Giovanni Margarone e la dimensione trascendentale della scrittura: “Con i miei romanzi spero sempre di nutrire lo spirito dei lettori”

di Francesca GhezzaniUna penna dallo stile ricercato, personaggi che ti prendono per mano e ti fanno crescere insieme a loro come in ogni romanzo di formazione che si rispetti, temi sempre profondi e di spessore quelli trattati. Questi sono gli ingredienti che caratterizzano lo scrittore Giovanni Margarone e le sue opere.Giovanni, ho cercato di descriverti in poche righe, ma lascio a te il compito di farci capire che tipo di autore sei.
Sono un autore che cerca di scrivere buona narrativa, con profonda umiltà, senza farmi influenzare dalle mode e dalle correnti commerciali. In letteratura bisogna esprimere solo ciò che si sente e cercare di esprimerlo bene. Sono consapevole del fatto che oggigiorno paghi più una narrativa di tendenza, quella che tanti editori ricercano per aumentare i loro profitti, escludendo autori che non potrebbero far raggiungere alle case editrici i loro obiettivi commerciali. Potrei vendermi scrivendo romanzi rosa, erotici, fantasy, generi molto gettonati, sui quali si buttano moltissimi autori, soprattutto esordienti, ma sui quali esprimo molte riserve, in quanto nutro forti dubbi che una narrativa del genere resti un successo nel lungo periodo, a parte le eccezioni s’intende (vedi Harry Potter o il Signore degli anelli che sono ormai quasi dei classici). Per questo io percorro la mia strada e scrivo ciò che più mi è consono, rifacendomi agli scrittori del passato che ritengo siano sempre e comunque i veri e unici maestri.

Sono un autore che vuole scrivere per gli altri, perché diversamente sarebbe un’attività monca, fine a se stessa. Scrivere per essere letti è una grande responsabilità, indubbiamente, ma non potrebbe essere altrimenti, perché ritengo che la scrittura sia il mezzo più efficace per trasmettere sentimenti, emozioni e indurre alla meditazione. Questa interpretazione trascendentale della scrittura mi è assai cara, perché la spiritualità fa parte di noi stessi, lo spirito va nutrito e spero sempre che dai miei romanzi il lettore tragga nutrimento e che faccia suo il messaggio trasmesso attraverso i libri.

È vero: un romanzo non di genere e magari un po’ impegnativo può anche non attrarre, restando di nicchia, ma la platea dei veri lettori l’accetta perché rifiuta di buon grado la letteratura commerciale nel tempo destinata all’oblio. Descrivere la psicologia dei personaggi, le loro vicende e permeare una narrazione con significati profondi non è facile, è necessaria una preparazione di base, quella che negli anni ho acquisito studiando a costo di grandi fatiche. Ed essere scrittori non è facile, perché ci si mette inevitabilmente a nudo essendo esposti a una critica talvolta dura. No, non ci si improvvisa scrittori. Se non avessi raggiunto il giusto momento della maturità per scrivere, non mi sarei imbattuto in quest’avventura, un percorso tutto in salita e pieno di insidie. Non nascondo che in certi momenti avrei voluto gettare via la penna. Solo quando ho avuto riscontri mi sono rincuorato, perché la cartina torna sole era diventata verde. Mi riferisco a quando avevo vinto i primi premi. Lì capii che ciò che scrivevo era di qualità, perché le giurie avevano attenzionato anche i miei romanzi e mi avevano premiato. Un risultato ottimo, perché una certa critica mi aveva giudicato positivamente e ciò mi ha dato un incredibile slancio a non demordere e a proseguire in questa mia avventura. Finora ho ottenuto ventuno riconoscimenti, segno che la narrativa non di genere comunque piace e di questo ne sono più che onorato. Scrivere è una mission di responsabilità e bisogna piacere ai lettori, perché sono loro i fruitori delle tue fatiche.

 


Ci vuoi parlare delle tue opere fin qui pubblicate?

