“La fame è il crimine più silenzioso e devastante della guerra.” Jean Ziegler
A Gaza, nel luglio del 2025, la fame non è più solo una tragedia collaterale. È diventata una strategia, deliberata, sistematica, cinica. I dati parlano chiaro: più di cento persone sono già morte per inedia. Si tratta perlopiù di bambini. Neonati con occhi troppo grandi per volti troppo piccoli, corpi disidratati, madri senza più latte, né lacrime. I corridoi degli ospedali di Khan Younis, Rafah e Deir al-Balah sono pieni di piccoli corpi che non hanno mai avuto un’infanzia.
Questa non è una carestia naturale. È un assedio. E come ogni assedio, è un crimine. Le organizzazioni umanitarie internazionali, da mesi, denunciano il blocco sistematico degli aiuti, la distruzione delle infrastrutture agricole, la chiusura delle frontiere per cibo, acqua e medicinali. Interi quartieri vengono lasciati senza pane, senza carburante per cucinare, senza nulla. La fame diventa un’arma. E il mondo lo sa.
Israele, che controlla l’ingresso di beni e aiuti nella Striscia, è accusato dalla Corte penale internazionale di usare la fame come metodo di guerra. Il silenzio delle potenze occidentali, delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea e di governi come quello italiano, non è più tollerabile. Nel conflitto dei Balcani, negli anni Novanta, la comunità internazionale intervenne – tardi, ma intervenne – con una forza di interposizione, corridoi umanitari protetti e no-fly zone per contenere la violenza. Oggi, di fronte al massacro per fame a Gaza, nessuno fa nulla.
Dov’è quella forza di interdizione che in Bosnia fermò gli assedi e i massacri di civili? Dove sono gli eserciti di pace? Dove sono le democrazie che si vantano di difendere i diritti umani?
Nel mondo, oggi, una persona su dieci non ha abbastanza da mangiare. Secondo il Global Report on Food Crises 2025, oltre 300 milioni di persone vivono in condizioni di insicurezza alimentare acuta. È un dato scandaloso. Ed è ancora più scandaloso il fatto che in gran parte dei casi si tratti di fame prodotta, aggravata o mantenuta da scelte politiche, guerre, speculazioni sui prezzi. La fame non è un fenomeno naturale: è una costruzione sociale.
E l’Italia? Anche qui il quadro è desolante. I dati più aggiornati indicano che il 2,5% della popolazione italiana soffre di sottonutrizione. La povertà alimentare colpisce duramente bambini, anziani, famiglie monoparentali, persone che lavorano ma non guadagnano abbastanza per vivere con dignità. Nelle città, le mense solidali sono tornate a essere l’unica fonte di cibo per migliaia di persone. Nelle periferie, cresce il numero di famiglie che saltano pasti per risparmiare.
Eppure il governo continua a fare promesse non mantenute, a parlare di "piani strategici", a evocare la solidarietà solo nei comizi. La verità è che, davanti alla fame, ha scelto l’indifferenza.
Il Piano Mattei, presentato come il grande progetto italiano per la cooperazione con l’Africa, si è rivelato un’operazione di immagine, povera di contenuti e priva di reali finanziamenti strutturali. Gli aiuti allo sviluppo sono stati ridotti. Le ONG italiane che operano nei contesti di crisi sono lasciate sole, senza supporto né protezione diplomatica. Le missioni civili per portare aiuti a Gaza non vengono sostenute in modo efficace. Il governo non ha alzato la voce per chiedere corridoi umanitari protetti. Non ha chiesto una forza internazionale di pace. Non ha offerto nulla di più che silenzi e frasi di circostanza.
Sul fronte interno, le promesse di lotta alla povertà alimentare sono rimaste lettera morta. Nessuna riforma organica è stata avviata per garantire il diritto al cibo. Nessuna politica per il controllo dei prezzi dei beni essenziali. Nessuna strategia per ridurre la malnutrizione infantile o il disagio alimentare degli anziani. Le mense scolastiche restano inadeguate in troppe zone del paese. Le famiglie povere si arrangiano, spesso in silenzio. E chi denuncia viene accusato di fare allarmismo.
Ma la fame non è un’allucinazione. È una ferita reale che attraversa il nostro tempo, il nostro Paese, il nostro mondo. È una vergogna morale, una crisi politica, una colpa collettiva.
Chi oggi guarda altrove mentre i bambini muoiono di fame a Gaza è complice. Chi oggi non denuncia è corresponsabile. Chi governa e tace, o minimizza, si rende parte del crimine.
La fame non ha bandiere, ma chi la impone ha un volto. E chi non la combatte, ha una responsabilità storica.
Governo italiano, vi siete detti pronti a difendere la civiltà, a guidare l’Europa, a essere la voce della giustizia. Ma davanti alla fame, siete muti. Davanti ai morti di Gaza, siete immobili. Davanti alla povertà in Italia, siete assenti.
La storia vi giudicherà. Ma prima ancora, lo farà la coscienza di ogni cittadino libero che oggi rifiuta di voltarsi dall’altra parte. Perché quando la fame viene usata come arma, ogni silenzio è una pallottola.
Carlo Di Stanislao