
Ho
avuto la fortuna di conoscere Goffredo Palmerini otto anni fa, il 28 giugno
2011, all’Aquila.
Riesco
ad essere così preciso, perché Goffredo ha menzionato il mio intervento di
quella sera relativo al mitico Ristorante Aquilano “Tre Marie”, in un suo
pezzo, poi collocato in “L’Altra Italia”, il secondo dei suoi libri con One Group Edizioni.
Senza
quel preciso riferimento, a chi di voi mi avesse chiesto da quanto tempo
conosci Goffredo avrei risposto, senza alcuna esitazione . . . . “Ci conosciamo
da sempre”.
Non
credo di sbagliare affermando che anche Goffredo avrebbe dato la stessa
risposta . . . . “Ci conosciamo da sempre” con riguardo al suo amico Francesco.
Perché
. . . . Semplicemente perché sono tanti i temi ci accomunano, che ci
appassionano.
L’ultima volta che ho incontrato Goffredo è stato il 27 maggio 2018 all’Aquila, per “Start up weekend L’Aquila”, meraviglioso evento che si è svolto presso l’Università degli Studi dell’Aquila, Dipartimento di Scienze Umane.
L’ultima volta che ho incontrato Goffredo è stato il 27 maggio 2018 all’Aquila, per “Start up weekend L’Aquila”, meraviglioso evento che si è svolto presso l’Università degli Studi dell’Aquila, Dipartimento di Scienze Umane.
La
penultima volta che ho incontrato Goffredo è stato il 13 marzo 2018, sempre all’Aquila,
presso la Sala Conferenze ANCE. Ho parlato per quattro ore di rendiconto
finanziario a tanti dottori commercialisti e a Goffredo.
Ovviamente,
dopo due mie “discese” all’Aquila, toccava a lui “salire” a Milano ed eccoci
qua, presso la Caffetteria Passerini, che quest’anno compie 100 anni, festeggia
il centenario.
Tra le
tante parole chiave del libro di Goffredo Palmerini “Grand Tour a volo d’Aquila”,
quella che ho scelto per illuminare questo incontro è “Teatro”.
L’AQUILA E NEW YORK

All’Aquila,
il 5 luglio 2017, il giorno del suo novantesimo compleanno, toccato dall’emozione,
ma con il grande sorriso aperto, disse:
“Sono
felicissimo di essere tra la mia gente, nella mia città dove sono nato 90 anni
fa. Mi sento amato e rispettato, forse per la mia cordialità e positività. Cerco
di costruire un futuro migliore.
Nelle
mie opere, contrariamente a certi film o drammi teatrali dove non si capisce
mai come finiscono, c’è sempre una conclusione positiva e chiara. Secondo me il
dovere principale di un autore è proprio questo.
Il sorriso mi ha aiutato tutta la vita a parlare con tutti. Rompe la diffidenza, aiuta a dialogare anche con chi ha un’avversione.
Il sorriso mi ha aiutato tutta la vita a parlare con tutti. Rompe la diffidenza, aiuta a dialogare anche con chi ha un’avversione.
Io
credo nell’Uomo, nonostante l’uomo. Credo nell’uomo nonostante . . . .
La mia qualità è l’essere sempre ottimista e persistente. Quando parlo con i giovani, li invito ad essere persistenti. Anche quando si hanno sconfitte bisogna persistere, perché arriverà il momento del trionfo. Bisogna essere ottimisti, impegnarsi e le cose miglioreranno.
La mia qualità è l’essere sempre ottimista e persistente. Quando parlo con i giovani, li invito ad essere persistenti. Anche quando si hanno sconfitte bisogna persistere, perché arriverà il momento del trionfo. Bisogna essere ottimisti, impegnarsi e le cose miglioreranno.
Sono
anche felice perché ho visto che L’Aquila sta rinascendo. L’Aquila rinascerà
avremo una città molto più bella di prima”. (Cfr. pagg. 290-291)
Quel
giorno parlò anche Goffredo:
“Voglio
annotare come Mario Fratti, con la sua semplicità e bonomia, dia il senso di
come stare bene nel mondo.
Chiunque
l’abbia visto nel suo ambiente, a New York, ha avuto la percezione immediata
della considerazione e del prestigio di cui gode questo straordinario
ambasciatore dell’Abruzzo, dell’Aquila e della cultura italiana nel mondo.
Lì a
New York basta solo dire “Mario”, perché si sappia già che si parla di Mario
Fratti.
Lui ha
una relazione non costruita e senza orpelli con le più alte personalità, ma
anche con il senzatetto che chiede per strada l’elemosina, cui non solo dà il
suo aiuto, ma anche una parola di saluto e d’incoraggiamento.
Mario
rende migliore il mondo e l’Umanità con le sue opere. C’è un quid in più nelle sue opere e nella sua
scrittura teatrale, ma soprattutto nel suo modo di vivere, sempre con l’attenzione
rivolta verso ogni essere umano. C’è un nuovo umanesimo in tutta la quotidianità
della sua esistenza. Mario accende speranze. Ha entusiasmato l’Aquila e il
Consiglio Regionale. È uno dei più
straordinari figli d’Abruzzo.
