Giulio Maria Corso a Fattitaliani: "Il mio Liolà si nutre di sentimenti, di amore, di pensieri gentili “di canzoni e di cose del vento”


Al 53° Festival Teatrale di Borgio Verezzi, stasera in Prima nazionale e domani in replica “Liolà” di Luigi Pirandello.Con Enrico Guarneri (zio Simone), Anna Malvica (zia Croce) , Roberta Giarrusso (Tuzza), Ileana Rigano (Zia Ninfa), Caterina Milicchio (Mita), Margherita Patti (zia Gesa).Adattamento e Regia di Francesco Bellomo (intervista) che è anche Produttore dello spettacolo con Corte Arcana Isola Trovata. Le scene e i costumi sono di Carlo De Marino. Musiche di Mario D’Alessandro e Roberto Procaccini.

Liolà potrebbe essere una storia di “curtigghio” (cortile) ossia una storia che le vicine di casa si raccontano sotto forma di pettegolezzo. Gli elementi ci sono tutti.
 Liolà è un rivoluzionario dell’amore e molto lontano dalla Società Verghiana dell’epoca. Ama lavorare e cantare ed è completamente avulso dall’idea di possedere. Una mosca bianca in un luogo in cui tutto è fermo all’800 mentre lui è precursore di un’altra epoca. Ha avuto tre figli da donne diverse e propone a zio Simone una paternità non sua… per salvare capre e cavoli! Si sentono quasi i mormorii delle donne del cortile e sembra di vedere i loro occhi spalancati!
 Liolà è un personaggio trasparente e positivo, quasi un eroe dannunziano.
 Non a caso Antonio Gramsci all’epoca delle prime rappresentazioni definì Liolà come il miglior prodotto dell’energia pirandelliana.
Fattitaliani ha intervistato Giulio Maria Corso, che intepreta Liolà.
Che Liolà sarai?
È un personaggio che appartiene al panorama dei classici, ciò significa incontrarsi o scontrarsi con tutte le edizioni precedenti come quella con Turi Ferro che ho molto amato. Non voglio però prendere spunto dagli interpreti che mi hanno preceduto perché c'è una discrepanza soprattutto di età! Nel mio caso Liolà sarà un trentenne e non posso fare finta d’essere più grande. Mi diverte l'idea di pensare a lui come un rivoluzionario dell’amore quindi molto lontano dalla società verghiana dell’epoca. Pirandello narra di gente attaccata alla “roba”. Gente che ha bisogno di affrancarsi dalla povertà.
 Il mio Liolà è completamente avulso dal pensiero di possedere. È uno che si nutre di sentimenti, di amore, di pensieri gentili “di canzoni e di cose del vento”. A zio Simone dice “lu sapiti ca io e lu viantu simu frati”. Sarà questa l'anima del mio Liolà, un ragazzo che si assume il rischio di essere una mosca bianca in un posto in cui il mondo è ancora quello dell’Ottocento. Si fa precursore di un'altra epoca. È fuori dal suo tempo e forse anche di epoche successive alla sua. Piace immaginare che Liolà sia evocato all'inizio e sparisca alla fine, esattamente come fa il vento.
Personaggio rivoluzionario e moderno a chi ti sei ispirato e cosa hai portato di tuo nel personaggio?
M'ispiro alle parole di Pirandello dove trovo le ragioni che fanno vivere il personaggio. Non mi piace emulare altri perché sarebbe un copiare il personaggio come di solito fa l'artista. Quest’anno il tema del Festival è “Il Teatro che cita se stesso” per questo noi torniamo con questo dramma bucolico che appartiene ai classici della tradizione e facendomi forza con l'esperienza fatta all'Accademia d'arte drammatica provo ad essere grande come solo in Teatro si sa fare! Credo che questo sia un testo in cui non c’è nessun elemento psicologico. I personaggi sono quello che sono, non c’è né “retro pensiero” e né troppe pause di riflessione! Sono a metà tra le maschere ed i personaggi del Novecento. Se vogliamo, si affacciano ad un teatro più contemporaneo.
C'è qualche analogia con i personaggi del Fu Mattia Pascal. Che ne pensi?
Credo che nei testi di Pirandello c'è sempre un ritorno dei suoi personaggi. Come ho letto in alcuni saggi, per la stesura di questo testo, lui si era ispirato al Fu Mattia Pascal a La Giara e alla novella La Mosca. Vengono citati anche altri personaggi. Il mondo di Pirandello si alimenta e si nutre da sé. Lui amava cibarsi di storie del suo paese, di quella Girgenti che probabilmente non esiste più. Rimettere in scena la storia di quest'uomo non più in forze che si prende cura di un bambino che la donna ha avuto da un altro. Sono storie di curtigghio (cortile) ossia le storie del vicinato che le vecchie signore si raccontavano sotto forma di pettegolezzo.
Elisabetta Ruffolo


Fattitaliani

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