Una pièce claustrofobica venata di humor nero con un forte potere di attrazione verso il pubblico, rappresentata per la prima volta nel 2005 a Londra al Traverse.
Mai immaginato nei tuoi incubi peggiori di vivere una situazione come quella prospettata nello spettacolo?
Si, sinceramente ho pensato ad una situazione simile a quella prospettata nel testo di Dennis Kelly. Quando ero piccola avevo molta paura delle piene del Po, visto che la mia casa d’infanzia è in un paesino sul fiume Po. Da bambina quando c’erano le piene del Po io non capivo esattamente cosa sarebbe potuto accadere ed allora immaginavo di dover fuggire da casa senza nulla e di dover trovare riparo in un qualche rifugio che mi divertivo a visualizzare con la fantasia. Quando sei piccolo non hai realmente coscienza di ciò che accade, ma percepisci le energie di chi ti circonda, e in quel caso la preoccupazione dei miei genitori.E così io, percependo la loro preoccupazione, fantasticavo pensando a una possibile salvezza anche se in realtà la situazione non era così grave.
Nella eventualità che cosa ti mancherebbe maggiormente?
Ciò che mi mancherebbe è senza dubbio il contatto con la natura. Mi mancherebbe camminare all’aria aperta e respirare. Io ho bisogno di camminare da sola ogni giorno, almeno un’oretta, perché mi permette di riconnettermi con me stessa e allo stesso tempo mi fa liberare dallo stress quotidiano.
Pensi che probabilmente l'umanità arriverà fino a questo triste punto oppure guardi al futuro con ottimismo?
Devo essere sincera, in questo periodo non riesco a pensare al futuro dell'umanità con molto ottimismo. Insomma il nostro pianeta sta soffrendo, i cambiamenti climatici provocati dall'egoismo dell'uomo stanno causando immense tragedie, fiumi che esondano, terremoti, foreste che bruciano inesorabilmente e noi che cosa facciamo?! Ci chiudiamo con il capo chino sugli schermi dei nostri telefonini oppure ci accartocciamo sui nostri comodi divani davanti a serie tv e videogiochi. Insomma non esiste più la condivisione, siamo sempre più chiusi in noi stessi, troppo impegnati a mostrare sui social le nostre giornate e i nostri "successi" ma non siamo mai realmente "connessi" tra noi con le nostre anime. Certo è facile parlare, il discorso è riferito anche a me, faccio parte di questa società impazzita e mi faccio molte domande in merito a questo. Però ecco, alla domanda: "sei ottimista rispetto al futuro?" rispondere sì mi risulta molto difficile. Il pericolo che l'egoismo e le catene di violenza prendano il sopravvento sull'attenzione verso i bisogni degli altri è molto grande.
I due personaggi che convivono nel bunker in quale aspetto si conosceranno a vicenda?
Louise e Mark, i due protagonisti della piece, si conosceranno in tutti i loro aspetti più profondi ed intimi. Saranno costretti a dover condividere uno spazio angusto in una situazione drammatica. Due personalità totalmente diverse tra loro saranno costrette a trovare dei punti d’incontro per la convivenza. Mark è da sempre innamorato di Louise, mentre lei lo considera solo un amico. Anzi Mark è considerato un po’ lo zimbello del gruppo , mentre Louise è colei a cui tutti vorrebbero sedere accanto. Due esseri umani così diversi tra loro costretti a convivere arriveranno a scontrarsi su molti aspetti dolorosi e inaspettati. Da “esseri sociali” si trasformeranno in “esseri bestiali” arrivando a compiere scelte e gesti che per loro, fino a poco tempo prima, erano inimmaginabili.
Lo humor nero che attraversa lo spettacolo ne allieva un po' la tematica o al contrario la rende ancor più claustrofobica e pesante?