Ha
ragione Mario quando dice che tutti possiamo migliorare un po’ il mondo e l’umanità,
facendo ciascuno con amore e passione la propria parte. C’è da credergli”. (Cfr. pag. 292)
SAN MARCO IN LAMIS E NEW YORK
Nel
prossimo libro di Goffredo Palmerini (lui non lo sa ancora: è una sorpresa che
gli preannuncio adesso) si parlerà di un Sammarchese che, per il combinarsi
delle combinazioni, vive a New York, che il 14 gennaio 2019 ha festeggiato 19
lustri. È un grande amico di Mario Fratti. Il suo nome è Joseph Tusiani.
Ho
incontrato Joseph Tusiani il 30 settembre 2010 presso il Teatro del Giannone a
San Marco in Lamis: uno dei giorni indimenticabili della mia vita. Quella sera
conclusi il mio intervento pronunciando le parole che stavolta colloco all’inizio.
Con
riguardo alla monumentale opera di Joseph Tusiani ho capito una cosa
fondamentale e mi piace rivelarla presso un Teatro collocato in una Scuola.
Non è
importante la lingua in cui scrive (inglese, latino, italiano o dialetto
garganico), non è importante il posto in cui ambienta la vicenda (San Marco in Lamis,
New York, una nave . . . .): l’essenza del tutto è che ciò che scrive proviene
da un “Professore”, vale a dire da un Uomo che ha coniugato attitudine,
istruzione, preparazione e determinazione per “professare”, al meglio, la sua
materia.
E la
sua materia è la vita:
Ø quella
che c’è dentro secoli di fatti, conoscenze, poesie;
Ø quella
che non smette mai di stupire, perché rinnova senza soluzione di continuità lo
stupore sia nel docente che nei discepoli;
Ø quella
che rende possibile avere i piedi nel borgo e la testa nel mondo;
Ø quella
che consente al docente e ai discepoli di fare strada insieme;
Ø quella
che va incontro a “l’infinito” che sta oltre “la siepe” dei banchi, delle
cattedre, dei computer.
Ho
reso omaggio a Joseph Tusiani anche a Milano, presso il meraviglioso Centro
Filologico Milanese, in occasione della presentazione della sua autobiografia edita
da Rizzoli “In una casa un’altra casa trovo”, il 30 novembre 2016.
Quella
sera lessi una sua poesia intitolata “La Scienza”.
Nascere
è il primo e l’ultimo mistero:
vale
per me e per ogni universo
creato
a splendere e spegnersi,
dopo cento
miliardi di secoli
o
appena dopo una minima vita di giorni.
Ecco,
già nati non per nostro merito,
per un
motivo siam parte del mondo
e per
un altro motivo siam gli uni
dagli
altri esseri vivi assai diversi,
più
che pietra da pietra, erba da erba,
e da
galassia altra galassia errante.
Ed è
nata così l’umana scienza,
che
dei remoti sovrumani mondi
non
saprà nulla mai, e sol di questi,
a noi
vicini, può scrutare nuove
cellule
e nuove molecole arcane.
Ora lo
so: altro non è la scienza
che il
balbettio di un’umile preghiera,
eterna
e giornaliera, alla ricerca
di un
Dio che umanamente si diverte
nel
farsi, giorno dopo giorno, ancora
comprender
sempre più dal Suo creato.
Oltre
all’amore per l’insegnamento, ci sono altre due cose che accomunano me e Joseph
Tusiani.
La
prima: due meravigliose mamme sarte.
Più
che sarta eri allora. . . .
ed
anche più che madre. . . .
Erano
ali le tue dita,
le tue
dita erano canti. . . .
(Mother’s Last Dress)
La
seconda: la lontananza dalla terra natia. La lontananza, come cantava Domenico
Modugno, “è come il vento: spegne i fuochi piccoli . . . . accende quelli
grandi”. È strano a dirsi. La lontananza ci ha permesso di apprezzare meglio
luoghi e personaggi che, altrimenti, non avremmo neppure notato e di provare
sentimenti, che altrimenti ci sarebbero stati sconosciuti.
Chiedo
aiuto a Joseph Tusiani, per spiegare al meglio questo concetto.
Chi
non ha mai messo piede fuori d’Italia
non sa
cosa sia udire all’improvviso
un
canto del paesello natio in terra straniera.
Ti si
inumidiscono gli occhi;
ti
passano davanti, come su uno schermo magico,
tutti
i volti dei vecchi amici,
rivedi
ogni pendio erboso, ogni vicoletto ripido,
senti
e distingui le campane delle chiese
e
passi il dito sull’occhio
per
asciugare una lacrima senza vergognartene.
A New
York, ogni giorno, Joseph Tusiani bacia la terra del suo Gargano, che conserva
in un umile ma preziosissimo astuccio. E poi guarda il Gargano attraverso il
telescopio della poesia.
