TUTTA LA GENIALITÀ DI PATRONI GRIFFI NEL SUO PERSONE NATURALI E STRAFOTTENTI

 


di Mariano Sabatini

Venti anni fa se ne andava uno degli artisti più eclettici e geniali del nostro ormai avvilente panorama culturale. Avvilente per omologazione e pavidità. Nel dibattito intellettuale, con Pierpaolo Pasolini e Carmelo Bene e poi Aldo Busi e Pier Vittorio Tondelli, Giuseppe Patroni Griffi seppe interpretare ed esprimere,  in forma seducente, un punto di vista sempre eccentrico, spesso scandaloso per la mortificante morale comune cui si opponeva, dando voce a chi si sarebbe voluto silente, umiliato, appartato, nascosto.

Il suo immaginario attinge al dramma per mostrarlo nelle sue surreali pieghe tragicomiche. In teatro, nella declinazione vernacolare o meno, facendo seguito a Eduardo De Filippo e imitato nella lezione da Annibale Ruccello, seppe rinnovare temi e allestimenti di una drammaturgia di violenta attrattiva. Un imprescindibile caposcuola, mente fulgida, di insopprimibile originalità. Allievo di Luchino Visconti, diresse film (Il mare, Metti una sera a cena, Divina creatura), scrisse  sceneggiature, pièce, romanzi, si occupò di regie liriche, anche per la Rai.

In questo ventennale dalla morte, l’Associazione  Altra scena ha riproposto  - a Roma al Teatro Off Off di via GiuliaPersone naturali e strafottenti con Marisa Laurito, Giancarlo Nicoletti, Guglielmo Poggi e Livio Beshir (non ottimamente sostituito nelle ultime repliche). Un testo moderno, caratterizzato dal disinvolto, provocatorio, a tratti brutale dialogare dei quattro personaggi in scena, scritto nel 1973. A questa composizione drammaturgica fece seguito (anche se scritto in precedenza) il bellissimo romanzo Scende giù per Toledo, con lo stesso personaggio del travestito. 

Ambientato a Napoli, con nulla di oleografico, tradizionale o folclorico, se si esclude il dialetto a cui fa ampio ricorso, nella fattispecie per le due protagoniste, donna Violante e il travestito chiamato Mariacallàs, Persone naturali e strafottenti diverte, indigna, commuove, trascina.  Nell’ultima notte dell’anno, a casa di donna Violante (una Laurito assai disinvolta sul palcoscenico, più carnale rispetto alla storica interpretazione di Pupella Maggio), ex cameriera di bordello, si danno convegno due uomini abbordati da Mariacallàs per trascorrere il capodanno a letto. Giancarlo Nicoletti, anche regista di questa agile messa in scena, indossa magnificamente, con passaggi ad alta temperatura emotiva e il giusto istrionismo, i panni colorati di quello che donna Violante chiama “armafrodito”. Uomo e donna, femmina in modo iperrealista, bramoso di fare della sua perversione, della sua urlata diversità, un’opera d’arte, come afferma a un certo punto in polemica con il giovane omosessuale borghese che si camuffa, che si nasconde e dissimula. Pagando, come contrappasso, con una lacerazione anche fisica, emorragica, l’inseguimento della felicità, più raccontata che reale. Più fisica, effimera, che interiore, perché – glielo dice il “nero non bello” (così recita la didascalia) – chi cerca solo sesso, illudendosi oltretutto di trovare altro, è in realtà un reazionario.

L’appartamento miserevole di donna Violante, nella sospensione illusoria scandita dai fuochi d’artificio: guarda caso, il fuoco e l’artificio della naturalezza e della strafottenza evocati dal titolo e spesso in drammatica, luttuosa opposizione; l’appartamento affittato a ore, dicevamo, diviene antro dell’inferno, ring di composite solitudini, emarginazioni e sopportazioni, ma al contempo preziosa capsula del tempo, per restituirci l’eterno duello tra chi vive e chi si mostra, tra chi aderisce al proprio sé e chi se lo costruisce, lo inventa e lo indossa, fosse solo per chiedere al mondo l’approvazione o il permesso di esistere. Donna Violante, Mariacallàs, il giovane Fred e il suo amante nero Byron, che odia chi gli si offre essendo stato allevato in quell’odio, si scontrano nella pretesa di volere di più, senza saperlo chiedere, deprivati nel nucleo eppure condannati a vagare nella coazione a ripetersi. Applausi, tanti applausi meritati.      

 


Fattitaliani

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