In occasione della
partecipazione di Ovunque Proteggi al Global Show Film Awards di New
York, abbiamo intervistato uno degli autori, Gino Martella.
Ovunque proteggi è
un docu-film sulla Strage di Viareggio avvenuta nel 2009. Come nasce
il progetto?
Nasce nel gennaio del
2014 da un’idea di Massimo Bondielli che è il regista. Un’ idea
che è nata in una maniera anche bella da raccontare. Eravamo in
viaggio in macchina sull’autostrada per Genova, andavamo a
proiettare “Se io fossi acqua” il precedente documentario e
Massimo disse “Ho un’idea per il nuovo lavoro, la Strage
ferroviaria di Viareggio. Non nascondo che ho avuto paura, perché si
andava a toccare una strage accaduta il 29 giugno alle 23,50. Un
treno che portava quattordici cisterne di GPL, prima ha deragliato,
poi ha cominciato a perdere gas che è entrato nelle abitazioni di
Via Ponchielli, vicino alla stazione, primo, secondo, terzo
innesco, è scoppiato ed ha distrutto trentadue vite. All’inizio,
misurarsi con un fatto del genere, è stato difficile. L’idea di
Massimo, la realizzazione, è stata quella di condividere un sogno,
un’idea, delle relazioni umane. Nel gennaio 2015 è stato
realizzato “Ovunque Proteggi”. I primi otto mesi, con i familiari
delle vittime, tra cui Marco Piagentini e Daniela Rombi che sono i
protagonisti del cortometraggio, siamo rimasti solo ad ascoltarli
prendendo appunti che poi riportavamo al PC ed in qualche modo quei
ricordi, bisognava farli ripassare dalla mente e dal cuore, ed è
stato tosto rileggerli, riordinarli e captare ciò che ci interessava
veramente raccontare. Marco Piagentini è un emblema. All’epoca dei
fatti era un giovane padre di trentanove anni ed ha perso la moglie
Stefania di trentotto anni, i figli Luca e Lorenzo di due e di
quattro anni. Per fortuna, il figlio più grande, Leonardo che aveva
otto anni si è salvato anche se è rimasto sotto le macerie per
quattro ore. Marco ha bruciature sul corpo per il 95%. Non abbiamo
voluto fare un reportage, volevamo raccontare le storie di chi è
sopravvissuto dopo tanti anni, cosa faceva e come continua a vivere.
La domanda che ci siamo posti è come si fa a vivere quando un
qualcosa ti distrugge tutto. E’ inimmaginabile che uno possa avere
la forza per andare avanti. Loro ce l’hanno fatta ed è sulla loro
potenza emotiva che regge la struttura narrativa.
Massimo Bondielli è
l’unico professionista. Gli altri fate lavori diversi, eppure avete
avuto la capacità di sintetizzare in 12 minuti la strage. Come ci
siete riusciti?
Massimo è un
documentarista a tutto tondo, ha fatto molti lavori sempre con il
taglio sul sociale. Riesce a tenere insieme sia la parte
dell’ideazione e sia la parte della scrittura, della regia e del
montaggio. Cinque anni fa, a seguito dell’alluvione delle Cinque
Terre, ci siamo trovati lì in mezzo al fango e dal bisogno di essere
utili a questa comunità, è nata una bella amicizia. Nella vita
sono un biologo ambientale, poi mi sono laureato in Urbanistica e
Pianificazione del territorio. Tutto è iniziato per caso,
probabilmente è stata anche cercata, sin dal primo racconto. Due
modi completamente diversi. In Se io fossi acqua c’era anche Marco
Matera, socio della Caravanserraglio che tra l’altro è un chimico.
In questo modo, uno stesso oggetto riesci a vederlo da tre punti di
vista differenti. La multidisciplinarietà funziona anche in questo
genere di lavoro. Ti devi tarare su un linguaggio completamente nuovo
ed a questo ci pensa Massimo; la pianificazione e lo sviluppare
l’idea, lo facciamo insieme ed è una cosa bella.
Hai citato la
pianificazione territoriale, ma quando se ne tiene conto in Italia?
