Nato dalla collaborazione tra la raccolta museale GASC | Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei e Isorropia Homegallery (associazione culturale no profit), Innesti 2023 costituisce il terzo appuntamento annuale dedicato a giovani artisti che si confrontano col tema del sacro: fino al 15 ottobre 2023 presenta le opere di Daniele Accossato, Anna Caruso, Federica Zianni e Giusto Pilan. La mostra è allestita all’interno del percorso museale nelle sale di Villa Clerici a Milano. Ognuno dei quattro artisti espone una o due proprie opere in dialogo con i dipinti e le sculture della collezione permanente. Fattitaliani oggi intervista Giusto Pilan.
Qual è stato il suo primo approccio personale all’arte?
Due opere di grandi dimensioni:
1) dettaglio da “la conversione di San Paolo” tecnica mista su carta incollata su tela 200x210cm,2022
Opera del Caravaggio
2) dettaglio da “la Pietà” tecnica mista su carta incollata su tela,286x200cm,2022
Opera di Rosso Fiorentino
3) da “ritratto del Cardinale Alessandro Farnese” tecnica mista su legno,100x70cm,2023.
Opera del Tiziano.
Il motivo ispiratore è il mio interesse o meglio dire la mia passione verso lo studio della storia dell’arte e in particolare l’opera dei grandi maestri italiani dal Rinascimento in poi. Nel mio modestissimo fare artistico ho cercato di confrontarmi attraverso lo studio di alcune opere e in particolar modo quelle del Caravaggio. Ho realizzato così una serie di 8 quadri di grandi dimensioni incentrati su alcuni dettagli di opere del maestro. Non è certo una sfida bensì un percorso per me obbligato per approfondire il mio approccio artistico in rapporto all’arte del passato.
La tecnica che utilizzo (per esempio nel ritratto del cardinale) è a base di polvere di marmo e cera, che attraverso la combustione sciolgo nel supporto del quadro e mescolo con i pigmenti ad olio, creando così un effetto materico all’opera. Nelle opere più grandi su carta ho utilizzato i colori ad alcool mescolati ai pigmenti ad olio e carboncino.
Perché ha portato queste opere a rappresentare il suo lavoro?
Personalmente che concezione ha dell’arte? Come la vive?
«C'è un quadro di Klee che si chiama Angelus Novus. Vi è rappresentato un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da qualcosa su cui ha fisso lo sguardo. I suoi occhi sono spalancati, la bocca è aperta, e le ali sono dispiegate. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Là dove davanti a noi appare una catena di avvenimenti, egli vede un'unica catastrofe, che ammassa incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e riconnettere i frantumi. Ma dal paradiso soffia una bufera, che si è impigliata nelle sue ali, ed è cosi forte che l'angelo non può più chiuderle. Questa bufera lo spinge inarrestabilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre cresce verso il cielo il cumulo delle macerie davanti a lui. Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera»: questo è l'angelo della storia con gli occhi rivolti alla memoria del passato e le sue ali non si possono chiudere, come trascinate da un vento tempestoso e inarrestabile verso il futuro.
In questa immagine di pensiero l'angelo è un'intelligenza che ha visione d'insieme e coscienza della catastrofe, a differenza degli umani e dei contemporanei resi ottusi dalla narrazione del progresso. Il rivolgersi al passato coincide con il «cogliere il nesso tra catastrofe e redenzione e dunque permettere l'individuazione del principio di catastrofe come luogo generativo di una nuova identità»
Rapportarsi alla storia è «connettere al presente le possibilità interrotte nel passato e riammetterle come strumenti per un futuro possibile: conoscere la storia è "impossessarsi del passato", ovvero saperlo tradurre in atto politico. In questo senso riscattarlo» (Bidussa).
E con il sacro?
Il sacro pervade la mia opera in quasi ogni manifestazione perché, nella mia concezione laica, è il soffio vitale che mi permette il raggiungimento della creazione artistica. Giovanni Zambito.