Piero Gaddi Quintet: il viaggio senza confini del jazz contemporaneo. L'intervista di Fattitaliani

 


di Giovanni Zambito - Venerdì 29 agosto, la Cantina Barchessa Loredan di Volpago del Montello ospiterà il Piero Gaddi Quintet, formazione guidata dal pianista e compositore toscano che da anni porta la sua musica oltre i confini italiani, dal Nord Europa all’Africa e all’Asia. La serata, co-prodotta dalla stessa Cantina, rientra nella rassegna Montello è Jazz e vedrà sul palco cinque musicisti capaci di intrecciare scrittura e improvvisazione in una personale visione del jazz contemporaneo: Fabrizio Desideri (clarinetto e sax soprano), Mariachiara Gaddi (violoncello), Filippo Pedol (contrabbasso), Filippo Vannucci (batteria) e, naturalmente, Piero Gaddi al pianoforte.

La musica del Quintetto affonda le radici nella tradizione colta europea, ma si apre con naturalezza al jazz, alle culture popolari, al pop-rock e alla musica da film, sperimentando connessioni tra linguaggi e sensibilità diverse. Dopo i due lavori discografici Opus One e Opus Two (coprodotto da nusica.org), il gruppo propone un repertorio che evoca paesaggi e atmosfere in continua trasformazione, capace di coinvolgere il pubblico in un raffinato gioco di equilibri ed emozioni.

Fattitaliani ha parlato con Piero Gaddi di equilibrio musicale, paesaggi interiori e prospettive del jazz contemporaneo. L'intervista.

Il vostro linguaggio intreccia scrittura e improvvisazione, tradizione colta ed esplorazione jazzistica. Come nasce l’idea di questo equilibrio?
Dipende dalla nostra formazione di musicisti sia di area classica che jazz, particolarmente interessati anche alle musiche popolari. Ricerchiamo un equilibrio che non è scontato. Ho quasi un’ossessione di rifuggire dal cattivo gusto (spero di riuscire) e allo stesso tempo sento la necessità di dover comunicare col pubblico.

Nei vostri lavori Opus One e Opus Two si percepisce una forte attenzione alle atmosfere e ai paesaggi sonori. Quale “paesaggio interiore” guida la vostra musica?
Sono tanti differenti paesaggi. La musica talvolta pare avere gli stessi connotati ma muta a seconda delle situazioni, come succede anche a tutti noi nella vita di ogni giorno. Le storie poi non sono necessariamente vissute: l’immaginario è una risorsa che dobbiamo riuscire a vivificare.

La formazione unisce strumenti classici e jazzistici: pianoforte, clarinetto/sax, violoncello, contrabbasso, batteria. Quali possibilità espressive vi offre questa combinazione?
La ricchezza timbrica è una delle nostre caratteristiche. Avere a disposizione sei o sette strumenti per un compositore è uno stimolo importante per la scrittura. L’ascoltatore è sollecitato e coinvolto in modi ogni volta differenti.

Lei porta da anni la sua musica oltre i confini italiani, dal Nord Europa all’Africa e all’Asia. In che modo questi viaggi hanno influenzato la sua scrittura e il suono del quintetto?
Attraverso il rapporto con ascoltatori di culture molto differenti è più facile cogliere l’essenza di una composizione; capire il miglior modo di porgerla nei live e infine rimodellarla, se necessario. È di aiuto per capire i meccanismi comunicativi che nella musica sono piuttosto complessi.

Nella sua musica convivono jazz, pop-rock, musica colta e da film. Quali sono i riferimenti più importanti che sente di aver interiorizzato?
Non saprei indicare un autore o un genere in particolare. Sono sicuro che si trovino nella mia musica tracce di Bach, Rachmaninov, Monk, Mingus, Morricone, Rota, i Beatles... la lista sarebbe enorme. Una cosa è certa: ho difficoltà a concepire una composizione che non abbia elementi tematici riconoscibili, se non cantabili. Forse è il segno della radice latina di tutto ciò che penso musicalmente.

Il 29 agosto vi esibirete alla Cantina Barchessa Loredan, un luogo che unisce storia, territorio e convivialità. Quanto conta per voi il contesto in cui la musica viene suonata?
Il contesto ci influenza tantissimo: talvolta cambiamo al volo la scaletta predeterminata. Tutti i musicisti sono molto sensibili al livello di ascolto e di attenzione che viene percepito nelle performance. Il pubblico fa assolutamente parte dello spettacolo, soprattutto nelle musiche ad alto tasso improvvisativo.

Montello è Jazz punta a creare dialogo tra artisti e comunità: che cosa vi aspettate da questo incontro con il pubblico veneto?
Abbiamo avuto un’esperienza bellissima a Sile Jazz nel 2024. Il pubblico veneto ci ha stimolato e dato grande energia. Speriamo di replicare!

Porterete in scena un repertorio che evoca atmosfere in trasformazione: ci potete anticipare che tipo di viaggio sonoro vivrete insieme al pubblico?
I brani sono molto differenti tra loro. Alcuni raccontano una storia o un personaggio, altri tendono a suscitare suggestioni che nella mente di ognuno possono avere diverse interpretazioni. L’importante è fidarsi e lasciarsi trasportare: poi, ognuno ascoltando il concerto farà il suo viaggio personale.


Oggi il jazz vive un continuo dialogo con altri generi e linguaggi. Come vedete l’evoluzione del jazz contemporaneo in Italia e in Europa?
Rigenerarsi e divenire sono nel DNA del jazz, che da sempre incorpora elementi di linguaggi diversi. Una personale sintesi è quello che viene richiesto al jazzista, da sempre. Se pure ci sono in giro molti buoni professionisti, mi pare che questa sintesi spesso non sia così convincente e men che meno affascinante. Talvolta c’è carenza di una seria progettualità e ci si perde in vani tecnicismi.

State già lavorando a nuovi progetti discografici o collaborazioni?
Personalmente sto collaborando in trio con il flautista italiano Emilio Galante e il sassofonista svedese Mikael Godèe. Sto anche consolidando la prospettiva del piano trio (con batteria e contrabbasso). Questa formazione mi costringe a sviluppare diversamente le idee concepite per formazioni più ampie: attualmente la trovo una sfida interessante.

Se doveste descrivere in poche parole l’essenza del Piero Gaddi Quintet, quale sarebbe?
Musica crossover senza barriere, difficilmente catalogabile, mutevole; nella quale composizione e improvvisazione hanno lo stesso peso; che tende a suscitare emozioni, immagini, riflessioni anche al primo ascolto.

Fattitaliani

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