Sono gli anni del boom economico
e della guerra fredda, gli anni in cui territori di secolare tradizione
agricola diventano industriali, gli anni in cui impegnati fogli studenteschi
invitano i giovani a manifestare contro gli adulti e contro il modello
capitalistico.
Sono anche gli anni in cui una generazione di adulti stava
amministrando quella realtà aperta al progresso e allo sviluppo per uscire
dalle distruzioni e dalle ferite profonde lasciate della guerra che, nata come
guerra mondiale, in Italia si era trasmutata in una tragica combinazione di
guerra di liberazione nazionale, di guerra civile e di guerra di classe.
Nel 1966
l’ingegnere di Lugo (Ravenna) Eugenio Berardi, pioniere del grattacielo
balneare in Italia, decise di investire le proprie risorse di imprenditore e
progettista in un’opera che per dimensioni, carattere innovativo e potenziale
richiamo turistico, avrebbe certamente superato le sue due prime torri di
Milano Marittima e Cesenatico. Il libro L’Ala
di Berardi. Storia di un grattacielo mai costruito a Lido Adriano (Edizioni
del Girasole) ripercorre la cronaca di un edificio visionario che divise la
politica ravennate proprio alla vigilia del Sessantotto, anticipando a livello
locale le future tensioni nazionali, richiamando l’attenzione sulle conseguenze
dello sviluppo economico all’epoca del boom,
sul tema dell’urbanizzazione delle coste italiane e sulle trasformazioni dei
rapporti tra partiti politici ed ideologie. Quel
grattacielo doveva essere l’edificio principale di un complesso edilizio
d’avanguardia, concepito con ristorante, negozi, campi da gioco, accesso
diretto (ed esclusivo) alla spiaggia: 41 piani, 120 metri di altezza, 4
ascensori, una terrazza belvedere con una fascia perimetrale illuminata di
notte e un impianto di risalita per il collegamento tra la cima della torre e
il molo della nuova darsena. Un programma funzionale, e un nome – Ala, per l’appunto – di grande respiro
che si candidava a diventare l’elemento iconico dominante di una località allora
ancora tutta da costruire, Lido Adriano, un nuovo ed elegante quartiere sul
mare di Ravenna, che però proprio in quegli anni diventerà invece uno dei tanti
esempi del disordine urbanistico italiano, privo tra l’altro di quel
grattacielo che non verrà mai costruito.
Indagare su qualcosa che
poteva e doveva essere realizzata ma che alla fine scomparve dall’agenda di
quegli anni è l’obiettivo di questo libro. Per riportare alla luce questa
storia paradossale è stato necessario consultare gli archivi, i testimoni
diretti, le riviste d’epoca che dettavano le linee del dibattito architettonico
e politico, trovando in moltissimi casi dei vuoti dovuti al tempo trascorso e
alla mancata conseguenza tra il progetto e quell’opera che non sarà mai compiuta.
È stata, pertanto, una ricerca avventurosa che ha messo insieme tre
diversissime esperienze: Saturno Carnoli (curatore del volume e protagonista
diretto - insieme ad Elios Andreini - della vicenda politica che accompagnò il
progetto di Berardi), Cesare Albertano (che ha curato la parte politica) e Domenico
Mollura (che ha curato la parte architettonica), entrambi “estranei”, per
origini (rispettivamente piemontesi e siciliane) e per dati anagrafici, a
quelle vicende.
Il libro narra «la storia di una dialettica politica lacerante
e distruttiva, la storia degli errori che la lettura ideologica della realtà
sempre porta con sé, la dimostrazione – spiega Albertano – che chi vive l'attimo storico contingente
non può mai avere la visuale di chi vedrà quegli accadimenti nella loro
compiutezza e, pertanto, è destinato a sbagliare e a non capire cosa gli stia
succedendo. Proprio in questi aspetti mi ha coinvolto questa narrazione: poter
descrivere l’arrivo della temperie del Sessantotto non con enfasi commemorativa
ma con uno sguardo che potesse far emergere lo scontro generazionale, la fatica
del vivere, le illusioni e le delusioni, le inadeguatezze, gli errori, la
casualità degli accadimenti, l'improvvisa impennata dei destini».
