Non solo teatri: l’opera torna tra la gente. Marco Severi dirige “La Traviata” per riavvicinare alla musica classica

 


Riportare la musica classica tra la gente, senza barriere, e connetterla alle nuove generazioni: è questa la visione che guida il lavoro del Maestro Marco Severi, oggi protagonista di un nuovo allestimento de La Traviata.

Il 28 luglio lo dirigerà all’aperto, in Piazza del Campo a Siena, dove l’opera torna dopo oltre vent’anni di assenza, trasformando uno spettacolo in una delle produzioni più attese della stagione estiva.

Ex primo violoncello dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino – ruolo ricoperto per tre decenni – Severi ha progressivamente affiancato alla carriera da strumentista quella da direttore, guidando orchestre in Italia e all’estero, con particolare attenzione al repertorio lirico e sinfonico.

La rappresentazione de La Traviata in Piazza del Campo non è solo un appuntamento culturale, ma un momento simbolico. È il ritorno della lirica nel cuore civico delle città, uno spazio che storicamente ha ospitato riti collettivi, civili e spirituali, e che oggi si riapre al gesto artistico come forma di partecipazione. Non un contenitore scenico, ma un luogo vivo, dove arte e comunità possono tornare a dialogare. Per Severi, dirigere in una cornice come questa è anche una forma di responsabilità:

«Dirigere in piazza – dichiara – restituisce dignità al suono. Portare l’opera fuori dai teatri non significa ridurla, ma ricondurla al centro della vita pubblica. Dove è nata, e dove dovrebbe tornare.»

È un’idea di musica che va oltre l’esecuzione tecnica: un atto civile, un invito a riscoprire la bellezza come bene comune. Un gesto che ha a che fare con il contesto, con le persone, con ciò che si vuole trasmettere davvero. In quest’ottica, il ruolo del direttore non si esaurisce nell’atto visibile, ma continua nel rapporto con l’orchestra e con chi ascolta. È lì che si gioca tutto: nel rendere possibile un tempo e uno spazio per la piena percezione della musica.

Una visione che si traduce nella pratica quotidiana: la direzione orchestrale, per Severi, non è mai un esercizio di controllo. Al contrario: è un lavoro sulla relazione. Un equilibrio che si costruisce prova dopo prova, senza forzature, lasciando che la musica fluisca dal confronto. È una concezione non gerarchica del podio, che chiama in causa la responsabilità di ciascun musicista e valorizza l’ascolto reciproco.

«La musica emerge dal confronto, non dall’imposizione – spiega -. Il direttore deve facilitare, non dominare.»

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Lo stesso principio guida il suo rapporto con il pubblico. Spesso considerata distante, la musica classica va restituita come linguaggio vivo, umano. E per farlo, servono esperienze effettive, non operazioni di facciata.

«C’è bisogno di accorciare le distanze – conclude Severi –. Ma con contenuti, non con scorciatoie. La musica classica ha ancora molto da dire. Ma va fatta vivere con strumenti adeguati, senza mediazioni superflue.»

Negli ultimi due anni, secondo recenti osservatori, l’interesse degli under 35 verso la musica classica è cresciuto del 15%. Inoltre, da un’indagine condotta dal Royal Philharmonic Orchestra ("The evolution of the orchestral audience in the digital age", Marzo 2024), il 65% degli under 35 la ascolta regolarmente, superando gli over 55 (57%) e confermando una partecipazione giovanile in crescita. Una tendenza che intercetta il lavoro di chi – come Severi – punta a recuperare il rapporto con le nuove generazioni, non con strategie d’immagine e artifici comunicativi, ma con contenuti, qualità e coerenza.

Alla fine di ogni concerto, il Maestro Severi saluta i presenti con una frase semplice: “Da cuore a cuore”. Una citazione legata alla Missa solemnis di Beethoven, in cui il compositore annotò sul manoscritto: «Vom Herzen – Möge es wieder – zu Herzen gehen» (“Dal cuore possa tornare al cuore”).

Non è un vezzo, ma un modo per richiamare alla musica la sua accezione originaria: passaggio, esperienza condivisa, linguaggio che unisce – prima ancora che esibizione.

Accanto all’attività trentennale al Maggio Musicale, Severi ha diretto titoli come NabuccoElisir d’amoreToscaDon GiovanniLa Bohème, lavorando con orchestre quali l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, l’Orchestra della Città di Grosseto, i Solisti del Maggio e l’Orchestra Maderna. Ha collaborato con registi come Grisha Asagaroff e si è esibito in teatri quali il Goldoni di Livorno, il Sociale di Rovigo, il Verdi di Lucca, Torre del Lago, Cortona, Piombino.

Dopo vent’anni, l’opera torna in piazza. Ma ancor di più, torna l’idea che la cultura appartiene a chi la vive, e che la musica non ha bisogno di barriere per arrivare – da cuore a cuore.

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Biografia.

Dopo trent’anni come primo violoncello solista nell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, Marco Severi ha affiancato all’attività strumentale quella di direttore d’orchestra, dando vita a un percorso artistico che unisce rigore musicale e apertura al dialogo. La sua carriera lo ha portato a dirigere concerti sinfonici e opere liriche in Italia e all’estero, collaborando con teatri e orchestre come il Maggio Musicale Fiorentino, l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, l’Orchestra della Città di Grosseto, i Solisti Fiorentini, l’Orchestra di Stato Rumena e l’Orchestra Maderna di Forlì. Negli anni ha diretto titoli del grande repertorio operistico – da “Nabucco” a “L’elisir d’amore”, da “Tosca” a “Don Giovanni” e “La Bohème” – lavorando con registi di fama internazionale come Grisha Asagaroff e cantanti del calibro di Valentina Boi, Samuele Simoncini, Giorgio Casciarri e Pedro Carrillo. Tra i progetti più recenti, spiccano la direzione di “Tosca” a San Miniato e Piombino, con oltre 1.200 spettatori, e il ritorno dell’opera lirica in Piazza del Campo a Siena dopo vent’anni di assenza, con una memorabile “Traviata” che ha riportato la grande musica nel cuore civico della città. La sua visione artistica parte da un’idea precisa: restituire alla musica il ruolo di linguaggio condiviso, capace di abbattere le barriere tra palcoscenico e pubblico, e di riavvicinare le nuove generazioni alla musica classica non attraverso artifici comunicativi, ma con qualità e autenticità. Per Severi, la direzione d’orchestra è un lavoro sulla relazione: un equilibrio che si costruisce prova dopo prova, dove la musica nasce dal confronto e dall’ascolto reciproco, e il podio non è un luogo di dominio, ma di responsabilità condivisa.

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