Un viaggio con Pietro Germi nella Sicilia autentica. Fattitaliani intervista Raimondo Moncada

 


di Giovanni Zambito - Il saggio "Pietro Germi, gli anni felici in Sicilia" dedicato al regista e alla sua esperienza cinematografica in Sicilia Raimondo Moncada ha intrapreso un’importante operazione di recupero culturale e di rilettura critica. Il volume, edito dalla casa editrice VGS-libri di Agrigento, ha ricevuto l’apprezzamento di studiosi e appassionati. In particolare, una recensione firmata da un docente di Cinema dell’Università di Genova è stata pubblicata sul sito dell’Archivio Siciliano del Cinema di Palermo, la cineteca regionale che ha anche acquisito il libro nella propria biblioteca. Con Raimondo Moncada, Fattitaliani ripercorre le tappe di questa intensa ricerca che incrocia cinema, memoria, storia e vissuto personale: stasera l'autore parlerà del libro Siculiana all'interno dell'iniziativa Vento d’estate: chiacchiere, granite e cicale. L'intervista.

Il suo libro è un vero e proprio viaggio con Pietro Germi, dal giorno del suo sbarco in Sicilia nel 1948 fino all’ultima scena girata a Sciacca. Com’è nata l’esigenza di raccontare questo percorso, non solo artistico ma anche umano?

Il libro nasce dentro un mio percorso personale, segnato dalla malattia. Durante il mio “viaggio della speranza” a Bologna, tra terapie e interventi, mia moglie Lucia mi ha incoraggiato a iscrivermi a un corso di laurea online in Comunicazione, per aiutarmi a distrarmi dai pensieri più cupi. Quando è arrivato il momento di scegliere l’argomento della tesi, è stata accolta la mia proposta su Pietro Germi e la sua cinematografia siciliana. Avevo scelto proprio Germi e Sciacca, città in cui vivo da venticinque anni e dove il regista genovese ha girato il primo e l’ultimo dei suoi cinque film ambientati in Sicilia (e nell’ultimo, Sedotta e abbandonata, ha attraversato anche Siculiana).

Scrive Beniamino Biondi nella prefazione che lei ha “tessuto l’amore intorno a Pietro Germi”. Quale rapporto ha sviluppato con la figura del regista durante la scrittura?

Ho scoperto un uomo e un artista che prima conoscevo poco o nulla. Pur vivendo da tempo a Sciacca, non mi ero mai davvero interessato a Germi, sebbene i suoi set siano ovunque in città, da San Michele a piazza Angelo Scandaliato. Era un uomo misterioso, descritto in modi diversi: scorbutico, timido, difficile, ma rigoroso. Un maestro della cinematografia italiana, premiato con l’Oscar per il “siciliano” Divorzio all’italiana, e scomparso prematuramente all’età di sessant’anni.

Il libro ripercorre cinque film fondamentali della carriera di Germi girati in Sicilia: In nome della legge, Il cammino della speranza, Gelosia, Divorzio all’italiana e Sedotta e abbandonata. Cosa ha significato per Germi questa lunga immersione siciliana?

È stata una vera svolta nella sua carriera, ma anche una scoperta culturale. Germi ha individuato in Sicilia una “frontiera” da raccontare all’Italia intera, mettendo in luce le sue piaghe – mafia, povertà, lavoro nelle miniere, emigrazione – con l’intento di sollecitare una presa di coscienza collettiva. E ancora oggi, a cinquant’anni dalla sua morte, ci ritroviamo a discutere degli stessi problemi: giovani disoccupati o costretti a emigrare, e un fenomeno mafioso tutt’altro che scomparso.

Da Sciacca a Siculiana, da Palermo a Ispica, Germi ha attraversato la Sicilia filmando luoghi spesso lontani dai riflettori. Che tipo di Sicilia emerge dal suo cinema? E che tipo di Sicilia lei ha voluto restituire nel suo libro?

È una Sicilia in trasformazione. Nei primi film si presenta con il dramma e la disperazione; nei successivi, lascia spazio alla satira e al sorriso, diventando parte della commedia all’italiana, genere a cui Germi ha dato un contributo essenziale. È la Sicilia vissuta dai nostri nonni e dai nostri genitori, fatta di ruderi e bellezze, oggi riscoperta anche come risorsa turistica. Una terra che, come nei suoi contrasti di bianco e nero, vive ancora forti contraddizioni e continua a cercare la propria identità. Una Sicilia, insomma, che vive di speranza.


