Angela Caputo presenta il romanzo storico “Bianca vestita di nero”. L'intervista

 


Angela Caputo, scrittrice e docente di lettere, si racconta e ci parla del suo romanzo storico… | INTERVISTA di Andrea Giostra.

«La bellezza è avere il coraggio di esprimere il proprio sentire nonostante le circostanze reali mettano di fronte ostacoli, anche a costo della propria vita.» Angela Caputo

Ciao Angela, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori che volessero sapere di te quale scrittrice?

Grazie per l’opportunità di questa intervista. Mi presento. Sono un’insegnante di Lettere, fin da bambina ho avuto la passione per la scrittura e la lettura. Dopo il liceo ho svolto attività di editor, correttrice bozze, ghost writer e giornalista per testate locali e in collaborazione con altri autori. Durante l’università però ho dovuto trascurare la scrittura per ovvi motivi di studio, poi ho intrapreso altre strade… Adesso spero di continuare l’attività da sola per chi avrà il piacere di leggermi. 

Chi è invece Angela Donna al di là della sua passione per la scrittura, per la letteratura, per la lettura? Cosa puoi raccontarci di te e della tua quotidianità?

Nella mia quotidianità sono sempre di fretta, divisa tra lavoro, casa, impegni, ma trovo il tempo per dedicarmi a ciò che mi piace, cioè la cucina, le passeggiate immerse nella natura, il make-up, le serie tv e i programmi di approfondimento.

Qual è il tuo percorso accademico, formativo, professionale ed esperienziale che hai seguito e che ti ha portato a fare quello che fai oggi nel vestire i panni di scrittrice?

Fin dai tempi del liceo frequentato in Sicilia, avevo il pallino della scrittura che ho proseguito con collaborazioni giornalistiche. Poi è arrivata l’università e la scuola di specializzazione, pur studiando ho mantenuto la scrittura. Sembrerà strano ma ho sempre scritto, anche gli appunti delle lezioni, cercando sempre la forma e sintassi corrette. Ancora oggi durante le riunioni sono abituata a prendere appunti, è un esercizio che consiglio a chi volesse intraprendere l’esperienza di scrittore. Infatti vado in giro col block notes e la penna, anche se il percorso vero e proprio di scrittura è partito anche dalla lettura. Leggere libri oltre ad aprire la nostra mente è una palestra anche di scrittura. Il rapporto con la scrittura quindi è quasi linfatico. Svolgendo il lavoro di insegnante punto sempre tutto sulla scrittura e lettura che vanno di pari passo. Nel mio quotidiano trovo sempre un ritaglio di tempo per scrivere e annotare anche un pensiero, a volte registro sulle note del telefono se non ho carta e penna a portata di mano e quando mi trovo davanti al pc allora do libero sfogo alle mie storie. 

Come nasce la tua passione per scrittura, per la letteratura e per i libri? Chi sono stati i tuoi maestri e quali gli autori che da questo punto di vista ti hanno segnata e insegnato ad amare i libri, le storie da scrivere e raccontare, la lettura e la scrittura?

Fin da piccola posso dire che ho iniziato col botto, nel senso che ho letto i classici. In particolare uno dei miei primissimi libri fu “Il diario di Anna Frank”, seguito da alcuni mostri sacri della letteratura come Charlotte Bronte, Kafka, Victor Hugo, Italo Calvino, Luigi Pirandello, Giovanni Verga. Tra quelli citati sicuramente Verga e Pirandello hanno dato il maggiore contributo alla mia formazione adolescenziale. A questi vorrei aggiungere anche due dei miei attuali autori preferiti, cioè  Stephen King e Clara Sanchez, che ho letto in una fase matura e che continuo a leggere con piacere.

Tu Angela hai scritto un romanzo storico, “Bianca vestita di nero” (2023). Come nasce questo libro, qual è l’ispirazione che l’ha generato, quale il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quali le storie e le emozioni che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?

