Proscenio, Alessandro Giova e "Alie(ni)nati" la sua quasi opera prima. L'intervista di Fattitaliani

Dopo aver vinto il Premio come miglior spettacolo e il Premio della Giuria al concorso “Autori nel cassetto, attori sul comò”, debutta al Teatro degli Audaci di Roma, dal 17 al 19 settembre, Alie(ni)nati(*), spettacolo scritto e diretto da Alessandro Giova, che già dal titolo, un gioco di parole che può essere letto sia come Alieni Nati, sia come Alienati, esprime la condizione di sentirsi “Alieno”, ovvero talmente disillusi da non sentire questo mondo come nostro. Dall’altra invece esserne parte, ma nutrire il desiderio di staccarsene e in qualche modo eliminare se stessi da un mondo di cui sentiamo di essere ospiti scomodi. L'autore ne parla a Fattitaliani nell'intervista per Proscenio.

Alie(ni)nati in che cosa si contraddistingue rispetto ad altri suoi testi?Sicuramente si distingue per essere il mio primo vero testo compiuto. Alie(ni)nati è quasi un'opera prima. In realtà scrissi un altro testo nel 2018, "Match", per un festival estivo. Il testo era molto embrionale e aveva bisogno sicuramente di essere approfondito, allargato, ritoccato. Cosa che non è mai avvenuta. 

Quale linea di continuità, invece, porta avanti?
Quasi tutti i personaggi che ho creato sono distaccati dalla realtà, vivono in un mondo tutto loro, si rinchiudono dentro una bolla fatta di idee proprie sulla vita, le relazioni, la realtà. Ed anche se provano a romperla, alla fine preferiscono restare là dentro. Le loro evoluzioni hanno la traiettoria di un boomerang, tornano spesso e volentieri al punto iniziale. Un altro tratto comune è che in entrambi i testi i personaggi femminili sono sempre più forti di quelli maschili. 
Com'è avvenuto il suo primo approccio al teatro? Racconti..
Fu durante uno scambio culturale che feci in quarto superiore con una scuola di Toledo, Spagna. La ragazza della quale ero ospite lavorava come maschera in teatro nei fine settimana e mi portò con lei. Vidi una commedia dal titolo "Madre hay una sola, por fortuna". Mi piacque moltissimo. Quando tornai a Roma, vidi che a scuola organizzavano un laboratorio pomeridiano di teatro e sull'onda dell'entusiasmo decisi di partecipare. 
Quando scrive un testo nuovo può capitare che i volti dei personaggi prendano man mano la fisionomia di attrici e attori precisi?
Praticamente sempre. 
È successo anche che un incontro casuale ha messo in moto l'ispirazione e la scrittura?
Certamente. La nostra vita è un continuo di "ci devo fare uno spettacolo". Non sempre però questo avviene. 
Per un autore teatrale qual è il più grande timore quando la regia è firmata da un'altra persona?
Che il regista non veda nel testo le stesse cose che ci vede l'autore. Ma fa parte del gioco, perché ognuno di noi coglie aspetti diversi di uno stesso testo. Dall'autore allo spettatore c'è un lungo processo di filtraggio, ognuno applica il suo personalissimo filtro: regista, attori e infine spettatori. Il testo è uno, ma le possibili letture infinite. 
Quanto è d'accordo con la seguente citazione e perché: "Il teatro è questo: l’arte di vedere noi stessi, l’arte di vedere noi stessi!" di Augusto Boal?
Se sei seduto in platea probabilmente sì. Ma se mi immagino sul palco non mi riconosco con questa frase. Non bisogna guardare lo specchio, bisogna oltrepassarlo. 

Il suo aforisma preferito sul teatro... o uno suo personale...
La calma è la virtù dei Koala. Questa la trovate in Alie(ni)nati
L'ultimo spettacolo visto a teatro?
Sun and Sea al Teatro Argentina. 
Degli attori del passato chi vorrebbe come protagonisti ideali di un suo spettacolo? perché?
Non mi piace fantasticare su ipotesi irrealizzabili. Credo che ci siano moltissimi talenti del presente che andrebbero valorizzati di più. Il passato è di grande ispirazione, ma è un punto di partenza, non un punto di arrivo. Spesso però rischia di diventare un'arma a doppio taglio perché la nostalgia del passato ci fa dimenticare di dare valore al presente. Se proprio dovessi scegliere qualcuno opterei per Nino Manfredi, per la sua duttilità e quel sottile umorismo presente anche nei ruoli drammatici. Per Alie(ni)nati invece farei una scelta stravagante: prenderei Andy Kaufman. 
Il miglior testo teatrale in assoluto qual è per lei?
Non ne esiste uno migliore in senso assoluto. Ce ne sono tanti meravigliosi.
La migliore critica che vorrebbe ricevere?
L'ho già ricevuta e difficilmente verrà superata. "Mi sembra che stasera hai timbrato il cartellino". Sembra una critica negativa, ma i suoi effetti furono positivi. Era un momento abbastanza difficile, venivo da lavori precedenti poco soddisfacenti e questo un po' mi aveva spento. Quella critica è stata una fiammata che mi ha aiutato a capire che dovevo cambiare qualcosa e fare lavori che mi davano soddisfazione. Le critiche sono buone quando sono utili. 
La peggiore critica che non vorrebbe mai ricevere?
Il complimento di circostanza per non farti rimanere male. Purtroppo però è una prassi consolidata. Meglio una sana bastonata di una pacca sulla spalla. 
Dopo la visione dello spettacolo, che cosa Le piacerebbe che il pubblico portasse con sé a casa?
La voglia di rivederlo.
C'è un passaggio, una scena che potrebbe sintetizzare in sé il significato e la storia de "Alie(ni)nati "?
Possiamo sintetizzare con una semplice domanda: "Com'è un mondo giusto?". Giovanni Zambito.

LO SPETTACOLO
Durante la Notte di San Lorenzo, tre amici si ritrovano in un parco e mentre sono in preda ad una sbronza decidono di fondare un partito politico parodistico con l’obiettivo di perdere le elezioni.

“Alieni Nati” è una critica alla società moderna, alla politica, al giornalismo e molti altri aspetti del nostro folle mondo contemporaneo.

Una trama in apparenza surreale, che trae ispirazione dalle stranezze più assurde del nostro mondo. Dai Pastafariani alla colonizzazione di Marte. Tre personaggi (una filosofa/antropologa, un astrofisico autodidatta e un writer) rappresentano 3 grandi caratteri umani: la spinta dell’uomo al continuo progresso, la difesa della Natura e la stoltezza dell’uomo comune, sempre uguale a se stesso qualunque cosa accada. Possiamo ancora pensare di cambiare il mondo, oppure è arrivato il momento di cambiare mondo? Salvare il vecchio o crearne uno nuovo?

Un allestimento brillante e provocatorio, con tratti fantascientifici e distopici, che prova a raccontare le dinamiche di un mondo sempre più in crisi. Una crisi provocata dall’uomo e a cui lo stesso uomo non sa reagire.

“Lo spirito di adattamento che ci ha permesso di piegare il mondo alle nostre esigenze di Homo Sapiens, è andato totalmente perduto”_ annota l’autore, regista e anche interprete Alessandro Giova. “Siamo in balia di noi stessi, incapaci di riequilibrarci tra le molteplici esigenze di individui tutti diversi. La spinta al progresso si scontra con la necessità di conservare, nel mezzo c’è il caos di chi ignora e non si pone il problema, una nuova specie umana, figlia del Sapiens, ma che ne segna forse la fine: l’Homo Demens .” 
Fattitaliani

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