Il
subconscio le coglie
una
per una o tutte insieme
le
stupende onde del cosmo
che
incomincia e in noi sconfina?
Non
avrei altrimenti all’improvviso,
o mio
Gargano, angelico Monte,
voluto
essere uccello e a te volare,
io
che rivederti non speravo.
Il
telescopio della poesia che guarda anche San Marco in Lamis.
Se all’improvviso
a San Marco apparissi
e in
quel momento i conterranei miei,
tutti,
ma proprio tutti, ancor dormissero,
cosa
farei alle due del mattino,
anzi
di notte, in una città morta?
“Ma
sono all’improvviso morto anch’io,”
mi
chiederei, “o sono forse il solo
superstite,
mortale fortunato
ancora
vivo dopo un gelo immane
che
tutto sulla terra ha congelato?”
Non
saprei a me stesso che rispondere
quando,
ad un tratto, ad un cenno d’intesa,
balconi
si aprirebbero e finestre
e
porte e porticine di sottani,
e
mille e mille voci udrei gridare:
“Joseph
è qui! È arrivato Tusiani!”
E
invece sono qui nella mia stanza,
come
ogni giorno incapace di volo,
buono
soltanto a sognare, a sognare.
MILANO E MARTINA FRANCA
Nel
prossimo libro di Goffredo Palmerini (lui non lo sa ancora: è una sorpresa che preannuncio
adesso a lui e al maestro Alberto Triola, direttore artistico del Festival
della Valle d’Itria, che saluto) si parlerà di un figlio di un Martinese che,
per il combinarsi delle combinazioni, visse a Milano, di cui ricorrerà il
centenario il 30 ottobre 2019.
La mostra
a lui dedicata illuminerà il Palazzo Reale dal 26 gennaio al 24 marzo 2019. Il
suo nome è Paolo Grassi, fondatore del Piccolo Teatro di Milano insieme a
Giorgio Strehler.
Paolo
Grassi - che oltre a dirigere il Piccolo Teatro di Milano per 25 anni, fu sovrintendente
della Scala dal 1972 al 1977, e presidente della RAI dal 1977 al 1980
- aveva una profonda cultura umanistica, “era democratico a misura
europea…aveva mutuato dall’ambiente milanese la larghezza di vedute, il
senso dell’organizzazione, la laboriosità, il timbro europeo dell’esistere
e dell’operare…”. (Cfr. Michele
Pizzigallo)
Paolo
Grassi – carattere vigoroso, tenace nella realizzazione dei progetti, signorile
nei modi – era figlio di un Martinese e legatissimo alla città dei trulli e al
Festival della Valle d’Itria.
Vi
leggo lo straordinario monito di Paolo Grassi al Festival della Valle d’Itria:
“Un’idea
di fare teatro, in un modo diverso dagli altri, non vi servirà molto. Anzi, vi
farà soffrire di più. Ma sarà anche il segno del vostro orgoglio. Portate con
voi l’esempio di una moralità teatrale per un mondo migliore e più buono. Non
dimenticatevi: in epoche oscure anche le luci più tenui brillano come stelle. E
ricordatevi anche che, nonostante tutto, il Mondo non finisce qui. Che il Teatro
non finisce qui”.
Vi
leggo lo straordinario intento di Paolo Grassi:
“Io
devo fare il teatro per cambiarlo, per farlo diventare un fatto d’arte, di
civiltà, di cultura”.
MILANO E VINCI . . . . E MARTINA FRANCA
Teatro ....saluto il regista Marco Fragnelli. In occasione dei 500 anni di
Leonardo da Vinci, che illumineranno Milano e Vinci con tantissimi eventi, ha
progettato un meraviglioso spettacolo teatrale “LionArdo – dannatamente genio”.
Per il combinarsi delle combinazioni, la prima rappresentazione andrà in scena
a Martina Franca, il 6 aprile 2019, durante il Festival dell’Immagine.
“LionArdo
– dannatamente genio” è un progetto che riguarda la “Nave-Mondo”, che sta
andando alla deriva.
La
sensazione di catastrofe imminente ci accompagna come uno zaino invisibile
aggrappato alle spalle della civiltà. Ma non tutto è perduto, come ricordano
l’arte, la poesia e la musica.
E, non
solo un genio, uno dannatamente genio come LionArdo, ha il dovere di salvare la
Nave-Mondo, ma anche noi.
“LionArdo
– dannatamente genio” è un progetto pensato e realizzato interamente da giovani
artisti, che non hanno paura di sporcarsi le mani raccontando i dolori del
genere umano, che non smetteranno mai di cercarne l’anima raccontando la
bellezza di ogni volto e indagando il timido incedere di un mezzo sorriso.
Concludo.
Sia
lode e gloria a Goffredo Palmerini.
Sia lode e gloria a Goffredo Palmerini . . . . e mi approprio della
definizione coniata dal nostro comune amico Franco Presicci . . . . viaggiatore
instancabile, viaggiatore curioso, viaggiatore ansioso di scoprire le perle del
mondo.