Libri, Fattitaliani intervista Massimo Roscia autore de "La strage dei congiuntivi": in Italia la cultura è la principessina dei poveri

Chi ha ucciso l’assessore alla cultura? Ma, soprattutto, chi salverà la grammatica? Cinque bizzarri personaggi, abilmente descritti, si uniscono per mettere in atto un grande disegno criminoso a difesa estrema di una lingua quotidianamente vilipesa, deturpata e ferita a morte. Tutto questo nel romanzo "La strage dei congiuntivi" (Exòrma edizioni, pag. 324, € 15,50) di Massimo Roscia, intervistato da Fattitaliani a "Più libri più liberi", la fiera della piccola e grande editoria in corso a Roma.

Massimo Roscia, il suo libro di esordio era un noir originale sul rapporto cibo-nevrosi. Torna in campo con “La strage dei congiuntivi”. Che rapporto c’è tra i due?
Parliamo di nevrosi della lingua italiana. La strage dei congiuntivi è un titolo ritengo sufficientemente eloquente. Partiamo da un dato di fatto, l’italiano è una delle lingue più musicali, più articolate, più nobili al mondo. Nel migliore dei casi lo sottoutilizziamo, lo usiamo poco e male, nella maggior parte dei casi, ahimè è sufficiente ascoltare, osservare, leggere e lo massacriamo. La lingua italiana viene sfregiata, torturata a morte, mutilata, saccheggiata quotidianamente da tutti, a tutti i livelli, da persone che come noi si occupano di comunicazione, da rappresentanti delle istituzioni, da professionisti. Sono tentato a volte di reagire, non posso farlo per evidenti limiti legali ed etici. Queste reazioni sono però consentite a personaggi della fantasia. Il mio libro è un romanzo non è un saggio. Non sono un lessicologo, non sono un linguista, sono uno scrittore. In questo mondo immaginario in cui oltre a tanta esperienza, tanta osservazione c’è la componente immaginifica, c’è la parte fantastica, non ci sono limiti. I personaggi bislacchi del romanzo si mettono insieme perché non sopportano che l’italiano venga maltrattato e reagiscono, costi quel che costi. Cinque personaggi, una sorta di guru ed i suoi sodali, un dattiloscopista della polizia, un analista sensoriale, un profumiere, un bibliotecario ed un insegnante sospeso dall’insegnamento a tempo indeterminato. Sulla trama nulla, sono in silenzio stampa e posso permettermelo. Sospeso perché maltrattava quelli che non usavano bene il congiuntivo, invertivano il congiuntivo con il condizionale, rendevano transitivi i verbi intransitivi, cose che succedono quotidianamente. Le desinenze vengono fatte a pezzi, la punteggiatura è buttata a caso sul campo, il punto e virgola non esiste più. Ci sono iperestensioni dell’indicativo sul futuro, ci sono gragnuole di assolutamente sì, assolutamente no, per quanto, quant’altro, senza se, senza ma. Diminuitivi iperbolici come: un momentino, un attimino, un filino. Una lingua che viene sbertucciata quotidianamente. Queste violenze a me provocano rush cutanei, ai personaggi del mio romanzo provocano reazioni più cruente, loro si armano e si vendicano a tutela della lingua per difenderne l’integrità ed esaltarne la bellezza.
Chi ha ucciso l’assessore alla cultura?
Non credo di saperlo. E’ la prima di una serie di vittime, presenta le manifestazioni culturali dell’Amministrazione che rappresenta indegnamente. Qui c’è stato veramente poco ricorso alla fantasia, dal livello centrale fino all’ultimo dei consigli circoscrizionali, dei municipi, purtroppo spesso anche chi dovrebbe esaltare più di altri la lingua italiana che rappresenta l’istituzione perché si occupa di comunicazione, di giornalismo, la massacra impietosamente. L’assessore alla cultura che convoca una conferenza stampa, scrive “a doc” invece che ad hoc, non può che essere massacrato.
Si è indifferenti verso il progressivo diffondersi della non lingua? E’ un controsenso ma sbaglio o oggi i ragazzi conoscono meglio l’inglese che l’italiano? 
Premesso che io almeno da un punto di vista linguistico, non sono un conservatore, nel senso che la lingua è figlia del tempo, sono aperto a tutte le contaminazioni, a tutte le evoluzioni. Io stesso nel mio lessico utilizzo termini presi dal francese, dall’inglese, però c’è un abuso, noi stiamo viaggiando verso un esperanto dei poveri con queste contaminazioni che sono scimmiottate ed utilizziamo dei termini impropriamente. Se l’hostess dice vuole uno sneick e non uno snack, offre un serpente e non uno spuntino. Il congiuntivo col condizionale per quanto possiamo attingere al dizionario inglese non può essere invertito.
E’ ciò che succede con media che è un termine latino, ma la maggior parte delle persone lo pronuncia midia? 
Media è latino e non si può pronunciarlo diversamente. Tutti i termini presi in prestito dal latino e dalle altre lingue morte, in Italiano vanno al singolare. Non diciamo i referenda. I giovani sono pigri, hanno pochi stimoli, leggono poco? E’ dovuto al sistema Italia in cui la cultura è relegata ai margini. La cultura è la principessina dei poveri, bistrattata a tutti i livelli, dalle istituzioni, dalla famiglia, dalla scuola, da noi che comunichiamo, comunichiamo spesso, poco e male. Riappropriamoci, la metafora è: “non parliamo solo di un decadimento letterario, linguistico, parliamo di una decadenza culturale. La lingua ha una solennità, una valenza che va oltre lo strumento della comunicazione, il linguaggio. La lingua è identità, appartenenza, è patrimonio culturale, è storia, è tradizione di un popolo.
Così come si devono conservare i dialetti? 
Certamente, perché i dialetti tracciano le origini; i dialetti che sono la terra che sono i nonni che sono quel senso di appartenenza forte, quello spirito identitario che ci rende unici.
Chi salverà la grammatica e soprattutto i congiuntivi? 
Mi auguro di sì, abbiamo avviato questa crociata, da folli, da sognatori, da neo romantici. Spero che attraverso questo romanzo che fa pensare, fa riflettere, a tratti amaro, irritante ma fa anche divertire ed anche attraverso il sano divertimento, possiamo avere questo scatto d’orgoglio, la volontà di dire: “l’italiano è bello, usiamolo con rispetto”.
“Ignoranza esci da questo corpo” la scritta di una maglietta in vendita nello stand. Chi l’ha ideata? 
E’ una sorpresa degli elfi dispettosi del marketing della mia casa editrice. Una sorpresa che saluto favorevolmente perché è una cosa carina, anche qui torniamo a giocare, altrimenti rischiamo di essere troppo autoreferenziali pur parlando di un tema che assume la connotazione dell’emergenza sociale però giochiamoci su, non perdiamo il gusto del sorriso.
Lei è nato nel 1970 e non nel 1870: ha avuto la fortuna di studiare in una scuola con programmi ed insegnanti più severi. 
Oggi ci sono tanti professionisti validi, forse il rigore di un tempo si è perso.
La casa editrice Exorma dove ha la sede? 
E’ romana. Da appassionato di etimologia, Exormao dal greco, significa mollare gli ormeggi. Dà la misura del viaggio, un viaggio geografico, un viaggio di conoscenza, loro si divertono a viaggiare attraverso i territori, attraverso l’esperienza l’hanno fatto nell’Abruzzo e nelle Marche. Viaggiare attraverso la lingua italiana. l’hanno fatto con il sottoscritto.

Elisabetta Ruffolo
© Riproduzione riservata
Fattitaliani

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