(English version) Intervista di Andrea Giostra. Chiara è una pittrice italiana. Giovane ma
non è estranea al mondo dell’arte statunitense prima, italiano poi, e
internazionale infine. Dell’arte che fa scuola, crea cultura, riflessione,
etica, morale pubblica. Dell’Arte che si appropria, o si ri-appropria se
vogliamo e come vedremo nella nostra interessante conversazione, del concetto
che Aristotele aveva del pensiero e della riflessione quando gli accadimenti
della vita ci costringono a ragionare e a pensare “filosofando”.
Chiara è una cittadina del mondo, una
cosmopolita come si dice oggi, che parla benissimo diverse lingue. Le sue opere
sono state esposte in diverse gallerie tra Europa e America. È una stella
nascente dell’arte visiva.
Chiara Spagnoli Gabardi definisce i suoi
quadri “Calembours Materici”, ovvero giochi di parole con tecnica mista,
dedicandosi contemporaneamente ad altri campi creativi. Da questo punto di
vista si potrebbe definire Chiara un’artista di stampo rinascimentale dall’eclettismo creativo, o una
Fenomenologa dell’Arte Contemporanea. Oppure, ancora, per tornare ai nostri
tempi con il filosofo ed economista francese Serge Latouche, un’artista che
possiede un tocco pittorico e creativo “eco-friendly”.
Difficile da racchiudere in una semplice
definizione. Molto più facile ammirare le sue Opere, farcele raccontare, e
ascoltare le sue parole in questa bella chiacchierata a due, dopo aver fatto
una piccola presentazione dell’artista.
Chiara, oltre ad essere una giovane Artista
di grande talento, è anche una scrittrice poliglotta e quindi non soffre di
certo di analfabetismo idiomatico. La sua formazione culturale e accademica è
multiforme. Dopo aver frequentato una scuola britannica a Milano, si è laureata
in Scienze Politiche, frequentando successivamente un Master universitario in
sceneggiatura e produzione cinematografica. Durante questa formazione, ha
inoltre frequentato dei corsi tra New York e Los Angeles al “Lee Strasberg
Theatre and Film Institute”, istituto che celebra oltre 45 anni di lavori
concentrati soprattutto nella formazione di attori e di artisti della settima
arte. Oggi Chiara esprime la sua anima artistica da diverse prospettive
creative ed intellettuali: critico cinematografico, sceneggiatore, giornalista
ed editorialista per diverse testate europee e statunitensi, della carta
stampata, online, ed emittenti radio-televisive. Chiara è inoltre docente presso
l’Università I.E.D. di Milano, dove insegna “Phenomenology of Contemporary
Arts”.
I suoi quadri conosciuti come “Calembours
Materici”, riescono a sedurre l’amante dell’Arte sperimentale e innovativa,
attraverso i giochi di parola che prendono vita su tela.
Ciao Chiara, benvenuta e grazie per la tua
disponibilità nel fare una chiacchierata con me sulla tua arte e sulla tua
professione. La prima domanda che ti pongo è quella di chiederti di presentarti
ai nostri lettori: Chi è la Chiara-Donna?
Grazie Andrea di esserti interessato alle mie
ultime vicende pittoriche. Ho avuto il privilegio di nascere nel paese della
bellezza, l’Italia, e di cimentarmi all’estero, tenendo a mente la femme
indépendante di Simone de Beauvoir, che attraverso il lavoro e la auto-realizzazione
ha la possibilità di liberare la propria espressione artistica. Sono una donna
che esplora continuamente la propria complessità, come disse Oriana Fallaci
“Essere Donna è così affascinante, è un’avventura che richiede un tale coraggio
una sfida che non finisce mai”.
Chi è invece la Chiara-Artista?
Curiosa con un’anima fanciullesca. La
sindrome di Peter Pan e lo spirito di Lewis Carroll non mi abbandonano mai e
sono la mia chiave per scrutare, e talvolta dileggiare, alcuni aspetti della
nostra società. Sono guidata dal senso di meraviglia e cerco di convogliarla
nella mia arte.