Note fragili, Le ombre delle verità svelate e E ascoltai solo me stesso. Poi c’è Quella notte senza luna che autopubblicai e che adesso sto proponendo in seconda edizione, attualmente questo romanzo è fuori commercio.

“Note fragili” è il mio romanzo d’esordio, la storia di un pianista che parte dalla sua adolescenza. Il protagonista viene travolto dall’ambizione, ma non ha la energia necessaria per raggiungere i suoi obiettivi. Il percorso esistenziale è accidentato e a un certo punto si interrogherà sulla sua vita. Sarà una violinista croata che lo condurrà verso altre partiture esistenziali, facendolo arrivare alla svolta. Questo romanzo ha ottenuto finora questi riconoscimenti:

“1° Posto” al Concorso letterario e fotografico “La voce della Natura: Armonia, Benessere e Spiritualità” 2^ Edizione di Roma 2019;

“Menzione Speciale” finalista al premio letterario “Mino De Blasio” 2019 di San Marco dei Cavoti;

“Segnalazione di Merito” al 10° concorso letterario “Città di Grottammare” 2019;

“Premio Miro Penzo” al 2° concorso letterario internazionale “Gian Antonio Cibotto” 2019 di Rovigo;

“3° Posto al III Concorso letterario nazionale per poeti e narratori” 2019 di Rogliano (CS);

“Finalista all’8° posto Premio Sandomenichino 2020.

“Le ombre delle verità svelate” è invece il romanzo che finora mi ha impegnato di più. Le sue tre vicende umane si intrecciano con un comune denominatore che è che quello della verità. È un romanzo strutturato, non è stato facile intrecciare, ma l’idea di base l’avevo chiara sin dall’inizio. Le verità poi svelate sono anch’esse tre: quella cercata, quella celata e quella non cercata. Il romanzo è come una matassa che si dipana sciogliendosi alla fine con un epilogo sorprendente. In questo romanzo ho dato ampio spazio alle descrizioni dei luoghi e di taluni momenti storici che hanno inciso profondamente le vite dei miei tre personaggi. Momenti di forte pathos, anche crudi, sono cardini essenziali per lo sviluppo delle vicende. Questo romanzo ha ottenuto i seguenti riconoscimenti:

“2° posto” finalista ex aequo” al Concorso “Eccellenze” di Castiglione Cosentino 2018 con la prima edizione;

“3° posto” al Premio Internazionale Asas 2019 di Messina;

“4° posto” finalista ex aequo del concorso “III Premio Maria Cumani Quasimodo” 2019;

 “Menzione d’onore” finalista al Concorso nazionale artisti per Peppino Impastato – 2^ Edizione 2019 di Milano;

“Attestato di segnalazione” al Concorso letterario Torneo Unicamilano 2018;

“Attestato di Merito” finalista al Trofeo Medusa Aurea – Premio Salvatore Quasimodo dell’A.I.A.M.  Roma;

“Premio della Giuria” al Premio Letterario Internazionale La Girandola delle Parole di Limbiate (MB) 2^ Edizione 2019.

“E ascoltai solo me stesso” è invece un romanzo imperniato sul pregiudizio e la discriminazione sociale. Il protagonista è un adolescente che vuole reinserire nella comunità locale un anziano agricoltore, nei confronti sul quale incombono gravi pregiudizi. Il ragazzo lotta per questa causa, senza ascoltare nessuno – da qui il titolo – al fine di riscattare questo vecchio che diventerà suo padre putativo. Il romanzo tratta quindi un argomento più che mai attuale, tenuto conto della mia innata propensione ad aborrire qualsiasi tipo di discriminazione a partire dalla razza.

Questo romanzo ha ottenuto i seguenti riconoscimenti:

“2° posto al Premio letterario internazionale “Lilly Brogi La Pergola Arte 2019” XI Ed. di Firenze;

"Menzione d’onore” al Premio Letterario Internazionale di Poesia e Narrativa "Virgilio in Antica Atella" II edizione 2019 di Frattaminore (NA);

“Premio Speciale La città di Ruggero” al 5° Concorso Internazionale di Poesia e Narrativa Città di Cefalù 2019”;

“Finalista al Premio “Gaio Valerio Catullo” Trofeo Medusa Aurea dell’Accademia Internazionale d’Arte Moderna di Roma;

“Menzione d’onore” all’ 11 Concorso letterario Città di Grottammare.

