Proscenio, Sara Favarò a Fattitaliani: il teatro aiuta a vivere. L'intervista

Fattitaliani
Oggi l’attrice e scrittrice Sara Favarò riceverà il “Premio Speciale per l’attività teatrale”, presso il Complesso Monumentale della Spasimo di Palermo sito in via dello spasimo n. 10, nel corso del Premio Internazionale Universo Donna. Per l'occasione reciterà un monologo teatrale in siciliano tratto dal suo lavoro teatrale “Viva Palermo e Santa Rosalia”, che l’artista porta in giro da tre anni con la compagnia teatrale Gruppo Arte Sikelia. Ne parla a Fattitaliani nell'intervista per la rubrica Proscenio.

In che cosa "Viva Palermo e Santa Rosalia" si contraddistingue rispetto ad altri suoi testi?
VIVA PALERMO E SANTA ROSALIA è, contemporaneamente, un poema in italiano che racconta la storia della Santa, anche alla luce di moderne scoperte, è un cantastorie siciliano scritto secondo la metrica popolare, è trascrizione delle partiture musicali delle canzoni che fanno parte dello spettacolo e, nella parte finale, è testo teatrale. Il tutto arricchito dalle illustrazioni di Tiziana Crivello. È quindi, poesia, narrativa, illustrazione, canto e teatro, tutto in un solo testo.
Quale linea di continuità, invece, porta avanti (se c'è)?
Porta avanti il discorso sulla rivalutazione del ruolo femminile nella storia. Rosalia Sinibaldi è una giovanissima donna che, a soli 12 anni, così come era uso farsi allora, venne promessa in sposa, ma che a 14 anni si ribellò ad un destino da altri pensato per lei e che se ne andò via da casa. Rosalia è una antesignana della ribellione femminile al maschilismo. Ella rifiutò colui che era stato designato come suo fidanzato dal padre e dal Re. Questi l’aveva promessa in sposa in seguito ad un suo atto di eroismo del giovane che, durante una battuta di caccia, lo aveva salvato dalle fauci di una belva. Rosalia non accettò di essere merce di scambio e decise di andare via da casa. A guidare i suoi passi è la sua conversione alla religione. Prima si rifugiò in un convento, ma decise di andare via. Lei voleva essere libera da schemi, mura e imposizioni. Decise di diventare eremita!
Com'è avvenuto il suo primo approccio al teatro? Racconti..
È avvenuto fin da piccolissima. Avevo 7 anni quando mi ritrovai protagonista di uno spettacolo dove oltre a cantare, recitavo scenette comiche. Poi c'è stata la scuola con le sue recite e non solo. Sono cresciuta con l'amore per il teatro. Nel 1976, con alcuni amici, abbiamo dato vita ad una compagnia teatrale che si esibiva costantemente in un locale di Mondello, "La Sirenetta". Incominciai a scrivere i primi monologhi,  testi poetici per melologo, e a recitare con diverse compagnie di teatro dialettale siciliano. Alla fine degli anni '70  ebbe inizio la mia lunga collaborazione con artisti come Ignazio Buttitta, Ciccio Busacca, Rosa Balistreri. Andavamo a recitare testi poetici e a cantare nei teatri, nelle scuole e nelle piazze siciliane e calabresi. Nel 1980 fondai una compagnia teatrale e musicale il cui nome, originariamente, era “Un Cori Tuttu u munnu” e che poi prese il nome di “Gruppo SIKELIA”. Con la mia compagnia ho recitato e cantato in Italia, Germania, Francia, Australia, Canada. Sono, anche, stata diverse volte ospite di trasmissione radiofoniche e televisive nazionali.
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Quando scrive un testo nuovo può capitare che i volti dei personaggi prendano man mano la fisionomia di attrici e attori precisi?
No. È più facile che prendano le sembianze della gente comune a cui una storia può fare riferimento. Quando ho scritto “Dal Ventre della Terra”, ispirato alla canzone “Vitti ‘na crozza”, che di fatto è un canto di protesta dei minatori ai quali la Chiesa, in caso di morte in miniera, vietava le funzioni funebri e finanche il suono delle campane a morto, è chiaro che il mio pensiero è andato subito ai corpi curvi dei minatori, ai volti emaciati dei “carusi”, che hanno svolto quel ruolo nella vita.
È successo anche che un incontro casuale ha messo in moto l'ispirazione e la scrittura?