Lo humor nero che attraversa lo spettacolo lo rende, a mio parere, davvero divertente in alcuni momenti, forse alleggerisce un po' la tensione, ma la sofferenza dovuta al rapporto che si crea tra Mark e Louise prende il sopravvento. La disperazione porta Mark e Louise ad abbandonare piano piano le convenzioni sociali assumendo sempre più atteggiamenti animali. E' un testo, a mio avviso, perfetto, Dennis Kelly riesce a raccontare gli aspetti più neri con grande spazio anche allo humor, ma uno humour assolutamente realistico. La traduzione di Monica Nappo permette di mantenere proprio ciò che l'autore ha voluto raccontare e questo è un grande valore, alle volte le traduzioni non non sono efficaci, mentre in questo caso c'è una forte aderenza. Sono felice di poterlo in scena insieme al mio collega Federico Rosati con la direzione di Marco Simon Puccioni.
A tuo avviso, che cosa di costruttivo potranno trarne gli spettatori?
I rapporti possono diventare distruttivi laddove non c’è il rispetto del volere dell’altro. Laddove l’egoismo prende il sopravvento. Laddove l’amore non ricambiato si trasforma in violenza e possesso. Spero che gli spettatori possano vedere come appunto un uomo, attraverso la violenza psicologica, può arrivare a distruggere una donna e spero che questo possa far riflettere. Spero che questo testo sia un piccolo tassello di riflessione su questo argomento.
Calcare il palcoscenico cosa ti dà in più rispetto ai ruoli cinematografici?
Sicuramente il palcoscenico mi crea molta più ansia e paura. Sul palco non c'è margine di errore, insomma non c'è lo "stop", non esiste "ok, adesso la rifacciamo meglio". E questo sinceramente mi mette molta paura. Certamente però il palco ti dà la possibilità, se riesci davvero a concentrarti ed essere totalmente in ciò che stai vivendo, di attraversare un viaggio meraviglioso, una sorta di vita parallela condensata in un'ora e mezza. E poi l'energia delle persone che sono lì, in un silenzio magico, a vivere con te e attraverso te, una storia è qualcosa che non può lasciarti indifferente. Verso gli spettatori provo un grande senso di gratitudine ma anche un forte senso di responsabilità perché ti stanno dedicando il loro tempo, scelgono in un qualche modo di fidarsi di te.
Mai immaginato nei tuoi incubi peggiori di vivere una situazione come quella prospettata nello spettacolo?
Si, sinceramente ho pensato ad una situazione simile a quella prospettata nel testo di Dennis Kelly. Quando ero piccola avevo molta paura delle piene del Po, visto che la mia casa d’infanzia è in un paesino sul fiume Po. Da bambina quando c’erano le piene del Po io non capivo esattamente cosa sarebbe potuto accadere ed allora immaginavo di dover fuggire da casa senza nulla e di dover trovare riparo in un qualche rifugio che mi divertivo a visualizzare con la fantasia. Quando sei piccolo non hai realmente coscienza di ciò che accade, ma percepisci le energie di chi ti circonda, e in quel caso la preoccupazione dei miei genitori.E così io, percependo la loro preoccupazione, fantasticavo pensando a una possibile salvezza anche se in realtà la situazione non era così grave.
Nella eventualità che cosa ti mancherebbe maggiormente?
Ciò che mi mancherebbe è senza dubbio il contatto con la natura. Mi mancherebbe camminare all’aria aperta e respirare. Io ho bisogno di camminare da sola ogni giorno, almeno un’oretta, perché mi permette di riconnettermi con me stessa e allo stesso tempo mi fa liberare dallo stress quotidiano.
Pensi che probabilmente l'umanità arriverà fino a questo triste punto oppure guardi al futuro con ottimismo?
Devo essere sincera, in questo periodo non riesco a pensare al futuro dell'umanità con molto ottimismo. Insomma il nostro pianeta sta soffrendo, i cambiamenti climatici provocati dall'egoismo dell'uomo stanno causando immense tragedie, fiumi che esondano, terremoti, foreste che bruciano inesorabilmente e noi che cosa facciamo?! Ci chiudiamo con il capo chino sugli schermi dei nostri telefonini oppure ci accartocciamo sui nostri comodi divani davanti a serie tv e videogiochi. Insomma non esiste più la condivisione, siamo sempre più chiusi in noi stessi, troppo impegnati a mostrare sui social le nostre giornate e i nostri "successi" ma non siamo mai realmente "connessi" tra noi con le nostre anime. Certo è facile parlare, il discorso è riferito anche a me, faccio parte di questa società impazzita e mi faccio molte domande in merito a questo. Però ecco, alla domanda: "sei ottimista rispetto al futuro?" rispondere sì mi risulta molto difficile. Il pericolo che l'egoismo e le catene di violenza prendano il sopravvento sull'attenzione verso i bisogni degli altri è molto grande.