Teoricamente ne senti
parlare dappertutto, è un po’ come quando il mio vecchio
Professore di Biologia ambientale, quando si parlava di valutazione
ed impatto ambientale, nata in America negli anni 70 e sempre
applicata. Noi siamo meno seri, prima di fare l’opera non valutiamo
o meno l’impatto ambientale, l’opera si deve fare. La
pianificazione sulla carta è fondamentale ma poi bastano delle leggi
regionali soprattutto negli ultimi quindici anni, in un’Italia
rapallizzata (Da Rapallo, consumo del suolo, speculazione edilizia)
come diceva Bocca o Montanelli negli anni 60, con l’autonomia
venuta fuori con la modifica del Titolo della Costituzione, vengono
fuori delle norme che ti consentono di costruire dappertutto. La
pianificazione esiste nella formazione degli studenti, poi nei vari
Enti locali mentre una volta i soldi delle pianificazioni, venivano
vincolati per essere utilizzati per le migliorie territoriali, dagli
inizi del 2000 non è più così perché possono essere utilizzati
anche per le spese correnti. Cosa significa ciò? Se
all’Amministrazione comunale arriva un grande centro commerciale in
un’area agricola o comunque destinata ad area commerciale, ben
venga. Il territorio negli ultimi quindici anni è stato
maggiormente massacrato, rispetto agli anni 60. Gli obiettivi non
sono sbagliati, il problema è che in Italia siamo noi un po’
degenerati. Anche per la gestione dei fatti di Viareggio, non può
essere un caso, ci sono delle responsabilità, adesso tocca
accertarle. Ci sono delle persone dietro quelle scelte.
Ovunque Proteggi, il
28 aprile è candidato al Global Show Film Festiva di New
York. Cosa avete provato quando è arrivata la candidatura?
Una
cosa buffa! Questa settimana è strana perché martedì è stato
proiettato in finale al Video Festival di Imperia. Il 28 è a New
York e sabato è in finale al Festival “Coffi CortOglobo” ad
Angri in provincia di Salerno. Questo credo che sia il diciottesimo
Festival, posso dire che ha fatto un buon percorso. Quando va in
concorso fuori dall’Italia, noi siamo abituati a considerarci molto
provinciali, pensiamo che la strage di Viareggio interesserà ai
toscani ed a qualche ligure, figuriamoci ad uno di New York. Il fatto
che arrivi in finale, tra millequattrocento lavori, solo undici sono
arrivati in finale, Ovunque proteggi è l’unico italiano
selezionato, ti dà grandi soddisfazioni. Ci sono state diverse
proiezioni nelle scuole. Il dolore è così immenso che
tendenzialmente o ti chiudi oppure come fanno Daniela e Marco, ti
doni agli altri. Questa loro esperienza è diventata un’
insegnamento, un’apertura verso gli altri. Nelle scuole è
veramente una cosa magica. I ragazzi ti ringraziano per aver potuto
capire che la vita è bella. Lì capisci che hai fatto centro.
Che cos’è la
Caravanserraglio Film Festival?
Un sogno di Massimo
Bondielli condiviso con me e con Marco Matera. E’ un’Associazione
Culturale che ha come obiettivo principale quello di fare documentari
a sfondo sociale e divulgare queste tematiche.
Se io fossi acqua,
Ovunque proteggi e adesso Il sole sulla pelle. Cos’hanno in comune?
A parte la regia e gli
autori, Il Sole sulla pelle è quello che ci ha fatto incontrare.
Ovunque proteggi è nato in qualche modo come embrione di una storia.
Con Bondielli racconteremo la strage di Viareggio in un
lungometraggio che è Il sole sulla pelle. Per fare questo ci
vogliono delle risorse che non abbiamo. Abbiamo scelto di lavorare su
qualche cosa che potevamo produrre autonomamente. Ovunque proteggi è
appunto un cortometraggio di dodici minuti, è l’embrione di Il
sole sulla pelle, raccontano la stessa storia a parte il minutaggio
perché poi quando vai a raccontare in 75 minuti invece che in 12,
diventa un racconto più completo, non diventa un reportage ma rimane
la storia degli uomini e delle donne che hanno vissuto la strage di
Viareggio.
Elisabetta Ruffolo