Il libro è nato strada facendo… Inizialmente il progetto di Bianca era di diversa natura: doveva essere la storia d’amore travagliata di mia nonna sotto la guerra, ma quando sono andata a cercare su Google testimonianze di sopravvissuti italiani dal campo di concentramento di Dachau in Germania partiti dai centri di raccolta italiani… Beh, non so cosa sia successo all’interno del motore di ricerca: mi sono ritrovata davanti il sito web del Campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia, di cui così ho scoperto l’esistenza. Tra l’altro pare che avesse lo stesso architetto di Dachau. In questo modo ho preso coscienza di una lacuna nei nostri libri di storia scolastici: si parla solo dei campi tristemente famosi all’estero, eppure ci sono stati anche in Italia, per fortuna in modalità diverse. Non erano macchine di sterminio ma luoghi di prigionia e qualcuno purtroppo anche luogo di transito. “Bianca vestita di nero” è un romanzo definito ibrido, cioè a metà tra il genere storico e rosa. È ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale a Tarsia (Cosenza), in Calabria, durante l’estate del 1942, all’interno del campo di concentramento fascista di Ferramonti, dove sono internati gli ebrei stranieri arrestati in Italia subito dopo le leggi razziali emanate da Mussolini nel 1938. La storia inizia con l'imminente visita nella provincia di Cosenza del Duce e dell’ispezione al campo di concentrazione da parte della delegazione fascista e nazista. Il podestà, già impegnato col partito, nomina la nipote Bianca, appartenente alla gioventù mussoliniana fin da bambina, come sua fiduciaria e le assegna il delicato compito di organizzare l'accoglienza per gli ufficiali delle SS e di infiltrarsi, sotto le mentite spoglie di dama di carità, all’interno del campo di concentramento, al fine di destituire il comandante accusato di essere un anti fascista e amico degli ebrei. Bianca però nasconde qualche segreto dietro la sua divisa del fascio femminile: un fidanzato anti fascista al fronte, la migliore amica ebrea e una famiglia che sotto banco aiuta gli internati di Ferramonti. Il suo ingresso al campo le stravolgerà la vita: incontrerà un'umanità varia, l'accoglienza delle donne ebree nelle baracche, il maestro degenerato e censurato dai nazisti  Michel Fingesten e soprattutto lui, il medico tedesco ebreo, Goran Jacowitz. Tra i due nascerà un amore travolgente e illegale per le leggi razziali in vigore. Questo romanzo rende soprattutto omaggio agli internati di Ferramonti, il primo campo di concentramento della storia a essere liberato (dopo l’8 settembre del 1943, cioè esattamente 80 anni fa) e l’ultimo a essere chiuso nel 1945 dopo aver svolto la funzione di raccolta profughi. Le testimonianze lo ricordano come luogo di salvezza per chi è riuscito a scampare alle destinazioni tristemente note. In realtà ci sono luci e ombre su Ferramonti, sia per quanto riguarda la vita non facile degli internati sia per il popolo calabrese che ha svolto un’opera di volontariato nei riguardi dei prigionieri 

Chi sono i destinatari del tuo romanzo? A chi hai pensato mentre lo scrivevi?

Mentre scrivevo, pensavo che il romanzo fosse rivolto a un pubblico adulto considerate le tematiche trattate. Invece dopo la pubblicazione mi sono ritrovata consensi e richieste di acquisto anche da giovani e adolescenti sotto i 18 anni. La cosa più sorprendente è stata trovarmi di fronte a giovanissimi lettori come mio nipote di 10 anni e altri ragazzini di prima media, interessati alle tematiche della guerra.

Una domanda difficile, Angela: perché i nostri lettori dovrebbero comprare “Bianca vestita di nero”? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per acquistarlo.

Di recente è scoppiata la guerra tra Hamas e Israele. Una situazione, questa, che fornisce un motivo in più per leggere "Bianca vestita di nero" e approfondire la lotta per la sopravvivenza del popolo ebraico. Non sono eventi accaduti solamente 80 anni fa. Purtroppo, come possiamo vedere, la storia si ripete! Quindi vale la pena fare un confronto tra passato e presente, conoscere la resistenza e la resilienza del popolo ebraico e riflettere sul fatto che non bisogna dimenticare quanto accaduto onde evitare che tutto possa ripetersi.

C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutata a realizzare quest’opera letteraria? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?

Ringrazio i miei colleghi di lavoro che mi hanno aiutato a reperire materiale per le fonti storiche, in particolare la professoressa Francesca Alario, che è stata determinante e preziosa per la parte sull’antifascismo napoletano. Un grazie anche a Paolo Brieda, responsabile ANED ETS (associazione nazionale dei deportati), che mi ha fatto entrare virtualmente nei campi fascisti italiani e mi ha fornito informazioni e testimonianze sulla vita nei campi di concentramento. Ringrazio anche la professoressa Monica Pelloia, insegnante di religione cattolica, per avermi chiarito aspetti in tema di ebraismo. Rivolgo un grazie particolare anche ai coniugi Salvatore Caruso e Sabrina Cassano, cosentini doc, che mi hanno informato su Cosenza e in particolare sul dialetto locale. Un grazie anche al poeta Massimo Zecca per il dono di una delle sue poesie presenti all’interno del romanzo. Infine vorrei proprio ringraziare i lettori che si sono appassionati ai miei personaggi, sono loro i veri protagonisti!


«… mi sono trovato più volte a riflettere sul concetto di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in proposito quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.”»
(Umberto Eco, “La bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la bellezza? La bellezza letteraria, della poesia e della scrittura in particolare, la bellezza nell’arte, nella cultura, nella conoscenza… Prova a definire la bellezza dal tuo punto di vista. Come si fa a riconoscere la bellezza secondo te?

