi il 45% dei ragazzi tra i 16 e i 25 anni utilizza internet per ottenere informazioni su relazioni e sentimenti; più della metà lo fa per tematiche legate alla sessualità. In oltre 4 casi su 10, il primo contatto con questi argomenti avviene attraverso la pornografia.

La ricerca, condotta su un campione rappresentativo di giovani italiani, restituisce un quadro in cui cresce la consapevolezza dell’importanza di un’educazione affettiva e sessuale di qualità, ma persistono forti criticità nei canali informativi: il ruolo di scuola e famiglia è percepito come marginale, lasciando ampio spazio a contenuti digitali non sempre affidabili. Questo scenario contribuisce alla diffusione di atteggiamenti problematici, talvolta offensivi o violenti. Il 79% delle ragazze e il 74% dei ragazzi, ad esempio, ritiene che i social network favoriscano comportamenti denigratori verso le donne. Le piattaforme ritenute più problematiche sono Instagram, TikTok e YouTube.

I dati della ricerca confortano almeno per questa ragione – racconta Stefania Bartoccetti, fondatrice di Telefono Donna Italia – I giovani sono consapevoli del problema. Per i ragazzi l’universo social rappresenta la loro zona d’ombra dal mondo, che però può risucchiarli senza aiutarli nei loro stessi bisogni. Siamo noi adulti a dover imparare come intervenire, rafforzando e migliorando i nostri messaggi e la nostra presenza”. 

Il disagio si estende anche al vissuto quotidiano. Solo il 14% delle under 25 si sente pienamente libera nei contesti di svago, anche nella scelta di come vestirsi. Il 66% dichiara di avere timore di subire un’aggressione fisica e adotta precauzioni quando rientra a casa, come restare in contatto telefonico con un’amica o condividere i propri spostamenti. Le opinioni raccolte evidenziano inoltre una significativa distanza tra ragazze e ragazzi nella percezione della violenza di genere. Quasi due terzi (il 57% delle giovani intervistate ritiene che il tema sia sottovalutato dalla società, contro appena il 28% dei coetanei maschi.

Differenze di percezione tra ragazzi e ragazze, anche nella cultura pop

Anche le preferenze musicali riflettono queste divergenze. La musica è un elemento centrale nel tempo libero dei giovani – 9 su 10 dichiarano di ascoltarla frequentemente – ma le scelte variano: se la trap risulta trasversale, tra i ragazzi più giovani (16-17 anni) è più diffuso l’ascolto di brani incentrati su sesso (25%) e criminalità (30%). Allo stesso tempo, solo il 20% dei maschi manifesta un’opinione fortemente critica nei confronti del linguaggio violento, che per molti deve essere contestualizzato e non demonizzato.

Il ruolo dei media e la responsabilità educativa

Non possiamo più sottovalutare l’impatto che i media hanno sulla formazione emotiva e sociale delle nuove generazioni – dichiara Matteo Lucchi, CEO di Eumetra – È necessario ripensare il modo in cui raccontiamo le storie. I contenuti con cui i giovani entrano in contatto ogni giorno non sono solo intrattenimento: influenzano visioni del mondo, comportamenti e aspettative. Costruire una cultura basata sul rispetto, sull’empatia e sulla parità di genere significa anche intervenire sul piano narrativo”.

Per comprendere fenomeni come la violenza di genere tra i giovani – conclude Laura Parolin, psicologa, psicoterapeuta e professoressa ordinaria di Psicologia dinamica all’Università di Milano-Bicocca – Abbiamo bisogno di andare oltre l’impatto emotivo della cronaca e delle rappresentazioni mediatiche. In questo senso i dati di ricerca, introducendo uno sguardo sistematico sulla complessità, permettono di leggere in profondità dinamiche relazionali e culturali che troppo spesso restano opache. È solo attraverso strumenti conoscitivi solidi che possiamo evitare semplificazioni, orientare la riflessione pubblica e progettare interventi educativi e di prevenzione realmente efficaci”.

 


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