XI Premio Biagio Agnes, fra i giurati Dario Edoardo Viganò. L'intervista

A Sorrento dal 21 al 23 giugno, XI edizione del PREMIO BIAGIO AGNES 2019, Premio Internazionale dell’Informazione dedicato alla memoria dello storico Direttore Generale della Rai  e grande giornalista organizzato dalla Fondazione Biagio Agnes e in partnership con Confindustria.

La cerimonia di premiazione si terrà il 22 giugno a Marina Grande. Un evento televisivo prestigioso condotto da Mara Venier e da Alberto Matano. Il 29 giugno sarà trasmesso in seconda serata su Rai 1.
Il Premio Giornalista per l’Europa andrà alla memoria di Antonio Megalizzi.
Tra i giurati Monsignor Dario Edoardo Viganò, presbitero, accademico e scrittore italiano. Professore ordinario presso la Pontificia Università Lateranense e docente incaricato presso la LUISS “Guido Carli” di Roma.
Com’è nata l’idea di un Film su Papa Bergoglio, diretto da Wim Wenders?  Il concetto di Wenders nasce perché c’erano state moltissime richieste dopo l’elezione di Bergoglio di fare sul modello del Pastore Angelicus di una giornata con il Papa sul modello di Giovanni XXIII. Il Papa continuava a ripetere che non faceva l’attore. Era forte il desiderio di poter conoscere meglio il Papa. Abbiamo pensato che sarebbe stato meglio farlo noi, coinvolgendo il Vaticano nella produzione e abbiamo chiesto a Wenders perché avevo visto “Il sale della terra”, Ci voleva un documentarista che sapesse dare un respiro intimo senza essere troppo invadente.  Mi sembrava la persona giusta come Regista e poi ho parlato con il Papa che l’idea era quella di approfondire alcuni temi che lui accenna durante i viaggi ma che dovevano essere approfonditi.  Sono state realizzate quattro sessioni di interviste per otto ore. Considerando il numero delle camere abbiamo più di venti ore di girato e il Film dura 96 minuti. È stato girato con la tecnica del doppio gobbo. Il Papa aveva di fronte a sé lo schermo dove vedeva un primissimo piano con lo sguardo di Wenders e viceversa il regista che era in un’altra stanza. Quando si vede il Film dà l’idea di uno sguardo in profondità dello spettatore, per cui riesce a riprendere anche alcune tematiche che il Papa affronta con il respiro del ragionamento ed una modalità di empatia tipica di uno sguardo in camera così da vicino.
Il film ha tre livelli: Le immagini che il Centro di produzione del Vaticano registra quando il Papa è in viaggio, cioè tutte quelle situazioni che in genere noi non vediamo perché sono tenute come documentazioni. Una serie di interviste come quelle sul problema ecologico e in più un’inserzione che ha voluto Wenders, sulla figura di San Francesco come parallelismo con Bergoglio. “Vai e ripara la mia Chiesa”. Lo studioso Marco Ivan Rupnik ha scritto che quando il Papa dopo l’elezione si è affacciato al balcone ci ha riportato a quando   la Chiesa diventasse teodosiana prima e costantiniana dopo. Abbiamo abbandonato il trono di Costantino prediligendo la cattedra di Pietro. Wenders ha girato con la camera a mano, ed è uscito questo film che ha girato tutto il mondo (Stati Uniti, Germania, Spagna). 
Ad ottobre uscirà un mio libro, in occasione  dei sessant’anni dell’ Istituzione da parte di Giovanni XXIII° della Filmoteca Vaticana. Speriamo di consegnare agli storici del Cinema, un documento che può affrontare varie tematiche. 
Il Papa non sarà un attore ma sicuramente è un grande comunicatore...  
Beh certamente perché ha una grande empatia. Le parole non hanno la leggerezza della retorica convenzionale ma hanno un radicamento nella storia personale dei protagonisti della comunicazione, questo è veramente affascinante. 
In generale, quanto è cambiata la comunicazione oggi? 
Moltissimo non solo con l’avvento ma con la crescita esponenziale dei media digitali, la prima cosa che dobbiamo notare è che in fondo non ci sono più i media di fronte alla società ma siamo noi stessi i Media. Tant’è che è difficilissimo distinguere la situazione mediale da una non mediale. Quando faccio la spesa e consegno una Fidelity Card, sto consegnando degli elementi della mia Privacy di consumo ed è difficile distinguere in quale situazione mi trovo.  I Media siamo noi stessi e s’instaura da un lato per i nativi digitali, l’accezione naturale in cui l’offline e l’ online si compenetrano. Noi siamo sempre in affanno perché non lo siamo e rimaniamo sempre un po’ indietro. Ci sono grossi problemi sia per i genitori che per la scuola entrambi ancorati in situazioni anagrafiche molto diverse. In tutto questo, oggi è difficile individuare uno spazio di privacy perché chiunque con uno smartphone in una situazione in cui non c’è la ripresa diretta o il consenso dall’altra parte e come abbia disintermediato molto la politica che prima si svolgeva nei territori, nei quartieri, nelle piazze e invece oggi tutto avviene in questa Agorà pubblica del digitale.
Elisabetta Ruffolo

Fattitaliani

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