Chiara, hai trascorsi diversi anni a New York
per il tuo lavoro di artista e giornalista. Qual è stata la spinta che ti ha
portato al cuore dell’Arte Contemporanea? E cosa ricordi dei primi anni di
soggiorno in America che vuoi condividere con i nostri lettori?
Ho iniziato a viaggiare fin dalla tenera età
e questo mi ha permesso di non aver mai un approccio reverenziale verso
l’estero. Perciò l’America, in particolare New York, è stata una tappa che ho
voluto fare per ampliare la mia esperienza professionale e mettermi alla prova
lontano da casa. Indubbiamente la Grande Mela è stata scelta in quanto fulcro
delle nuove tendenze artistiche e sono stata felice di poter realizzare diverse
mostre a Manhattan e avere avuto degli splendidi riscontri, sia dal pubblico
sia dai media. Vivere in America fortifica e permette di rivedere l’Italia con
altri occhi. Il nostro è un paese eccezionale, che dovrebbe lavorare sulla
propria autostima e al tempo stesso aiutare le nuove generazioni ad esprimere
la loro professionalità.
Che età avevi quando hai iniziato ad imparare
le tecniche per esprimere la tua pulsione artistica?
Sono un’autodidatta. Fin dal liceo realizzavo
nature morte a matita, carboncino e olio. Ma la mia gioia maggiore era quando
sperimentavo con la materia. Ho poi iniziato la mia produzione artistica su
tela all’università mentre studiavo tutt’altro, Scienze Politiche. Nel corso
degli anni i quadri sono aumentati e sono stata spronata da amici e parenti a
realizzare la mia prima mostra. Da allora il mio stile si è definito con i miei
giochi di parole con tecnica mista, chiamati “Calembours Materici”.
Sai bene, Chiara, che per essere artisti
occorrono gli strumenti per esprimere il proprio talento. Nel Rinascimento
italiano erano i Maestri d’Arte a trasmettere le tecniche e la maestria
nell’uso degli strumenti con cui operare e creare, con i quali modificare la
realtà e trasformare il noto in nuovo. Chi sono stati i tuoi Maestri d’Arte?
Non ho avuto una figura
di mentore che mi abbia introdotto all’arte e al desiderio di coltivarla. Mi
sono lasciata guidare da alcuni movimenti artistici come la Pop-Art, il Ready
Made, l’Arte Povera e il Dadaismo. Alberto Burri è l’artista che mi ha ispirato
a giocare con la materia, anche se i miei primi esperimenti pittorici hanno
seguito l’action painting e il dripping di Jackson Pollock. Il Rinascimento
Italiano mi ha sempre ammaliato per i capolavori che ha creato e gli artisti che
ha promosso. All’epoca il mecenatismo era vissuto come virtù civica, mentre
oggi sono pochi i privati dediti a valorizzare gli artisti. Del Rinascimento
amo la figura del “polimata”, l’artista che si cimenta in più campi. Leonardo
Da Vinci n’è l’emblema, ma abbiamo anche esempi più moderni come la bellissima
e talentuosa Hedy Lamarr: attrice versatile che sdoganò il nudo femminile nel
cinema degli anni ‘30, donna politicamente impegnata che lasciò il primo marito
filo-nazista e inventrice geniale a cui dobbiamo l’esistenza del Wi-Fi.
Qualsiasi professione, quando fatta bene, ha
bisogno di un periodo di “gavetta”. Tu, Chiara, cosa ricordi dei tuoi primi
anni di attività artistica, della cosiddetta gavetta, dove si lavora tanto e si
guadagna pochissimo o nulla? E quali sono state le difficoltà che hai dovuto
affrontare e superare?
Come diceva Eduardo De Filippo “gli esami non
finiscono mai”, quindi la mia gavetta prosegue. La ricerca per il mio percorso
artistico, giornalistico e di docente comporta uno studio continuo. Per quanto
riguarda le difficoltà remunerative delle professioni creative, l’aspetto
positivo è che seguendo più progetti contemporaneamente, si sviluppano capacità
di multitasking e si ha la possibilità di spaziare creativamente.
