Opera, a Liegi il mito di "Orfeo ed Euridice" rivive con la regia di Aurélien Bory. La recensione di Fattitaliani

Un gioco di ombre, movimenti circolari e accennati, scenografia all'insegna dello sfumato caratterizzano la messa in scena a Liegi di "Orfeo ed Euridice" di Gluck nella versione rimaneggiata da Berlioz, curata da Aurélien Bory.
Il regista e scenografo francese porta ancora più avanti gli intenti dei compositori che avevano prima concepito e poi rivisitato l'opera al fine di renderla più teatrale possibile e offrirl al pubblico scevra di elementi che risultassero un sovrappiù.
L'idea base di Bory è tanto semplice quanto vincente. Il mito di Orfeo è nato dal suo essersi voltato a guardare Euridice, pertanto grazie alla proiezione speculare del palco, gli artisti sembrano agire e cantare direttamente su un grande schermo. 
A ciò bisogna aggiungere un effetto ondulatorio reiterato di tessuti morbidi e avvolgenti; Amore che appare e interloquisce col protagonista da una sorta di specchio rotante; la magnifica prospettiva data dallo "strappo" del lenzuolo coprente il palcoscenico dà spazio e modo a una riproduzione di un quadro di Camille Corot sul mito di apparire in tutta la sua grandezza e far da base su cui si svolge la vicenda.


L'effetto delle onde restituisce appieno l'idea della morte che continua ad incombere su Euridice intenta a tornare nel regno dei vivi, per poi esserne riavvolta
Varduhi Abrahamyan
La trovata finale che riproduce lo stesso teatro con tanto di pubblico e specchiarsi sulla scena, sancisce e ribadisce definitivamente l'origine etimologica della parola "teatro", cioè il punto da dove si guarda.
L'ombra di "Euridice"
Julie Gebhart
Anche le tre artiste partecipano e condividono il punto di vista del regista: le loro impeccabili interpretazioni risaltano e riprendono ciò che il loro personaggio deve rappresentare.
Euridice "delusa" dalla fredda indifferenza di Orfeo
Julie Gebhart con disinvoltura canta Amore mentre gira, si muove, si distende.
Varduhi Abrahamyan sottolinea il persistente richiamo dell'Ade nella sua Euridice, mentre Mélissa Petit incarna l'ingenuità e la genuinità di chi non s'arrende all'evidenza.
L'efficace scena in cui Orfeo si appresta ad entrare nel regno dei morti
Sullo sfondo del quadro di Camille Corot, il regista riproduce movimenti che il pubblico vede riflessi sul grande schermo.
Un altro riuscito passaggio speculare
Orfeo avvolto dal velo della morte 


Mélissa Petit
Il M° Guy van Waas ha lasciato andare la musica con libertà, senza costrizioni e sovrastrutture, facendo sì che accompagnasse la storia intrisa già di suo di forti emotività e tensioni, con un coro dolce, melodioso, soave diretto da Pierre Iodice.
In scena per altre tre rappresentazioni alle ore 20 di martedì 22, giovedì 24 e sabato 26 ottobre 2019. Giovanni Zambito.
La scena finale
Foto Opéra Royal de Wallonie-Liège
Cast


Fattitaliani

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