“2° posto al Concorso Maria Cumani Quasimodo;

“Finalista 4° posto ex aequo Concorso Letterario Argentario 2020”;

“Finalista Premio Letterario Città di Taranto”.

Del quarto romanzo “Quella notte senza luna” preferirei parlarne quando sarà pubblicato in seconda edizione, tuttavia è possibile avere notizie su di esso e di altro su di me nel mio sito ufficiale: https://margaronegiovanni.com. Aggiungo che ho all’attivo altre tre romanzi per ora inediti – ma belli e pronti. L’attività dello scrittore non si ferma mai!

 


Ti è mai capitato il famoso blocco dello scrittore? Se sì, come ne sei uscito?

Finora mai, infatti aggiungo che ho idee per altri romanzi. Sin dall’inizio della prima stesura di un nuovo romanzo, finora ho sempre avuto le idee chiare, perché frutto di una complessa elaborazione di pensieri. Purtroppo ho il difetto di pensare molto, alle volte anche troppo. Un consiglio per chi si accinge a scrivere: non iniziate mai davanti a un foglio bianco a digiuno (di idee), quel foglio resterà bianco!

 

Quanto è importante secondo te per chi scrive essere anche un buon lettore?

Non è importante, è fondamentale. A mio modesto parere, non si può scrivere senza leggere e aggiungo che le letture devono essere opere di buona letteratura, i classici sono senza riserve un buon approccio di lettura e, durante l’attività letteraria, la lettura deve continuare. Leggendo altri autori è possibile conoscere i vari stili e la buona lingua italiana che, ahimè, è purtroppo tanto bistrattata al giorno d’oggi. Inoltre per scrivere è necessaria la padronanza della lingua, intesa come un’adeguata conoscenza delle regole orto-grammaticali-sintattiche. Riguardo allo stile, ogni autore ha il suo – che può piacere oppure no – ed è di per sé un qualcosa di innato che gradualmente affina scrivendo. Tanti autori, soprattutto esordienti, ritengono che non sia necessario scrivere bene subito, rimandando il compito delle correzioni agli editor… sbagliato! L’editor aggiusta, taglia, cuce, ma non deve riscrivere un romanzo, ciò significa che l’autore non sa scrivere e quindi è meglio che lasci perdere.

 

Che ruolo ha il Libro nella società attuale?

Il libro ha avuto, ha e avrà sempre un ruolo fondamentale in quanto veicolo di cultura e di sapere. È stato un elemento transizionale tra tutte le epoche storiche ed è l’indiscusso testimone del passato. Basti pensare ai libri celebri: la Bibbia, il Corano e la Torah, testi sacri la cui lettura ha condizionato la storia dell’uomo, sembra poco? Tutto lo scibile umano passa attraverso i libri, per questo il libro non morirà mai. Il libro è sempre attuale, nella sua sostanza. Magari sono cambiate le tecniche, ma l’essenza del libro è sempre la stessa da migliaia di anni. Dovrei parlare dei Babilonesi e poi degli Egizi, dei Greci e degli Arabi per raccontare la storia del libro. Una storia che parte quindi dalla notte dei tempi per arrivare fino a noi, per arrivare a dire che il libro è parte di noi, irrinunciabile compagno della nostra esistenza.

 


Ti occupi anche di editoriali, ma scriveresti mai un intero libro sul periodo della pandemia?