Saprai come tutti, Chiara, che nel mondo
dell’Arte ci sono moltissimi giovani talenti che purtroppo non riescono ad
esprimersi compiutamente e ad avere successo. Spesso vengono ingaggiati ed
incastrati da artisti senza scrupoli che ne fanno i loro “Nigger”, come si usa
dire in gergo, ovvero dei giovani artisti che devono realizzare centinaia di
opere nello stesso stile dell’artista che glieli ha commissionati senza però
averne nessun riconoscimento, se non quello di qualche soldo per vivere. Un
fenomeno che inizia nei paesi anglosassoni (U.S.A., Inghilterra, Australia), ma
che adesso si sta sviluppando anche in Europa, e in Italia da un po' di anni a
questa parte. Quando eri una giovane artista hai mai ricevuto questo genere di
proposta? Qual è la tua idea rispetto a questo fenomeno in larga diffusione?
Il fenomeno si può collegare anche al fatto
di essere un’artista donna, se si pensa alla canzone del 1972 di John Lennon,
con la Plastic Ono Band “Woman is the Nigger of the World”, che denunciava la
condizione di asservimento della donna. Per fortuna né come artista in erba, né
come donna ho vissuto questa situazione sulla mia pelle. Mi viene in mente
invece una pièce teatrale di Dacia Maraini che è stata rappresentata a New
York, e raccontava la storia di una giovane artista. La pittrice una volta
raggiunto il successo veniva schiacciata dal cinismo dell’industria culturale,
che le imponeva di riprodurre sempre le stesse opere. In effetti nel mercato
dell’arte bisogna essere riconoscibili, io ho trovato un fil rouge tra i miei
quadri, utilizzando il linguaggio come segno distintivo del mio stile
variegato.
Chiara, se per un motivo qualsiasi dovessi
lasciare l’Arte, cosa ti piacerebbe fare? Quali pensi siano gli altri tuoi
talenti?
Sono una narratrice di storie e cerco di
raccontarle attraverso diversi mezzi di comunicazione, che sia critica,
scrittura creativa, o arte visiva. Non potrei fare altro. Tempo addietro avevo
realizzato un cortometraggio ispirato ai miei quadri. Sarei contenta di creare
altri vasi comunicati tra le varie discipline nelle quali lavoro. Oppure potrei
far riferimento a uno splendido dialogo del film di Truffaut, “Jules et Jim”,
in cui i protagonisti si confrontano su che mestiere scegliere e uno di loro
risponde “Il curioso” e gli viene detto che non è una professione, ma lui
spiega: “Non è ancora un mestiere. Viaggi, scriva, traduca, impari a vivere
dovunque, e cominci subito. L’avvenire è dei curiosi di professione”.
Recentemente Chiara, hai esposto a Bologna
alla Galleria Farini in una bellissima collettiva, insieme a tanti artisti
famosi e dov’era presente un illustre Critico d’Arte. Ci racconti questa tua
ultima esperienza? Come è stata?
Si tratta della collettiva “Arte a Palazzo - In Mostra con I Grandi
Maestri” che ha segnato il IV Anniversario della Galleria Farini Concept. Un
mio quadro era esposto assieme alle opere di autori quali Warhol, Festa,
Angeli, Schifano e altri artisti contemporanei. Grande plauso va al Gallerista
Roberto Dudine, per la straordinaria organizzazione nella splendida cornice del
cinquecentesco Palazzo Fantuzzi, e ai suoi collaboratori Monica Tanaglia,
Grazia Galdenzi, Camilla Faccini e Azzurra Immediato. Il catalogo della mostra
farà parte della collezione della Biblioteca di Storia dell’Arte ed Estetica
dell’Università Carlo Bo di Urbino. Durante il vernissage c’è stata la
partecipazione straordinaria di TV Capodistria, per realizzare un servizio
esclusivo sull’evento, e come ospite d’onore è venuto il Professor Vittorio
Sgarbi, che ha osservato tutte le opere con grande attenzione e al quale ho
strappato un sorriso genuino con il mio “Pop-Porn”.
