Rimasta incompiuta, non è così frequentemente rappresentata anche per le oggettive difficoltà di portarla in scena.
Non è infatti un'opera nel tradizionale senso del termine, bensì un'opera-teatro affatto inquadrabile in un genere specifico.
Musica e racconto non procedono di pari passo. A volte si sovrappongono, a volte scorrono in parallelo, legate e allo stesso tempo e indipendenti l'una dall'altro.
Nell'Inghilterra del tardo XVII secolo l'opera barocca era una sorta di laboratorio dove più discipline e prospettive interagivano. Una mescolanza di recitazione, canto e danza.
The Indian Queen si presenta come un dramma eroico caratterizzato da dialoghi poetici, eroine ed eroi che agiscono in ambientazioni esotiche.
La lotta per il potere, il contrasto fra amore e senso del dovere, tra lealtà e tradimento, le complicate relazioni familiari, le manipolazioni sentimentali, scelte opportunistiche e vendette personali fanno di The Indian Queen un mix fra soap come Beautiful e serie alla House of Cards.
La scelta del regista Guy Cassiers ad Anversa ha di fatto tradotto la particolarità del genere dello spettacolo in un continuo richiamo e intreccio fra tre dimensioni.
Una registrazione in costume proiettata sullo sfondo con l'ausilio di grandi foto-video era accompagnata dalla recitazione dal vivo degli stessi attori, a cui in più occasioni subentravano i cantanti che sostenevano lo stesso ruolo.
Una soluzione che permette di gestire le difficoltà proprie dell'opera, di animarla, di modernizzarla e renderla attuale nel messaggio che trasmette parlando di soprusi, angherie, relativismo culturale, potere, sottomissione, ragion di Stato.
Bravissima Emmanuelle Haïm direttore d'orchestra.
Il 21 e 22 aprile The Indian Queen farà tappa a Lussemburgo, al Grand Théâtre.
Foto ©Frederic Lovino