Ipotesi,
tra Storia e Mito, dello studioso Felice Vinci, autore di “Omero
nel Baltico” e neo Presidente onorario della Fondazione Levi
Pelloni.
Perché i Curdi
sono nostri fratelli? Andiamo con ordine. In un articolo uscito
qualche anno fa su una importante rivista di filologia classica,
intitolato “Ancient Curetes and the
Western Baltic tribe of Kuri”, la
professoressa Ilze Rimniece
mostra alcuni suggestivi paralleli a supporto dell’ipotesi che vi
sia un rapporto fra gli antichi Cureti della mitologia greca ed i
Curi o Curoni, una tribù di guerrieri e navigatori del mondo
baltico. Questi ultimi, chiamati Curetes
dallo storico medievale danese Saxo
Grammaticus (1150 c. – 1220 c.),
hanno dato il loro nome alla Curlandia, una regione della Lettonia
che corrisponde alla Curetia
di Saxo. Ora, se consideriamo che proprio nel Baltico orientale si
trova la figura di un dio supremo, chiamato Dievas
in lituano e Dievs
in lèttone, che nel folklore ha le caratteristiche sia del dio
cristiano che del greco Zeus, sembra effettivamente naturale
collegare queste Curi baltici del Medioevo con i misteriosi Cureti
(Kouretes)
della mitologia greca, adoratori di Zeus ed in particolare
protagonisti del mito della sua nascita sul monte Ida a Creta: Omero
ne parla come una popolazione bellicosa in conflitto con gli Etoli
(oltretutto Dievas
è quasi identico a Di(v)os,
il nome di Zeus in greco nel caso genitivo).
D'altra parte, il filologo tedesco Walter
F. Otto ha trovato analogie tra Zeus
e Teshub, il grande dio della tempesta degli Hurriti (o Khurriti, un
popolo che verso il XVI secolo AC era stanziato in Anatolia,
imparentato con i Mitanni, che parlavano una lingua indoeuropea).
Un'altra analogia con la mitologia greca si riferisce all'assalto
all'Olimpo da parte di due giganti, Oto ed Efialte, raccontato
nell’Odissea,
paragonato da Robert Graves
al mito hurrita in cui due fratelli divini attaccano il Monte Hazzi.
E sempre ad un mito hurrita viene accostato il racconto, contenuto
nella Teogonia
di Esiodo, della castrazione di Urano, avo di Zeus. Insomma, date
queste singolari convergenze tra le rispettive mitologie, si può
legittimamente ipotizzare una sorta di continuità tra i Cureti
omerici e gli Hurriti-Khurriti anatolici, presumibilmente
riconducibile alla diaspora indoeuropea. Ma ciò che è più
sorprendente, e che ci porta all'ultimo anello di questa catena di
corrispondenze, è che il paese degli antichi Khurriti si sovrappone
quasi esattamente a quello dei Curdi di oggi!
Il Kurdistan
è una vasta regione che si estende tra la Turchia centrale e in
particolare quella orientale, l'Iran occidentale, l'Iraq
settentrionale e la Siria settentrionale. Va anche notato che nella
leggenda curda più famosa, quella di "Kawa il fabbro", il
nome del protagonista è identico a quello del kaves
(o koes),
il sacerdote dei mitici Cabiri della mitologia greca, probabilmente
legati ai misteri di metallurgia. Inoltre, in un racconto curdo
tradizionale troviamo una chiara allusione al mito di Ulisse
(tuttavia esso è più vicino alla versione celtica, intitolata
Merugud Uilix maic Leirtis,
che indica che probabilmente non deriva dall'Odissea
omerica, ma piuttosto da una tradizione indoeuropea parallela). Ma,
in ogni caso, un confronto tra il DNA dei Curdi e quello degli
attuali Curlandesi può verificare la validità di questa catena che
si estende attraverso i secoli, dai Cureti omerici agli Curdi
odierni, e confermare se questi due popoli siano davvero connessi.