Chiara, vuoi descrivere ‘Pop-Porn’ ai nostri
lettori, che potranno vedere in foto mentre leggono questa intervista?
“Pop-Porn” è un dileggio dell’odierno culto
del cibo, divenuto il protagonista assoluto di programmi televisivi e del mondo
virtuale. La spettacolarizzazione del cosiddetto Food Porn - ovvero l’ossessione per
il cibo attraverso la proliferazione di immagini sui social media - all’interno della cultura pop, ha sorpassato
l’interesse per le raffigurazioni di soggetti erotici. Questa è la forma di
voyeurismo che appartiene alla generazione dei Millennials, conseguentemente un
seno ricoperto di pop-corn diventa l’emblema della pornografia contemporanea.
Molto interessante Chiara. Mi piace molto il
tuo concetto e quello che esprime questa Opera, stimolante filosoficamente
direi, più che artisticamente. In fondo l’arte deve riappropriarsi di questo
obiettivo, di questo nobile scopo, la riflessione, il pensiero, un po’ come
nell’antica Grecia diceva Aristotele nel Protreptico o Esortazione alla
filosofia del 350 a.C.: «Chi pensa sia necessario filosofare deve filosofare e
chi pensa non si debba filosofare deve filosofare per dimostrare che non si
deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene di qui,
dando l'addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo
chiacchiere e vaniloqui». Oppure come teorizzò magnificamente nel secolo scorso
Gilles Deleuze (1925-1995), la funzione filosofica della settima arte è quella
di creare etica e morale pubblica. Insomma, Chiara, per dirla con Serge
Latouche, penso che l’Arte oggi debba recuperare questa sua nobile funzione
culturale e morale, abbandonando la “gabbia” commerciale da obsolescenza
programmata, come tu stessa sottolineavi, dove i cinici mercanti d’arte l’hanno
rinchiusa. Ma detto questo, ho letto la bellissima analisi di Pop-Porn, che
vorrei condividere con i nostri lettori, scritta da Azzurra Immediato della
Galleria Farini di Bologna:
«Pop-porn è l’irriverente titolo dell’opera
presentata dalla giovanissima artista meneghina Chiara Isabella Spagnoli
Gabardi, in occasione della XIX Collettiva Internazionale di Pittura, Scultura
e Fotografia del progetto Arte a Palazzo.
Facendo un salto a ritroso nel tempo, il
titolo di questo lavoro ricorda un brano del 2008 di un duo leccese che,
proprio grazie alla provocazione semantica del testo e del concetto legato a
quella pubblicazione, scalò le vette delle classifiche musicali, divenendo ciò
che oggi si suol definire un “fenomeno mediatico.” Se del duo pop Il Genio non
abbiamo avuto più notizie, al contrario, di Chiara Isabella Spagnoli Gabardi,
il mondo del contemporaneo, dell’arte considerata “giovane” e di
sperimentazione, ne parla e ne apprezza le vocazioni.
L’artista, nonostante la sua giovane età
guarda alla lezione dei grandi maestri delle avanguardie, in particolare,
alcuni dei quali ritrova esposti in Palazzo Fantuzzi, accanto alla propria
opera, maestri di cui Ella ha interiorizzato la spinta innovativa e di rottura
con gli accademismi e ne ha fatto il proprio filone di ricerca personale.
Fondamentale ruolo è quello che ha assegnato alla materia, non solo come
pigmento, ma viva e tridimensionale materia che fisicamente compartecipa alla
costruzione reale dei suoi lavori, attraverso l’uso delle tecniche del collage
e dell’assemblage e che permette all’artista di giocare, nel senso più pieno
del termine, con il mondo di oggi. L’analisi che la Spagnoli Gabardi porta
avanti è, invero un ricorso carico di sinergie che opera dal basso pur traendo
spunto da una visione colta.
