Macbeth Underworld a La Monnaie: il coraggio di esplorare il futuro dell'opera. La recensione

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Prima assoluta della nuova creazione del compositore francese Pascal Dusapin su libretto di Frédéric Boyer. Regia di Thomas Jolly (intervista)(cast).

Come in un viaggio nel mondo sotterraneo della psiche di Macbeth, la fantasia prorompente di Thomas Jolly, vitalissimo regista di «Macbeth Underworld» in prima mondiale a La Monnaie di Bruxelles, fantasia nutrita dalla lunga frequentazione con le opere di Shakespeare - e con la straordinaria energia vitale che sprigionano! - ma arricchita anche da un effervescente e velatamente autoironico côté gotico\noir, costruisce un intrigante racconto fantastico "parallelo" alla complessa musica di Pascal Dusapin e crea una struttura narrativa forse più leggera rispetto alla profondità della musica: struttura che prende l'attenzione dello spettatore abituato all'opera ma che ha lo charme e le potenzialità per incollare alla poltrona di un teatro d'opera anche un millennial o un adolescente brufoloso cresciuti a web e a Harry Potter. È in questa innovazione stilistica una delle chiavi della riuscita di questa assai coraggiosa commissione della Monnaie, che conferma la sua vocazione di Opera della capitale d'Europa: un approccio consapevole del valore della tradizione ma nel contempo innovativo, che porta materia e aria nuova in un mondo come quello dell'opera purtroppo percepito dal grande pubblico come elitario, polveroso, stantio e destinato altrimenti alla consunzione per l'eterna ripetizione, seppur  in forme diverse, delle opere del passato. 
Jolly osa, disinvolto e sicuro, adoperando uno stile dinamico, giovane, energetico, vitale, a tratti esplosivo che, pur mantenendo una qualità "alta", finisce per inventare un percorso scenico-narrativo che ha il sex appeal di un fantasy: chissà, forse anche Shakespeare si sarebbe divertito a vedere questa sorta di colto bricolage nella sua opera, smontata e rimontata in una ri-creazione che nella perfetta coerenza narrativa d'insieme svela un lato ironico, una sorta di doppio fondo da divertissement come certi quadri iperrealisti che nella sovraccarica perfezione volutamente retorica del dettaglio rivelano una ironia sottostante! 
Frédéric Boyer il librettista ha costruito una impalcatura dove le note di Dusapin si sono appoggiate, incorporate, incrostate ma anche separate e allontanate, in un viaggio che segue soltanto le sue proprie regole interne: del resto chi capisce la natura delle note sa bene che la musica può a volte anche appoggiarsi alle parole, ma mai se ne farà asservire! 
È Shakespeare ma è anche fantasy, è un'esegesi di Macbeth ma è anche un déplacement della coppia Macbeth in una situazione emotiva «ex post» ove si mischiano passato e presente, è una narrazione dove l'attenzione è spostata dal crimine al legame della coppia e che forse vuole andare addirittura oltre la stessa coppia-Macbeth, in direzione di una sorta di archetipo della narrazione operistica, verso un luogo scenico-musicale dove le tre magnifiche streghe fate dalla voce sovrumana, l'enfant, la coppia diabolica, la perfetta scenografia, i bei costumi, la musica complessa - fra reminiscenze liturgiche, cinguettii d'uccelli e referenze elisabettiane - partiti dalla concreta vicenda shakespeariana con libertà si muovono in una direzione che invece che sul «racconto» vuole farci riflettere sul «raccontare». Giovanni Chiaramonte.

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