I due personaggi che convivono nel bunker in quale aspetto si conosceranno a vicenda?
Louise e Mark, i due protagonisti della piece, si conosceranno in tutti i loro aspetti più profondi ed intimi. Saranno costretti a dover condividere uno spazio angusto in una situazione drammatica. Due personalità totalmente diverse tra loro saranno costrette a trovare dei punti d’incontro per la convivenza. Mark è da sempre innamorato di Louise, mentre lei lo considera solo un amico. Anzi Mark è considerato un po’ lo zimbello del gruppo , mentre Louise è colei a cui tutti vorrebbero sedere accanto. Due esseri umani così diversi tra loro costretti a convivere arriveranno a scontrarsi su molti aspetti dolorosi e inaspettati. Da “esseri sociali” si trasformeranno in “esseri bestiali” arrivando a compiere scelte e gesti che per loro, fino a poco tempo prima, erano inimmaginabili.
Lo humor nero che attraversa lo spettacolo ne allieva un po' la tematica o al contrario la rende ancor più claustrofobica e pesante?
Lo humor nero che attraversa lo spettacolo lo rende, a mio parere, davvero divertente in alcuni momenti, forse alleggerisce un po' la tensione, ma la sofferenza dovuta al rapporto che si crea tra Mark e Louise prende il sopravvento. La disperazione porta Mark e Louise ad abbandonare piano piano le convenzioni sociali assumendo sempre più atteggiamenti animali. E' un testo, a mio avviso, perfetto, Dennis Kelly riesce a raccontare gli aspetti più neri con grande spazio anche allo humor, ma uno humour assolutamente realistico. La traduzione di Monica Nappo permette di mantenere proprio ciò che l'autore ha voluto raccontare e questo è un grande valore, alle volte le traduzioni non non sono efficaci, mentre in questo caso c'è una forte aderenza. Sono felice di poterlo in scena insieme al mio collega Federico Rosati con la direzione di Marco Simon Puccioni.
Foto di Daniele Venturelli |
I rapporti possono diventare distruttivi laddove non c’è il rispetto del volere dell’altro. Laddove l’egoismo prende il sopravvento. Laddove l’amore non ricambiato si trasforma in violenza e possesso. Spero che gli spettatori possano vedere come appunto un uomo, attraverso la violenza psicologica, può arrivare a distruggere una donna e spero che questo possa far riflettere. Spero che questo testo sia un piccolo tassello di riflessione su questo argomento.
Calcare il palcoscenico cosa ti dà in più rispetto ai ruoli cinematografici?
Sicuramente il palcoscenico mi crea molta più ansia e paura. Sul palco non c'è margine di errore, insomma non c'è lo "stop", non esiste "ok, adesso la rifacciamo meglio". E questo sinceramente mi mette molta paura. Certamente però il palco ti dà la possibilità, se riesci davvero a concentrarti ed essere totalmente in ciò che stai vivendo, di attraversare un viaggio meraviglioso, una sorta di vita parallela condensata in un'ora e mezza. E poi l'energia delle persone che sono lì, in un silenzio magico, a vivere con te e attraverso te, una storia è qualcosa che non può lasciarti indifferente. Verso gli spettatori provo un grande senso di gratitudine ma anche un forte senso di responsabilità perché ti stanno dedicando il loro tempo, scelgono in un qualche modo di fidarsi di te.
C’è stata un'esplosione, probabilmente nucleare, forse un attacco terroristico che ha ucciso migliaia di persone e distrutto la città. Mark è riuscito a salvare Louise trascinandola inconscia nel suo rifugio antiatomico privato. Mark si era preparato al peggio e ha tutto ciò che pensa di aver bisogno per sopravvivere; cibo piccante in scatola, Dungeons and Dragons e un coltello.