Il reale che l’artista milanese decifra,
emergente dalla dimensione dell’esperito e del vissuto, ma anche da ciò che
tutt’intorno accade - probabilmente derivato anche dalla formazione in Scienze
Politiche che Ella ha alle spalle - si nutre di ironia e sarcasmo, ad oggi,
probabilmente, una delle vie da seguire per affrontare il contemporaneo in
maniera oggettivamente corretta. Ecco dunque che, concettualmente vicina al poverismo
e al dada, un’opera come Pop-Porn racchiude in sé meraviglia, stupore,
dell’artista ma anche quelle che deriveranno dall’istante fruitivo.
L’assemblage di quelli che sembrano “innocui”
pop-corn-assumono, invece, l’aspetto di un seno femminile, trattano tuttavia,
non secondo canoni del nudo classico e neppure secondo gli stilemi delle
avanguardie pittoriche. Il pop assume la valenza della cultura - o coltura, in questo
caso?! - popular e lo fa alla
maniera del ready made più ironico, quello del cibo, del “tutto e subito”
mentre, la nudità rimanda al significato voyeuristico del porno, privo
ciononostante, di qualsivoglia volgarità. Ai coetanei dell’artista non mancherà
un pensiero rivolto a quel fenomeno social fotografico denominato #foodporn che
rimanda ad una sorta di ossessione che fa del “cibo da mangiare con gli occhi”
divenuto protagonista di alcuni social su cui condividere fotografie. In tal
modo, la nostra artista sembra quasi osservare in maniera ampia tutto ciò che
accade in questo nostro tempo, sempre di corsa, verso dove non si sa e che
bulimicamente afferra tutto ciò che capita, senza coglierne il significato vero
e profondo.
L’ironia fatta propria dalla Spagnoli Gabardi
è la medesima di cui non poteva fare a meno Massimo Bontempelli nella sua
analisi del Novecento, un sarcasmo salvifico, che permette di restare ancorati
alla ragione, pur permettendole di sognare; un’ironia che esce dai ranghi
dell’ovvietà tout court, banalità per certi versi, mondo sicuro di certe menti
asfittiche mancanti di ogni tipo di coraggio. L’artista lombarda, al contrario,
il coraggio di rompere gli schemi, di andare oltre, di provocare mediante le
proprie opere ce l’ha e lo dimostra nelle diverse tematiche che affronta con il
suo lavoro.
Pop-Porn si traduce, pertanto, in espediente
narrativo e dialogico, sardonico, in grado di raccontare una storia che è
odierna ma anche senza tempo, che interroga lo spettatore senza porlo in
difficoltà ma quasi cercando un complice per sorridere insieme di questa nostra
vita, in cui ogni elemento permette di aprire seriose riflessioni.»
Bellissima! Complimenti Chiara. Cosa ci dici
a proposito di queste interessantissime stimolazioni che la Immediato sollecita
nella sua analisi?
Penso che oltre ad essere molto lusinghiera, coglie
tutte le sfumature del mio stile e del pensiero che c’è dietro la realizzazione
di questo quadro. L’approccio giocoso di ‘Pop-Porn’ racchiude un’attenta
osservazione della nostra contemporaneità e ho molto apprezzato che citasse
anche il riferimento musicale al duo leccese, Il Genio. Amo l’intersecarsi dei
sensi e delle arti, mi affascina come il fenomenologo Merleau-Ponty abbia
esplorato la sinestesia, e il modo in cui corpo e mente costituiscano un’unica
entità nella percezione. Per altro anche Walt Whitman con la sua poesia ci
diceva che non abbiamo un corpo, bensì Siamo un corpo e che ferendolo si
trafigge l’anima di una persona. Trovo di grande ispirazione quando c’è una
sorta di sinestesia o fusione tra diverse discipline creative, quello che Wagner
chiamava Gesamtkunstwerk e che oggi viene definita cross-pollination o
cross-fertilisation.
Chi volesse conoscere le tue Opere, dove può
vederle? Quali saranno i tuoi prossimi appuntamenti espositivi?
I quadri, le mostre, e la rassegna stampa dei
miei lavori sono visibili sul sito www.chiaraspagnoliart.com. Non ho ancora programmato
altre esposizioni. Poco prima del vernissage bolognese sono stata alla Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica a Venezia, dove ero in giuria per la
sezione dei film delle Giornate degli Autori, in rappresentanza di Fedeora
(Federazione dei Critici Cinematografici d’Europa e del Mediterraneo). Ho avuto
quindi poco tempo per dedicarmi alla realizzazione di altri quadri. Ora
finalmente mi sto dedicando alla creazione di nuovi Calembours Materici.
