Il riso è il cereale più consumato al mondo: dalle grandi metropoli asiatiche ai piccoli villaggi dell’Africa, dalle comunità rurali dell’America Latina fino alle nostre tavole europee. Simbolo di biodiversità e resilienza, in diecimila anni di storia ha saputo adattarsi ai contesti più disparati, tanto che nel mondo ne esistono circa 150.000 varietà.
E l’Italia, in questa storia millenaria, ha un ruolo straordinario. È il principale produttore in Europa: oltre il 90% della produzione è concentrata tra Piemonte e Lombardia, ma il riso è coltivato in tutta la penisola, fino alla Sicilia e alla Sardegna. Nel nostro Paese, più che altrove, il riso non si definisce solo “corto”, “medio” o “lungo”. Da noi ogni varietà porta con sé una storia, una comunità, un sapore unico: Carnaroli, Roma, Balilla, Maratelli… nomi che parlano di secoli di lavoro nei campi e di creatività in cucina.
«Quando parliamo di riso parliamo del futuro dell’alimentazione, della possibilità di garantire a miliardi di persone un cibo che sia non solo nutriente, ma anche rispettoso della salute del pianeta e delle comunità che lo coltivano. Il riso è vita, ma dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà: oggi la risicoltura è un settore industriale, dominato da monocolture, sementi ibride, uso massiccio della chimica di sintesi, meccanizzazione spinta e grandi volumi di acqua. Un modello che garantisce quantità, ma che genera anche conseguenze pesanti: degrado del suolo, perdita di biodiversità, inquinamento delle acque, impatto climatico - sottolinea Francesco Sottile, agronomo e docente di Biodiversità e qualità del Sistema Agroalimentare presso l'Università di Palermo e membro del consiglio direttivo di Slow Food Italia -. Eppure, tante aziende hanno intrapreso percorsi innovativi ispirati alla natura, non limitandosi a escludere i fitofarmaci di sintesi, come nel biologico, ma adottando un approccio più ampio, agroecologico: con rotazioni, coperture vegetali, gestione attenta delle acque, tutela della biodiversità. È questa la strada che Slow Food indica per la risicoltura del futuro».
«Il riso nutre le comunità e plasma le culture. Oggi però, la perdita della sua biodiversità minaccia la resilienza e la sostenibilità dei nostri sistemi alimentari. Proteggere e promuovere le innumerevoli varietà nate dalla saggezza dei contadini è una responsabilità collettiva. Attraverso l'agroecologia, lavorando con la natura per proteggere la biodiversità, rafforzare il ruolo degli agricoltori e sostenere la sovranità alimentare, possiamo garantire che il riso resti un simbolo di vita, diversità e speranza per le future generazioni. Saluto con entusiasmo la nascita della Rete Slow Rice in Italia e spero che presto possa diventare globale per la protezione della biodiversità del riso» dichiara Edie Mukiibi, presidente di Slow Food nel suo intervento all’apertura della manifestazione di Vigevano.
«Per un produttore di riso operare nel rispetto della natura è una sfida enorme: bisogna avere il coraggio di sperimentare e sbagliare, prendersi i rischi della produzione e fronteggiare un’Europa che non crede veramente in un’agricoltura sostenibile - sottolinea Cristiana Sartori, produttrice di riso della Lomellina e presidente dell’associazione Strada del Riso dei tre fiumi, che ha organizzato gli Stati generali -. Non potrei mai produrre riso senza praticare il biologico. La nascita della rete è un momento importante nella storia della risicoltura italiana, nell’anno del riso italiano nel mondo e in cui il Carnaroli compie 80 anni. Speriamo che questo evento rappresenti un seme, che germogli e che dia molti frutti, proprio come il riso, e non solo nel nostro territorio ma in tutto il mondo».
I produttori della rete Slow Rice si impegnano a favorire pratiche colturali agroecologiche; a salvaguardare e valorizzare il patrimonio italiano di varietà di riso e le tradizioni gastronomiche ad esse collegate; tutelare e favorire la biodiversità vegetale e animale; valorizzare i servizi ecosistemici del “paesaggio di risaia” e valorizzare la varietà di paesaggi, tecniche e saperi legati alla risicoltura.