Lei ha percorso fisicamente gli stessi luoghi attraversati dal regista. In che modo il contatto diretto con questi spazi ha influenzato la sua scrittura?

La scrittura è verità, e camminare nei luoghi dove Germi ha girato i suoi film è stato come entrare fisicamente nella sua narrazione. Ritrovarsi nelle piazze, nei vicoli, davanti ai monumenti che fanno da sfondo alle sue inquadrature è stata un’esperienza profondamente immersiva. Un contatto diretto che ha nutrito e guidato la scrittura.

Nel libro emerge una Sicilia viva, contraddittoria, autentica, mai oleografica. È questa, secondo lei, la grande forza del cinema di Germi?

Proprio così. Aggiungo che i suoi film sono documenti preziosi su come eravamo: mostrano città e paesi prima degli stravolgimenti urbanistici e della perdita di bellezza causata dalla cementificazione selvaggia. Germi lo aveva capito e denunciava questi rischi agli amministratori locali, invitandoli a tutelare il patrimonio paesaggistico che lo aveva colpito fin dal primo sguardo.

Pietro Germi è stato accusato da alcuni di aver offerto un’immagine “lesiva” della Sicilia. Lei invece racconta un regista che ha avuto il coraggio di denunciare, ma anche di amare profondamente questa terra. Come risponderebbe oggi a quelle critiche?

Germi ha avuto il merito – e forse la “colpa”, per alcuni – di aver denunciato senza ipocrisie i mali della Sicilia. È stato tra i primi a parlare apertamente di mafia, e ha raccontato il dramma dell’emigrazione: l’abbandono di interi paesi da parte di famiglie costrette a cercare fortuna altrove. Ha mostrato i siciliani non come stereotipi, ma come esseri umani in lotta. Questo non è un attacco, ma un atto d’amore.


Sedotta e abbandonata
rappresenta un vertice del grottesco e della critica sociale. Cosa racconta questo film – e cosa racconta di Siculiana, dove furono girate alcune scene? Quali luoghi di Siculiana vi riconosciamo? Ci sono aneddoti o memorie particolari legate alle riprese che ha potuto raccogliere durante la ricerca?

A Siculiana si gira una scena che ricorda il western: Lando Buzzanca è alla ricerca del giovane che ha disonorato la sorella, interpretata da Stefania Sandrelli. Siamo in piazza Giuseppe Basile, e si riconosce la cupola del Santuario del Santissimo Crocifisso. Nel libro racconto anche altri aneddoti, tra cui uno legato al cimitero, che rende ancora più viva la memoria delle riprese.

Cosa significa per lei presentare questo libro proprio a Siculiana?

È un’emozione grande. Siculiana è un luogo a me caro, dove ho tanti amici e dove ho vissuto l’esperienza entusiasmante di diverse edizioni del festival letterario itinerante Kaos. È anche il luogo dove ho incontrato l’editore Flaccovio, che pubblicò il mio romanzo umoristico Mafia ridens, ovvero il giorno della cilecca. Tornare qui con un libro su Pietro Germi significa ripercorrere fisicamente e simbolicamente un pezzo di vita e di cinema. Ho già presentato il volume a Sciacca, a Favara, due volte ad Agrigento, e lo presenterò a fine agosto anche in un altro paese legato alla cinematografia germiana.

Dopo questo viaggio nella storia del cinema e della Sicilia, ha già in mente un nuovo progetto editoriale o cinematografico?

Sì, ho già ultimato un altro saggio, dedicato a un altro grande maestro del cinema mondiale. È stato un lavoro di immersione totale, che ha occupato i primi mesi del 2025. Lo studio e la scrittura sono per me una forma di terapia, un modo per restare concentrato e vivo. Spero presto di restituire ai lettori anche questa nuova esplorazione.

Biografia di Raimondo Moncada
Fattitaliani

#buttons=(Accetta) #days=(20)

"Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio, generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali abusi." Per saperne di più
Accept !
To Top