Chiara, raccontaci qual è
la tua “Poetica” nell'Arte che crei, nell'accezione di Aristotele che la usò per
la prima volta in uno scritto intorno al 330 a.C. e che analizzava l'Arte, in
tutte le sue forme espressive, distinta dall'Etica e dalla Morale, introducendo
due concetti fondamentali: la “Mimesi” e la “Catarsi”, concetto
successivamente, alla fine dell'800, ripreso da Freud nell'elaborazione della
Psicoanalisi.
Per Aristotele l’arte è
essenzialmente imitazione, ma contrariamente a Platone non la condanna: esalta
l’arte come rappresentazione della natura. Nel realizzare i miei quadri
non attingo a questo concetto di armonia e simmetria, influenzata dal
razionalismo pitagorico. Anche perché la matematica non è il mio forte e
riuscirei sicuramente a sbagliare il calcolo della sezione aurea! Ma il mio
apprezzamento nei confronti della natura risiede nell’adottare un approccio
sostenibile. Tutti i materiali che utilizzo sono di scarto e cerco di dare loro
una nuova espressione e funzione. Per quanto riguarda la Catarsi come
purificazione delle emozioni, la mia mente vaga alle riflessioni di Edmund
Burke sul Bello e sul Sublime. La forza generatrice viene messa a confronto con
quella distruttrice, che costituisce qualcosa di orrendamente affascinante.
Credo che su questa lunghezza d’onda l’arte debba essere libera di scatenare
turbamenti e introspezioni. La mia Poetica è quella di addolcire, nella forma,
quel Sublime che ci terrorizza, per innescare un momento di riflessione ma
anche di sdrammatizzazione.
Ti ho raccontato, Chiara,
della mia grande passione adolescenziale per la letteratura russa, ed in particolare
per Fëdor Michajlovič Dostoevskij (1821-1881) del quale ho letto tutto, che
considero il vero padre della psicologia del profondo e che ispirò tantissimo
Sigmund Freud nel concepire la psicoanalisi. Uno dei romanzi di Dostoevskij che
amo di più è “Delitto e Castigo” (1886), dove si possono leggere queste parole:
«Se avessi voluto aspettare che tutti fossero diventati intelligenti, sarebbe
passato troppo tempo...Poi ho capito anche che questo momento non sarebbe
arrivato mai, che gli uomini non cambieranno mai e che nessuno riuscirà a
trasformarli e che tentar di migliorarli sarebbe fatica sprecata!». Dall’altra
parte dell’Europa, a Palermo, sul grande frontale del Teatro Massimo, aperto al
pubblico nel 1897, è incisa questa frase: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela
la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». Qual
è la tua riflessione leggendo queste due bellissime frasi?
Dostoevskij ci disse anche
che “La bellezza salverà il mondo”. Penso che l’Arte giochi un ruolo importante
in questo contesto, ancor più della filosofia, poiché non viene solleticato
solamente l’intelletto ma la reazione fisica del nostro corpo, quando
interagisce con l’opera, attraverso i sensi. Non mi riferiscono solo alla
vista, all’udito, all’olfatto, al gusto e al tatto; ma anche a tutti gli altri
che sono stati scoperti successivamente, come la percezione del dolore, della
temperatura, dell’equilibrio, del movimento, del tempo, del prurito,
dell’orientamento, della consapevolezza corporea. Ognuno di questi influenza il
nostro momento esperienziale dell’arte.
