Raiuno, il 4 settembre Gian Marco Tognazzi racconta Vittorio Occorsio e la sua integrità morale. L'intervista di Fattitaliani


Da lunedì 4 settembre, in seconda serata su Rai 1 prende il via in prima Tv assoluta “Nel nome del popolo italiano”, ciclo di 4 docu-film da 60’, prodotto da Gloria Giorgianni per Anele con Rai Cinema e Rai Com che racconta le vicende di quattro eroi nazionali.
Il Magistrato Vittorio Occorsio, il Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, il Capitano di fregata Natale De Grazia e l’economista Marco Biagi. Tenere accesa la luce sulla lotta alla mafia, al Terrorismo è l’impegno che la Rai si è assunto quasi come “dovere pubblico”. In ogni docu-film, l’attore-narratore attraverso interviste con testimoni diretti, documenti d’archivio, ri-scopre l’eroe che dovrà raccontare. 
Il 4 settembre toccherà a Gian Marco Tognazzi raccontare Vittorio Occorsio, diretto dal Regista Gianfranco Pannone.
Occorsio era un magistrato di 47 anni, ucciso sotto casa nel 1976 mentre si recava al lavoro. Aveva svolto il ruolo di Pubblico Ministero in varie inchieste. Compagna di vita fu sempre la sua grande onestà intellettuale alla ricerca di prove e colpevoli.  Condusse dalla Procura di Roma, l’inchiesta sulla strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 eseguita da estremisti neri di Ordine Nuovo. All’inizio Occorsio a causa delle informazioni che passavano i Servizi e dalla volontà politica dell’epoca, indagò sulla pista anarchica e su Pietro Valpreda. Ebbe il coraggio di ricredersi ed in un’intervista dichiarò che “l’istruttoria era tutta sbagliata” tornando sui suoi passi. Un’indagine precedente gli aveva fatto maturare l’idea che Ordine nuovo rappresentava un pericolo ed una grave minaccia per la democrazia. Il Tribunale accogliendo la sua richiesta, riconobbe in Ordine nuovo il reato di riorganizzazione del disciolto partito fascista e ne ordinò lo scioglimento, condannando Pier Luigi Concutelli come esecutore materiale dell’omicidio di Occorsio. I mandanti ad oggi risultano sconosciuti. Nei mesi precedenti alla sua morte, Occorsio indagava sui rapporti tra Ordine Nuovo ed appartenenti alla massoneria deviata e con la criminalità italiana ed internazionale. 
Negli anni 70 si moriva per fare onestamente il proprio lavoro. Occorsio era un servitore dello Stato, se siamo un Paese libero, democratico, lo dobbiamo soprattutto a lui.     
Per fattitaliani.it abbiamo intervistato Gian Marco Tognazzi: “Non conoscevo molto di Occorsio prima di raccontarlo”. 
Come hai approfondito? 
Prima pensavo di dovermi documentare moltissimo poi ho scoperto che avrei trovato tutte le risposte proprio perché ero il narratore di questa storia. Mi sono fatto dare gli input dagli autori e dal Regista. Ho fatto un’infarinatura molto generica di quella che era stata la biografia di Occorsio ed ho scoperto i dettagli, attraverso i nipoti, il figlio, il libro che il figlio aveva scritto, attraverso le testimonianze di terzi, da chi abbiamo incontrato perché viveva nella stessa via, da chi l’ha conosciuto perché ci lavorava. È stata una documentazione che è andata avanti con le riprese. Sarebbe stato sbagliato, sapere tutto prima. Questo avrebbe levato quell’aspetto di curiosità che il narratore invece può avere perché è l’orecchio del pubblico. Il narratore in questo caso, come hanno detto i miei colleghi in conferenza stampa “Come attore cosa posso dare visto che non devo interpretare il Giudice Occorsio?” Sono l’occhio, l’orecchio di quello che probabilmente il pubblico stesso attraverso queste testimonianze, vorrebbe sentire ed accompagnare nella narrazione di questa tecnica mista fatta di filmati privati, d’interviste, di ricostruzioni storiche, di scritti e d’interazioni.  
La sua storia è emblematica, nel conoscerlo cosa ti ha colpito di più?  
L’Uomo, l’integrità morale, il fatto che sapesse perfettamente di essere fallibile, di essere stato preso in contropiede da delle convinzioni, è tornato sui suoi passi quando indagando in un altro senso ha scoperto che non era quella la strada da perseguire. In questo mi ricorda mio padre che era un uomo che non ha mai nascosto i suoi errori e su quelli ha costruito la sua forza.  Gli uomini che pensano di avere sempre ragione, forse non hanno la capacità di saper guardare la loro fallibilità. La fallibilità rende l’uomo umano anche se è un Magistrato e lo rende l’uomo che riesce a darsi sempre uno stimolo in più per andare a ricercare la verità. Il suo ritenersi non schierato per un preconcetto politico da un lato o dall’altro ma di perseguire il suo ruolo al servizio dello Stato che è una cosa ben precisa. Quando ha indagato da una parte, hanno provato ad attribuirgli di appartenere alla fazione opposta. Quello che piace tanto all’Italia e che purtroppo si acuisce sempre di più. È un Paese che ormai vive solo ed unicamente nella polemica, dove è sempre giusto il contrario di quello che uno propone. Non è così. Questo Paese crescerà nel momento in cui noi avremo la capacità di tramandare queste persone straordinarie anche alle nuove generazioni. La memoria ed il suo percorso, sono fondamentali per quello che riguarda la storia d’Italia ed anche la cultura. 
Le nuove generazioni sono disposte ad accogliere il testimonial? 
Tutte le generazioni sono disposte ad accogliere quello che noi gli proponiamo. Se per trent’anni abbiamo sbagliato a proporre, non è colpa loro. La colpa è nostra che abbiamo fatto fare delle proposte e abbiamo dato dei modelli di riferimento sotto il profilo culturale, narrativo, politico ed istituzionale errati. Non sempre bisogna seguire il gusto del pubblico, bisogna educarlo ad avere un gusto che è una cosa ben diversa e l’Italia non lo fa.
Quanto conta un insegnante per avvicinare i ragazzi a queste figure straordinarie? 
Gli insegnanti sono lo specchio del Paese. Il Paese è quello che è perché noi negli ultimi trent’anni siamo voluti essere così. In base ai riferimenti che dai, questo Paese può essere molto diverso e allora ti seguono anche i docenti. Deve esserci un’unitarietà di volontà che parte dalle Istituzioni fino alla Scuola che è fondamentale. Non si può accusare di superficialità le giovani generazioni in quanto loro hanno in eredità ciò che noi abbiamo tramandato o lasciato. Se guardiamo solo sotto l’aspetto culturale provenendo da una famiglia di artisti, non riguarda mio padre, riguarda in generale, quello che si fa oggi per tramandare i Grandi del passato in ambito cinematografico, è veramente pochissimo. Non serve trasmettere i film, serve come nel caso di Occorsio tramandare delle figure, degli approfondimenti e dare degli input perché se sai da dove vieni sai dove vuoi andare. Se invece non lo sai, rischi di prendere degli abbagli. 

Elisabetta Ruffolo
Foto di Adolfo Franzò
Fattitaliani

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