Matteo Alberto Sabatino a Fattitaliani: la narrativa italiana contemporanea si sta adattando alla serialità audiovisiva. L'intervista



Matteo Alberto Sabatino - scrittore, comunicatore e critico cinematografico nato a Salerno - vince il Premio Franz Kafka Italia® alla Immaginazione, conferitogli dal Comitato del Secondo Umanesimo Italiano istituito in seno all’Accademia Italiana per l’Analisi del Significato del Linguaggio.

Nella motivazione si legge: 

[...] creativo, dotato di immaginazione fervida applicata nell'ambito di vari settori culturali, scrittore di romanzi pluripremiati, Matteo Alberto Sabatino è studioso che dà molto generosamente il proprio contributo per la diffusione della cultura cinematografica e letteraria.

Sabatino, già giurato ufficiale della 75ª edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (sezione Classici) e autore pluripremiato (Premio Nazionale di Narrativa "V. Gentile", Premio Internazionale "V. Crocitti", Premio "Letteratura" dell'Istituto Italiano di Cultura di Napoli), commenta:

«Esprimo un sentimento di viva gratitudine nei confronti del Comitato e della sua Presidente i quali, attribuendomi questo pregiatissimo riconoscimento, mi confortano e gratificano. Sono moderatamente convinto che lo scopo più sotterraneo e insieme nobile di una premiazione di tale caratura sia aprire uno spazio che toccherà al premiato riempire, lasciare un interrogativo a cui egli dovrà dar risposta. Non potrei desiderare pungoli migliori per il mio avvenire.» Fattitaliani lo ha intervistato.

Da critico cinematografico e scrittore, come si alimentano a vicenda la sua passione per il cinema e la scrittura letteraria?
Più che alimentarsi a vicenda, direi che dialogano e si corteggiano fino a diventare, insieme, il frutto di un unico seme.


Nel suo primo romanzo, il protagonista Valerio è ossessionato dall’immagine e legato indissolubilmente all’immaginazione. Cosa l’ha ispirata a creare un personaggio così legato al mondo visivo?
Valerio Aneppi è un uomo che non cambia, esattamente come le foto che scatta. Perso nell'analisi di se stesso, si sogna diverso. Non è sbagliato sostenere che lui, nonché il romanzo nella sua interezza, sia la prima fioritura di quella semina di cui le dicevo un attimo fa.
Il titolo stesso - “Il proiettore delle memorie” - rimanda a un dispositivo che proietta immagini: può spiegarci il legame tra memoria e visione nella sua narrazione?
Valerio scopre l'esistenza di una sala cinematografica in cui si proiettano i ricordi di chi riesce ad accedervi. Ha centrato il cuore del romanzo, la ringrazio; da un punto di vista privilegiato, ossia la poltrona di un cinema, Valerio può riguardare i propri sospesi sullo schermo e indagare sulla ragione per cui esiste un simile posto.

Quanto ha contato per lei il tema dell’eredità (familiare, sociale, identitaria) nella scelta del titolo "Madre tela"?
Abbastanza. Anche in questo libro c'è una forte componente di magia: un dipinto prende vita. È dunque l'artista a partorire l'opera oppure il contrario? Ti confesso che non l'ho ancora dipanata questa matassa. Il tema dell'eredità mi è molto caro, ma più nell'ottica del dare che in quella del ricevere.
Il personaggio di Barnabas, un gatto dagli “occhi ramati”, e la figura di Vulna appaiono come elementi simbolici. Quale funzione svolgono nello sviluppo del protagonista?
Barnabas, lo ammetto, è un pretesto. Avevo bisogno di un personaggio secondario ma muto per permettere a Vittorio Chiria, il protagonista, di esprimere a voce alta i propri pensieri senza farlo sembrare fuori di testa. Vulna, invece, è la co-protagonista. 
Entrambi i suoi romanzi fanno largo uso di simboli (proiettore, tela, animali, figure religiose). Come nasce il suo linguaggio simbolico, quanto segue un progetto e quanto scaturisce spontaneo?
Più vado avanti in questa esperienza scrittoria, più capisco cosa Moravia intendesse quando gli chiesero se lui avesse fede. Rispose di no. Aggiunse che aveva compreso di non avere fede, in senso spirituale, quando si è voltato per comprendere, a posteriori, la propria opera omnia. Io, invece, ho capito di avere fiducia in qualcosa che non so definire. Il simbolismo mi aiuta a tirarla fuori. Sulla questione spontaneità/progettazione? Direi che la proporzione è 30%-70%.
C’è una cifra stilistica o un tema che intende far emergere nel suo lavoro letterario futuro, un filo conduttore tra romanzi diversi?
Se ne "Il proiettore delle memorie" e in "Madre tela" l'immagine è il perno della narrazione, nel nuovo scritto la parola sarà protagonista a tutti i livelli.
Lei è anche critico cinematografico: come influisce questo sguardo critico visivo sulla sua costruzione narrativa? Si sente influenzato da registi o correnti cinematografiche particolari?
Be', influisce enormemente, inutile girarci attorno. Coltivo un'idiosincrasia per il superfluo, sa? Se devo pensare a un film perfetto in questo senso, la testa va a "Frenzy" di Hitchcock, una pellicola in cui dal punto di vista autoriale niente, ma davvero nulla, è lasciato al caso. 
Dopo Il proiettore delle memorie e Madre tela, quale sarà la sua prossima sfida narrativa? C'è un nuovo romanzo in gestazione o un progetto saggistico?
C'è un nuovo romanzo in attesa di pubblicazione, probabilmente nel 2026. Il titolo non posso svelarlo.

Lei ha detto: “lo scopo… è aprire uno spazio che toccherà al premiato riempire”: che spazio incolmabile spera di lasciare nei suoi lettori?
Non ho questa pretesa. Intendevo dire che sarà mia la responsabilità di dimostrare che questo premio è finito nelle mani giuste. Sui lettori? Vorrei che chiudano i miei romanzi con addosso la sensazione di avere più domande di quante ne avevano prima di acquistarlo.
Ha mai immaginato di trasformare uno dei suoi romanzi in sceneggiatura, dato il suo background nel cinema?
Naturalmente sì. È un obiettivo a medio termine.
Cosa la spinge a scrivere proprio oggi, in un’epoca dominata da social e narrazioni istantanee?
Voglio capire in cosa credo, come le spiegavo. Ho fede, sì, ce lo siamo detti. Ma è il cosa che mi manca.
Come vede, da scrittore, il panorama della narrativa italiana contemporanea?
Si sta aprendo, a mio avviso, a nuovi stili e linguaggi. Un esempio? Si sta adattando alla serialità audiovisiva. E non è affatto, io credo, un male.


Fattitaliani

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