Sì. La vita è fatta di sincronicità. Mi viene in mente un testo che ho tanto amato: “La profezia di celestino” di James Redfield, con le sue “illuminazioni”. “La Prima Illuminazione avviene quando ci rendiamo conto delle coincidenze che si presentano nella nostra vita.” Spesso sono proprio gli incontri casuali che aprono la strada a nuovi orizzonti, nuove conoscenze, e perché no? a nuove ispirazioni.
Per un autore teatrale qual è il più grande timore quando la regia è firmata da un'altra persona?
Niente timori e tanta curiosità. Quando un testo si consegna al pubblico o ad un regista, non si può pretendere che mi byabbiano il nostro stesso sentire, ed anzi è proprio il confronto che fa crescere.
Quando si porta in scena un proprio testo, ci si accorge di alcune sfumature "sfuggite" durante la scrittura?
Sì. A me è capitato.
Quanto è d'accordo con la seguente citazione e perché? "Nel teatro si vive sul serio quello che gli altri recitano male nella vita" di Edoardo De Filippo.
La prima parte mi trova d'accordo, ma non la seconda. Nella vita reale ci sono anche tanti bravi attori.
Lei come spiegherebbe il Teatro per convincere chi non ha mai visto uno spettacolo?
Semplicemente dicendo che il teatro aiuta a vivere.
Possibile descrivere le emozioni di una prima?
Sono tante le emozioni, talvolta simili ed altre contrastanti che si riesce a provare, anche se possono distinguersi fasi diverse. Quella precedente la rappresentazione, quella durante, quella a sipario chiuso, e quella dell’indomani. Prima di andare in scena a dominare è il nervosismo mentre  nel petto scalpita un cavallo impazzito. Quando il piede attraversa la quinta e si poggia sul palco legnoso, segue la calma assoluta. Quello è il momento in cui si avvera la magia del dolce contatto tra l’attore e il suo mondo, mentre una impercettibile polvere si solleva al contatto, non vista da chi non sa guardare oltre il visibile. A conclusione e durante lo spettacolo a dominare è l’ebbrezza del suono distinto degli applausi che si fanno armonia che tutto concerta. Poi segue la fase post rappresentazione, che si concretizza nella ricerca di errori, dimenticanze e che si concretizza nella voglia, sempre crescente, di migliorarsi.
L'ultimo spettacolo visto a teatro? 
La splendida esibizione di un gruppo di danzatori Russi, a febbraio al Teatro al Massimo di Palermo.
Degli attori del passato chi vorrebbe come protagonisti ideali di un suo spettacolo?
Due grandi attori siciliani scomparsi: Rosina Anselmi e Angelo Musco.
Il miglior testo teatrale in assoluto qual è per lei?
Non ho un testo che in assoluto posso indicare come il mio preferito. Ce ne sono tanti e di genere diverso. Amo molto il musical che mette in scena ciò che amo: recita e canto. Penso ad "Aggiungi un posto a tavola", "Romeo e Giulietta", "Cats", " Il gobbo di Notre Dame", "Jesus Christ Superstar", amo alcuni testi dialettali di Giovanni Girgenti, Nino Martoglio e non solo, e ancora come non amare il teatro verista, ma anche quello d’avanguardia. Purtroppo non ho un testo o un genere che amo in assoluto.
La migliore critica che vorrebbe ricevere?
Riuscire a compenetrarsi nell'anima di un fatto, un evento, un sentimento che da singolo si fa plurale, ossia mezzo di trasmissione comune di pensiero collettivo positivo.
La peggiore critica che non vorrebbe mai ricevere?
Di non suscitare emozioni.
Dopo la visione dello spettacolo, che Le piacerebbe che il pubblico portasse con sé a casa?
La soddisfazione di avere scavato dentro una storia, una situazione, ma anche dentro se stessi, stimolando la voglia di porsi domande.
C'è un passaggio, una scena che potrebbe sintetizzare in sé il significato e la storia di “Viva Palermo e Santa Rosalia”?
Il bisogno del popolo di ricorrere alla fede, come panacea ai mali che da solo non riesce a sconfiggere, e non come bisogno dell'anima.  Nel Seicento erano altre le Sante patrone di Palermo, ma poiché la peste perdurava, il popolo non si fece scrupolo a metterle da parte per acclamare Rosalia, Santa Patrona di Palermo, prima ancora che la Chiesa e il Senato la proclamasse tale. Il popolo, come cantato alla fine dello spettacolo, resta grato alla sua Santuzza e le riserva festeggiamenti annuali che hanno il loro punto focale nella storica frase che si eleva dalla voce entusiasta del Sindaco che, in coro con la cittadinanza, esclama: Viva Palermo e Santa Rosalia! Giovanni Zambito.

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