di Carlo Barbieri
Scommettiamo che il
parlamento turco darà immediatamente il consenso all’invio di truppe in Libia?
Beh, se è vero che El Serraj (il leader di Tripoli “legittimo”, che pensava che
Italia e Europa lo avrebbero aiutato) si è messo d’accordo con la Turchia per
consentirgli, in cambio di aiuto militare, di trivellare in acque territoriali
libiche, è una scommessa facile. E scommettiamo pure che la Russia, che invece
aiuta Haftar, il leader di Bengasi, allungherà le mani sulla Libia come ha
fatto con la Siria? E che magari alla fine si metterà d’accordo con la Turchia –
“Tu trivelli a mare e io mi prendo i giacimenti di terra, e l’italiana ENI va a
quel paese”?
Perché vedete, Russia
e Turchia non fanno i “cavalieri bianchi” delle fazioni contrapposte in Medio Oriente
per puro altruismo: giocano la partita dell’influenza geopolitica sull’intera
zona ricca di energia. Approfittando della ritirata di Trump, e dalla cronica assenza
dell’Europa, la Turchia affamata di risorse ricomincia ad accarezzare il sogno
imperiale ottomano. E lo fa mostrando i muscoli anche a noi, suoi “alleati” (!)
NATO: come quando, nel febbraio scorso, le sue navi militari hanno costretto al
dietro-front le piattaforme SAIPEM/ ENI che si accingevano a raggiungere la
zona ida trivellare. E la Russia, che proteggendo la Siria è riuscita a
conservare in quel paese le uniche basi navali nel mediterraneo (Tartus),
sarebbe felice di crearne altre in Libia, a tre quarti d’ora d’aereo
dall’Italia (quindici minuti nel caso di un MIG). Ma l’obiettivo di Turchia e
Russia non è solo quello di mettere le mani sui rubinetti del petrolio e del
gas libico: ma di metterle anche sui “rubinetti” che regolano il flusso dei migranti,
che sanno bene quanto pesano nei miseri giochi politici europei. Potranno così
ricattarci: “Se rompete le scatole vi mandiamo un bel po’ di migranti e
facciamo cadere i vostri governi”.
Sono questi i nuovi vicini di casa che stanno per
insediarsi a pochi minuti da noi. Stupisce il coma dell’Europa e soprattutto
dell’Italia. D’altra parte come potrebbero i leader fare una vera politica
estera se sono impegnatissimi con temi acchiappavoti emozionalpopolari nella
disperata ricerca della conservazione della poltrona? Come potrebbero preoccuparsi
del futuro nostro, se quello loro si misura nei pochi anni (quando va bene) di
una legislatura? Bisogna capirli, poveretti, e smetterla di ricordare politici
disinteressati a sé stessi come De Gasperi, Togliatti e persino Almirante –
gente che gli avversari potevano criticare per le loro idee, ma non certo
accusare di incompetenza, miopia e mancanza serietà.
Carlo Barbieri è nato nel 1946 a Palermo. Ha vissuto nel capoluogo siciliano, a Catania, Teheran e Il Cairo, e adesso risiede a Roma. Ha pubblicato Pilipintò-Racconti da bagno per Siciliani e non, e i gialli La pietra al collo, Il morto con la zebiba (ripubblicato nella collana Noir Italia de IlSole24Ore), Il marchio sulle labbra, Assassinio alla Targa Florio e La difesa del bufalo, gli ultimi tre con Dario Flaccovio Editore. Con la stessa casa editrice ha pubblicato anche la raccolta di racconti Uno sì e uno no. Il suo ultimo libro, dedicato ai lettori più giovani, è Dieci piccoli gialli edito da EL/Einaudi Ragazzi. Barbieri è stato premiato, fra l’altro, al Giallo Garda, al Città di Cattolica, al Città di Sassari, all’Efesto-Città di Catania, allo Scerbanenco@Lignano e, per due volte, all’Umberto Domina. Cura una rubrica con Malgradotutto e collabora con diverse testate web fra le quali fattitaliani.it e MetroNews, il quotidiano delle metro di Roma, Milano e Torino.