Ma se già un possibile rapporto con il mondo
dell’antica Grecia ci fa sentire i Curdi
molto più vicini di quanto non
potesse pensare, una relazione non meno inaspettata e forse ancor più
stretta si può stabilire con il mondo dell’antica Roma. Cominciamo
col dire che un appellativo degli antichi Romani era “Quirites”:
secondo un’antica tradizione, questo
termine era una corruzione di Curites
(dal nome della città sabina di Cures), ossia il nome della tribù
di Sabini originariamente stanziati sul Quirinale e devoti al dio
Quirino. All'origine della storia
dell’Urbe i Curiti, dopo essersi scontrati con i Latini di Romolo –
il leggendario episodio del Ratto delle Sabine – si fusero con essi
diventando un solo popolo e condividendo coi Latini il governo della
neonata Roma, al punto che il loro re Tito
Tazio regnò insieme con Romolo: da
qui derivò ai Romani l'appellativo di Quiriti. Non solo: il
secondo re di Roma, Numa
Pompilio, genero di Tito Tazio, era
anch’egli originario di Cures. E che vi sia un rapporto diretto tra
Roma, Cures e i Cureti ce lo attesta la capra Amaltea, figlia del
curete Haimonios, anch’essa legata, come i Cureti, al mito della
nascita di Zeus, del quale fu la nutrice sul monte Ida: infatti,
secondo l’autorevole testimonianza di Agostino, essa era effigiata
nel primitivo Campidoglio.
Ma ora andiamo a Cures,
la città
più importante dei Sabini,
che sorgeva nei pressi dell’attuale Passo
Corese,
frazione di Fara in Sabina, a poco più di 30 km dal centro di Roma.
Non lontano, si erge nella pianura il monte Soratte, che fu
utilizzato come luogo di culto
dai Sabini, dai Capenti, dai Falisci e dagli Etruschi. Tale vocazione
si tramandò ai Romani con il culto di Soranus Apollo. Soranus era
un'antica divinità italica, venerata da
varie popolazioni dell'Italia centrale: il centro del suo culto era
sul Soratte; i suoi sacerdoti, chiamati
Hirpi Sorani ("Lupi
di Sorano"), nel corso delle cerimonie camminavano sui carboni
ardenti, reggendo le interiora delle capre sacrificate (che a questo
punto potrebbero forse essere messe in rapporto con Amaltea, la capra
di Zeus). E, non a caso, nei pressi del Soratte, a qualche chilometro
da Cures e da Passo Corese, vi era il Lucus
Feroniae,
il bosco sacro della dea Feronia, paredra di Sorano.
Ma
perché abbiamo tenuto a soffermarci sul Soratte e su Sorano? Perché,
dopo aver trovato un fitto reticolo di corrispondenze tra il mondo
classico, i Cureti, i Khurriti e i Curdi, scopriamo un collegamento
diretto proprio fra questi ultimi ed il primitivo mondo
romano-sabino: infatti “Sorani” è il nome del
“curdo centrale” (Kurdîy
nawendî), ossia la lingua curda
parlata
dalle popolazioni curde dell'Iraq settentrionale e
dell'Iran occidentale. Per inciso, le tre lingue curde
– il
Kurmanji (Curdo
settentrionale),
il Sorani (curdo
centrale)
e il Palewani (curdo
meridionale)
– appartengono
al ramo iraniano della famiglia indo-europea.
Il termine “Sorani” – una delle
due lingue ufficiali dell'Iraq insieme all’arabo, parlata
da circa 9-10 milioni di persone
e semplicemente indicata come "curdo" nei documenti
politici – prende il nome da Soran, un
emirato musulmano
sunnita curdo del Kurdistan. A sua volta questo nome sembra
essere legato al clan ariano di Soren, che durante il regno di
Yazdgerd di Persia governò quello che oggi è noto come Kurdistan
iracheno. “Soran”
è
anche un distretto del governatorato di Erbil del Kurdistan
iracheno, al confine con l'Iran e la Turchia; la sua città
principale è Diana, che è anche chiamata Soran.
Da
tutte queste convergenze, che sarebbe arduo ritenere casuali,
possiamo arguire che l’antico popolo dei Cureti, inizialmente
abitanti nel nord, durante la diaspora indoeuropea abbia preso strade
diverse: alcuni sono rimasti sulle rive del Baltico, dove erano
stanziati già nei tempi omerici (sono infatti citati nell’Iliade,
come abbiamo rilevato nel saggio Omero
nel Baltico. Le origini nordiche dell’Odissea e dell’Iliade,
in cui abbiamo ricostruito l’originario mondo omerico,
identificabile con l’età del bronzo nordica); altri hanno finito
per stanziarsi nella penisola anatolica; un terzo gruppo ha passato
le Alpi e, scendendo per la penisola italiana, infine si è fermato
nel Lazio, dove ha dato un importantissimo contributo alla storia
della Roma arcaica.
È
ragionevole aspettarsi che analisi mirate sul DNA delle popolazioni
che vivono in Curlandia, nel Kurdistan e nell’area della Sabina
diano una conferma al sorprendente quadro che qui abbiamo cercato di
delineare, da cui intanto possiamo dedurre che i Curdi, e così pure
i Curlandesi, sono nostri fratelli: siamo tutti figli dell’Europa.
Felice
Vinci