Sì, scrivo editoriali, ritengo che uno scrittore si debba esprimere anche oltre i romanzi. Sulla pandemia ho scritto editoriali in cui ho dato il mio contributo di pensiero su vari aspetti che hanno caratterizzano questo periodo così doloroso per tutti noi. Ho molto scritto sulla comunicazione, di come è stata in questo periodo e di come ha condizionato le coscienze. Ho puntualizzato la necessità di una comunicazione più protesa alla ricerca della verità, che riguardo la pandemia è stata spesso offuscata portando l’opinione pubblica alla confusione e al panico. Purtroppo non c’è mai la giusta misura in nulla, perché in questa epoca tutti si arrogano il diritto di dire e di scrivere, grazie soprattutto al facile utilizzo del web senza però filtri redazionali, così spesso le notizie - comprese quelle false e ignominiosamente allarmanti - prevaricano le agenzie di stampa. L’informazione non deve creare panico, deve aiutare a capire riferendo i fatti come stanno, nulla più. Il giornalismo d’opinione deve essere costruttivo e non innescare sentimenti che troppo spesso sfociano nella generalizzazione e nel giudizio sommario. Non scriverei un libro sulla pandemia, sono già in troppi che lo stanno facendo.

 

Infine, quali scenari pensi che sia aprano per il mercato dell’editoria nel breve, medio e lungo termine? O meglio, questo periodo così difficile aprirà a tuo avviso spiragli prima non prevedibili o sarà l’ennesimo colpo inferto a un mercato già dapprima in crisi?

Ormai viviamo un periodo di cronica incertezza e i contraccolpi in termini economici in tutti i settori sono davanti agli occhi di tutti. Tuttavia la storia ci insegna che ogni crisi può diventare opportunità. Per questo vorrei lanciare un messaggio meno pessimistico riguardo a quanto stiamo attraversando.

L’editoria, specialmente in Italia, stava già attraversando un periodo di crisi a causa della sempre più ridotta platea di lettori. Chiaramente la pandemia ha acuito questo stato delle cose, a causa delle restrizioni che hanno colpito la vita sociale e, tra queste, le attività connesse e indotte dell’editoria.

Una soluzione è quella di rivedere completamente il processo di promozione libraria e i canali di vendita. Questo lo si può fare utilizzando la via telematica che abbiamo imparato a sfruttare ancora di più in questo periodo. Il concetto è quello di anticipare, per poter andare avanti, quel progetto di digitalizzazione globale che doveva essere attuato nel medio-lungo periodo. Sto notando che molti operatori del settore stanno già adottando questo sistema costretti dalla necessità. Sono molte le fiere on line, in luogo di quelle fisiche, nonché le promozioni via web delle nuove pubblicazioni, mentre comincia a essere normale prassi l’acquisto on line dei libri. Non nego che l’onda d’urto del precedente lock-down abbia colto tutti impreparati, ma adesso ci si sta attrezzando.

L’Agenda Digitale 2020 prevedeva la digitalizzazione completa dei processi, progetto ambizioso non però di facile attuazione. Tra quei processi era inserito anche l’ambito editoriale nella sua più ampia accezione. È un cambio di mentalità, perché nel futuro ormai non lontano questo processo sarà normale prassi. In sostanza, questa crisi dovrebbe accelerare questo processo accorciando gli obiettivi temporali operativi. Ma il problema attuale è un altro: il digital-divide. Questo problema era già stato affrontato nei primi anni 2000, quando si pronosticava un mondo digitale, smart city comprese, e si auspicava che nel giro di massimo due decenni il problema della divisione digitale fosse risolto, ma così non è stato. Infatti al finire del secondo decennio di questo secolo, sono ancora troppe le persone che non fruiscono del mondo digitale, soprattutto gli anziani ai quali, tuttavia, non può essere data alcuna colpa. Come in tutte le trasformazioni tecnologiche, sono sempre state le nuove generazioni le più reattive a recepire i cambiamenti, è un fatto puramente antropologico. A riassunto, ritengo che comunque l’editoria debba ora sfruttare al massimo la digitalizzazione per non affondare e sfruttare altresì questo momento per abituare l’utenza alla mentalità digitale che comunque diventerà normalità nel medio-lungo periodo. Nel breve periodo, tutti comunque ci auspichiamo che questa pandemia finisca e con essa la sua incertezza, così che si ritorni all’agognata normalità e, al contempo, a tutte le importanti espressioni della nostra vita sociale.

Fattitaliani

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