Una volta dentro al rifugio tutto quello che Mark e Louise possono fare è aspettare fino a che non sia sicuro andare fuori. Nell’attesa però si scatenano gli aspetti più torbidi dell’animo umano e tra Mark e Louise si instaura una lotta per l’amore e il potere in cui vittima e carnefice si scambiano continuamente i ruoli. Riusciranno a sopravvivere all'attacco? Riusciranno a sopravvivere l'uno all'altro?
Teatro Brancaccino
12 |22 dicembre 2019
Miriam Galanti, Federico Rosati
AFTER THE END
di Dennis Kelly
regia di Marco Simon Puccioni
produzione esecutiva Inthelfilm
prodotto da Dreamworldmovies di Luigi De Filippis
Miriam Galanti è originaria di Mantova, si trasferisce a Roma e si diploma nel 2014 al Centro Sperimentale di Cinematografia.
Inizia la carriera di attrice debuttando sul piccolo schermo nel 2009 nella serie tv “Don Matteo 7”, nel 2013 e poi nel 2018 reciterà anche nella fiction ”Che Dio ci aiuti 5”. Debutta sul grande schermo nel 2010 con il film “5” di Francesco Dominedò e con il film “Roma Nuda” per la regia di Giuseppe Ferrara.
In teatro partecipa a numerosi progetti, portando in scena testi di Checov, Shakespeare, ma anche autori contemporanei come Mamet, Kelly e Pinter. Tra gli spettacoli: “Miracoli!” (Marcello Cotugno) “Il Misantropo” (Francesco Frangipane) “Ulissage#4” (Claudio Collovà) “Orphans” (Vito Mancusi), “Italia-Argentina” (Mario Grossi)
Nel 2014 al Festival del Cinema di Venezia è premiata come giovane promessa del cinema italiano con il premio “A New Talent Beyond” grazie alla sua interpretazione nel cortometraggio “Metamorfosi” (di Gilles Rocca) sulla tematica del femminicidio. Il progetto viene scelto dal Ministero degli Interni per rappresentare l’Italia in Europa nella lotta contro la violenza sulle donne.
Miriam fa parte del progetto Teatro Shock, il quale si occupa del reinserimento nella società di detenuti ed ex tossico dipendenti attraverso l’approccio alla recitazione. E’ stata in scena con lo spettacolo “Miracoli!” per la regia di Marcello Cotugno dove appunto recita con questi ragazzi.
E’ protagonista accanto a Giancarlo Giannini del fashion movie “The good Italian II”(di Emanuele di Bacco) Tra i suoi lavori cinematografici anche “Arianna” (di Carlo Lavagna) e “Quando corre Nuvolari” (di Tonino Zangardi)
Tra i premi ricevuti: “Premio Giuliano Gemma-sezione Cinema Nuovi Talenti” , “Stella al merito sociale” per unire l’arte della recitazione all’impegno sociale nella tutela delle donne e nel reinserimento di ex-detenuti, “Oscar ai Giovani” al Campidoglio e “Attrice Rivelazione Roma Videoclip Festival”. Nel 2019, al Festival del Cinema di Venezia, riceve il “Premio Kineo Guest Star-CSC”.
Miriam inoltre si è dedicata ad un progetto che le sta molto a cuore, ovvero la realizzazione del docufilm “Duchenne”(di Gilles Rocca). Progetto che la vede nelle vesti non soltanto di attrice ma anche di sceneggiatrice. Il progetto racconta la storia vera di Simone Gaito affetto dalla sindrome di duchenne, una forma di distrofia muscolare e si sofferma anche sulla tematica della sessualità nei portatori di handicap. Progetto premiato al festival “Tulipani di Seta Nera”.
Nel 2018 Miriam è protagonista dell’opera prima “Scarlett” (regia di Luigi Boccia) e sempre in questo anno è co-protagonista ed unica attrice italiana nel film “In the trap” (regia di Alessio Liguori) accanto a Jamie Paul (Black Mirror), David Bailie (I pirati dei Caraibi, La casa di Jack) e Sonya Cullingford. Il film in questi giorni sta ricevendo numerosi apprezzamenti durante le proiezioni a festival di cinema come il “Trieste Science+Fiction Festival” ed il festival internazionale “Cine de Terror-Molins de Rei”. Il film uscirà nelle sale italiane il 23 gennaio 2020.
Foto copertina: Francesca Marino.
Foto copertina: Francesca Marino.