La bellezza, a mio avviso, non va legata a un discorso puramente estetico. Nemmeno nell’arte esiste la bellezza nel senso del bello artistico. Nel romanzo a tal proposito cito un artista degenerato, Michel Fingesten, arrestato e internato con l’accusa di “artista degenerato”. In quel periodo maledetto della Seconda Guerra Mondiale tanti intellettuali avevano subito ogni forma di censura, finendo i loro giorni nei campi di concentramento. Uno di questi è proprio Fingesten, che in “Bianca” diventa l’emblema dell’artista che continua la sua attività nonostante la prigionia, come accadde ad Anna Frank che di nascosto scriveva il suo Diario, come avvenne a Irene Nemirosky che non concluse di scrivere “Suite Francese” perché fu prelevata da un ufficiale delle SS e spedita al campo di concentramento. La bellezza è avere il coraggio di esprimere il proprio sentire nonostante le circostanze reali mettano di fronte ostacoli, anche a costo della propria vita. 

… come si fa a riconoscere il vero talento in uno scrittore dei nostri giorni? Quali sono gli elementi che ci fanno capire che stiamo leggendo uno scrittore di talento e non un semplice artigiano della scrittura che riesce a scrivere semplicemente “cronaca letteraria” e non “vera letteratura”?

Non è facile rispondere a questa domanda, perché un romanzo può appassionare tanto pur non avendo in sé chissà quali messaggi significativi. Ci sono trame che catturano proprio per la storia che raccontano e sono stravendute solo per quello. Un esempio è “Cambiare l’acqua ai fiori”, tra pareri discordanti è uno dei libri più venduti in questi anni. Eppure la storia in sé non ha nulla di eclatante e personalmente non mi è nemmeno piaciuta, perché a metà libro lo avrei volentieri lanciato da qualche parte quando ho scoperto chi era la persona defunta a cui la protagonista cambiava i fiori.

«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes in “Il discorso del metodo”, Leida, 1637). Qualche secolo dopo Marcel Proust dice invece che: «La lettura, al contrario della conversazione, consiste, per ciascuno di noi, nel ricevere un pensiero nella solitudine, continuando cioè a godere dei poteri intellettuali che abbiamo quando siamo soli con noi stessi e che invece la conversazione vanifica, a poter essere stimolati, a lavorare su noi stessi nel pieno possesso delle nostre facoltà spirituali. (…) Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed., Firenze-Antella, 1998, p.30). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere un libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto, come dice Cartesio, oppure è “ricevere un pensiero nella solitudine”, ovvero, “leggere sé stessi” come dice Proust? Dicci il tuo pensiero…

A mio parere, per come vivo la lettura io, l’incontro con il libro è un modo per leggere sé stessi, come dice Proust, il grande maestro della Madeleine, la lettura è evocativa. Da lui ho appreso questo grande dono: per leggere non occorrono solo gli occhi ma anche tutti gli altri sensi. Quando un autore ti prende a livello sensoriale con la descrizione di un dolce o di un profumo o di una essenza o anche una scena d’amore o di sesso descritta in modo realistico, si è davvero l’impressione di gustare quel dolce, indossare quel profumo o vivere quell’incontro d’amore. Ecco per me, se riesco a leggere un libro vivendo tali esperienze sensoriali, allora posso dire che ho dialogato con l’autore che ha forgiato in me qualcosa di indimenticabile.

Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato significativamente nella tua vita professionale e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che avrai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?

Un grazie va alla mia famiglia che mi ha sostenuta nella lettura di libri, acquistandoli tra i beni di prima necessità. Tuttora acquisto sempre libri, forse un giorno finirò di leggerli tutti ma sono stati la mia compagnia in tutti i momenti della mia vita, belli e brutti. E un grazie devo dirlo anche a mio marito che è stato molto persuasivo nel consigliare di prendere la penna e scrivere: io ero titubante ma lui mi ha dato tanto forza. Se non fosse stato per la sua insistenza, forse oggi Bianca non ci sarebbe.

Ci parli dei tuoi imminenti e prossimi impegni culturali e professionali, dei tuoi lavori in corso di realizzazione? A cosa stai lavorando in questo momento? In cosa sei impegnata che puoi raccontarci?

Ho intrapreso un nuovo percorso in una web radio in cui intervisto autori e parlo di tante tematiche, poi ho continuato a scrivere racconti. In fase di realizzazione ci sono due romanzi già iniziati: il sequel di Bianca e un romance sul genere chick lit.

Dove potranno seguirti i nostri lettori?

Possono seguirmi su Facebook sia nel mio profilo Angela Caputo che sulla pagina Facebook aperta da poco Angel Life Writer e anche su Instagram Angel_Life_Writer

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa intervista?

Ringrazio tutti coloro che leggeranno questa intervista e li invito a seguirmi sui social. Mi piacerebbe che lasciassero un feedback, non importa se non hanno letto Bianca. Le considerazioni dei lettori e di chi ci segue sono molto importanti per migliorare e dare sempre il massimo. Grazie a tutti!

Angela Caputo

https://www.facebook.com/angela.caputo.56

 

Il libro:

Angela Caputo, “Bianca vestita di nero”, Atile ed., 2023

https://amzn.eu/d/9m39hs0

 

 

Andrea Giostra

https://www.facebook.com/andreagiostrafilm/ 

https://andreagiostrafilm.blogspot.it 

https://www.youtube.com/channel/UCJvCBdZmn_o9bWQA1IuD0Pg

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