L’affaire Lido Adriano mise in fibrillazione i già difficili rapporti
tra i partiti di governo di quegli anni (in particolare l’asse DC, PSI, PRI,
PSDI, PLI) e l’opposizione del Partito Comunista in un territorio che manteneva
ancora viva nella propria memoria storica i fatti degli ultimi decenni, segnati
dall’esperienza fascista e da quella resistenziale. In quel biennio 1966-67 la
rottura causata dalle diverse posizioni assunte nel PCI ravennate, sia sul tema
delle speculazioni edilizie sia sul progetto di Berardi, determinò rilevanti
conseguenze: «Ha anticipato -
racconta Carnoli, all’epoca un giovane universitario contrario alla
cementificazione della costa - un diverso
modo di fare politica che diventerà prassi normale l’anno dopo (1968), ha
introdotto un più agguerrito spirito critico per vivere la lotta politica come
forma collettiva di creatività e progettualità sociale. Non credo - prosegue - che la nostra lotta contro il grattacielo
di Berardi sia stata determinante a impedirne la realizzazione, né penso che la
sua realizzazione avrebbe veramente cambiato il destino di Lido Adriano.
Sicuramente ritengo che allora non valutammo per nulla il valore complessivo
dell’opera soprattutto dal punto di vista tecnico ed estetico, prigionieri
forse del pregiudizio antiborghese in materia di sviluppo capitalistico e
infastiditi dalla doppiezza del partito a difesa degli interessi delle
cooperative».
Per non ridurre la ricerca
alla sola ricostruzione storico-politica dei fatti, il libro offre nella sua
seconda parte anche un’ampia ricostruzione del progetto, entrando nei dettagli
tecnici e nello stile inconfondibile della creatività e della visionarietà di
Berardi: «Vale sempre la pena affrontare uno studio sulla tipologia
del grattacielo - ribadisce Mollura -
inteso come sfida ingegneristica e richiamo alla modernità, ancor di più se si
inserisce questo studio nell’ottica dei progetti che attendevano le città
italiane negli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo di fronte allo scenario
della ricostruzione sociale, politica, economica e urbana dell’Italia
repubblicana. La volontà di ripensare la città italiana secondo criteri
estensivi, finalizzati alla distribuzione dell’urbanizzazione sul territorio
sia in senso orizzontale che verticale, rappresentò un’esigenza allora inderogabile,
ma non sempre i piani urbanistici e le volontà politiche seppero sorreggerla e
guidarla con lungimiranza».
Ricostruire le vicende del progetto Ala, inedito e irrealizzato, non è stato semplice, ma i protagonisti di
quegli anni, l’edifico e soprattutto il suo geniale progettista, meritavano che
quella storia fosse riscoperta e raccontata. Con questo volume, pubblicato a cinquant’anni
dall’inizio della edificazione di Lido Adriano e a quarant’anni dalla morte di
Eugenio Berardi, gli autori hanno tentato di far un luce su un caso dai
risvolti oscuri. Un’unica certezza: il grattacielo Ala non
è stato mai costruito, la sua forza simbolica non ha mai preso il volo: è
rimasta nella nebbia, la stessa nebbia nella quale doveva essere avvolto quel
gigante in inverno, come lo aveva immaginato Berardi, al servizio del tempo
libero, per la felicità dei turisti estivi e dei residenti, proteso verso
l’Europa e verso il futuro.
Scheda
L'ala di Berardi. Storia di un grattacielo mai costruito a Lido Adriano
Domenico Mollura - Cesare Albertano - Saturno Carnoli
Edizioni del Girasole
Ravenna, 2017; br., pp. 224, ill. b/n e col., cm 17x24.
(Girasole Storia).
collana: Girasole Storia
Lunedì 11 dicembre 2017 alle ore 17.30 presso la Libreria Feltrinelli di Ravenna in via Diaz 14, l'Onorevole Elios ANDREINI presenta il libro "L'Ala di Berardi. Storia di un grattacielo mai nato a Lido Adriano", curato dal Professor Saturno CARNOLI con testi del Professor Cesare ALBERTANO per la parte storica e dell'Architetto Domenico MOLLURA per la parte urbanistica.
Lunedì 11 dicembre 2017 alle ore 17.30 presso la Libreria Feltrinelli di Ravenna in via Diaz 14, l'Onorevole Elios ANDREINI presenta il libro "L'Ala di Berardi. Storia di un grattacielo mai nato a Lido Adriano", curato dal Professor Saturno CARNOLI con testi del Professor Cesare ALBERTANO per la parte storica e dell'Architetto Domenico MOLLURA per la parte urbanistica.