Per rimanere su Sigmund
Freud, un’altra mia grande passione letteraria anche per le sue pubblicazioni
cliniche e psicodinamiche, saprai di certo che scrisse diversi articoli e saggi
sull’Arte. Il concetto dominante era sempre lo stesso: «L’Arte è l’espressione
più poderosa del profondo dell’animo umano.» Non è proprio una citazione, ma è
quello che ne ho tratto dalle letture freudiane. Molti anni dopo, Jackson
Pollock (1912-1956), disse queste parole: «Tutti noi siamo influenzati da
Freud, mi pare. Io sono stato a lungo junghiano. La pittura è uno stato
dell'essere. La pittura è una scoperta del sé. Ogni buon artista dipinge ciò
che è.» Qual è la tua prospettiva esperienziale ed artistica rispetto alle
parole che ti ho appena letto?
L’arte si trova tra il reale
e il possibile. La fantasia dell’artista assume una forma concreta, in cui
l'opera d’arte diventa veicolo di verità, che ci permette di riflettere e
confrontarci. L’arte assume importanza nel momento in cui ci aiuta a
raccogliere il significato delle cose, come sintetizzò Paul Klee “L’arte non
deve rappresentare il visibile, ma rendere visibile l’invisibile”.
È verissimo quello che
dici in riferimento a Paul Klee. In qualche modo esprime lo stesso concetto
freudiano, nel portare in coscienza ciò che invece rimarrebbe sommerso per
sempre nel profondo dell’animo umana, generando una dirompete pulsione vitale e
creativa nell’artista.
Se ti venisse chiesto di
spiegare cos'è l'Arte a dei bambini, con parole semplici, cosa racconteresti?
L’Arte si vive.
Se invece dovessi spiegare
cos’è la Cultura e a cosa serve nel mondo dell’Arte?
La Cultura è un patrimonio di
conoscenze sviluppato nel corso del tempo, non a caso la parola deriva dal
verbo latino “colere” che significa “coltivare.” In termini odierni può
estendersi a tutto ciò che è popolare ed è diventato di “culto” e nell’ambito
artistico influisce fortemente la Weltanschauung delle persone. Questo in qualche
modo forgia il modo di fruire un’opera d’arte secondo il circolo ermeneutico di
Heidegger: le opere d'arte non sono semplicemente rappresentazioni del mondo,
ma producono una comprensione condivisa di una comunità. Ogni volta che una
nuova opera viene aggiunta a qualsiasi cultura il significato di ciò che è, per
esistere, viene modificato intrinsecamente.
Se dovessi scegliere un
colore tra il rosso e il blu, quale sceglieresti? E perché?
Li amo entrambi. I colori
caldi e freddi sono complementari. Non si può scegliere tra gli uni e gli
altri, sarebbe come scegliere tra la luce e l’oscurità, il suono e il silenzio,
il movimento e la staticità.
Se dovessi scegliere un
fiore, quale sceglieresti? O meglio, se un ammiratore volesse regalarti un
mazzo di fiori dopo una tua performance, che fiori ti piacerebbe ricevere?
Il mio fiore preferito è
l’orchidea. Amo la sua eleganza essenziale e delicatezza.
Chiara, per finire la
nostra chiacchierata, mi piacerebbe che ci raccontassi qual è il tuo sogno nel
cassetto che oggi vorresti realizzare e che ti porti dentro fin da bambina?
Come Shakespeare credo che
“siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”, intrecciamo pensieri e
sensazioni, in un dormiveglia tra etereo e materia. Tessiamo le nostre
aspirazioni che quando si concretizzano, inevitabilmente si sfilacciano e si
attorcigliano in maniera non programmata. Il mio telaio si è articolato in modi
che non avevo nemmeno immaginato. Continuo ad elaborare il mio canovaccio e
seguire le ristesure che la vita mi propone, osservando come si sviluppa il mio
Arazzo di Bayeux.
Grazie Chiara per essere
stata con me e per averci raccontato della tua arte e della tua vita di
artista. Il mio in bocca al lupo è molto sentito e spero di incontrarti presto
per un’altra chiacchierata o per una tua bellissima personale. Grazie ancora e
alla prossima…
Grazie a te Andrea per questo
meraviglioso volo pindarico tra arte e filosofia.
Link utili per
approfondimenti sull'Arte di Chiara Spagnoli Gabardi:
http://www.azzurraimmediato.it/
di ANDREA GIOSTRA