Teatro Golden, Luca Angeletti in “Finché Giudice non ci separi” fino al 22 novembre. L'intervista di Fattitaliani

Luca Angeletti è un attore poliedrico che riesce ad interpretare abilmente, sia ruoli drammatici che più leggeri. Attualmente è in scena al Teatro Golden di Roma con “Finché Giudice non ci separi”, insieme ad Augusto e Tony Fornari ed a Nicolas Vaporidis, amici da sempre, accorrono a casa di Massimo (Augusto Fornari) che si è appena separato, la moglie gli ha portato via tutto e gli impedisce non solo di vedere la figlia ma anche di sentirla al telefono.
Sono tutti separati, cercano di impedire che Massimo faccia una sciocchezza e nello stesso tempo cercano di tirargli su il morale anche se a volte le battute sono pungenti e feriscono. Ognuno di loro ha la propria storia alle spalle, Paolo (Luca Angeletti) è stato lasciato da una moglie fedifraga ma alla fine svela un segreto che forse qualche spettatore aveva già intuito. È una commedia zeppa di luoghi comuni, ma tra il serio e il faceto racconta una grande verità. In una separazione, il più delle volte chi ci rimette sono gli uomini, usati come bancomat, ridotti sul lastrico e privati dell’amore dei figli che diventano arma di ricatto, per ottenere sempre di più.
Prima di fare l’attore eri un aspirante Pilota di aerei, come nasce la tua vena artistica?
Nasce per espressione personale, anche se avessi fatto il Pilota l’avrei fatto di aerei acrobatici. La scelta di intraprendere questo percorso, questa carriera, è stato il mio volo.
Com’è capitata la scelta di cambiare pista?
Non mi hanno preso all’accademia militare, in contemporanea andai a vedere uno spettacolo di un mio amico e rimasi affascinato da questo modo di comunicare, basato su immagini, suoni, musiche. Il piacere di raccontare qualcosa in un modo quasi etico, mi ha travolto.
Parliamo di Paolo, il tuo personaggio...
In realtà questo personaggio nasconde un segreto che alla fine svelerà. È il primo ad accorrere a casa di Massimo (Augusto Fornari) per stargli vicino. È molto protettivo ed è il più sensibile del gruppo. Fa da contraltare all’ironia degli altri amici, Mauro (Nicolas Vaporidis) e Roberto (Tony Fornari) che sono più istrionici, Paolo invece è più riservato. Massimo tenta il suicidio con delle pillole ed è Paolo che cerca di tenerlo sveglio, facendolo parlare, camminare. Massimo ripete sempre le stesse cose, entra in loop.
Lo spettacolo alla fine ci mostra che niente è come sembra...
Ogni personaggio ha un suo lato irrisolto, ognuno ha i suoi segreti mostrati o celati a vari livelli. Ognuno è incastrato nella propria storia, ognuno propone una soluzione al problema ed è bello vederli confrontarsi ma spesso sono frutto di paure, di fallimenti che non si vogliono affrontare.
Sei un attore poliedrico, passi da ruoli drammatici a ruoli comici come quello di Giulio in “Tutti pazzi per amore”. In “Squadra Antimafia - Palermo oggi" interpretavi Vito Abate. In “Il capo dei Capi” Scarpuzzedda al secolo Pino Greco, realmente esistito. Quale dei due personaggi hai reso meglio?
Quello che mi è rimasto più dentro è sicuramente Scarpuzzedda anche perché appartiene a dei racconti di cronaca, è stata un’esperienza che abbiamo affrontato con grande responsabilità nonostante possa sembrare una celebrazione del male, come è stato detto in passato, c’è stata una grande partecipazione emotiva. Ognuno di noi si porta dentro la sensazione di aver dato un contributo alla memoria ed a far riflettere su temi importanti.
Progetti per il futuro?
Sto lavorando ad un mio progetto personale d’insegnamento, come Palestra dell’attore, sto cercando di coinvolgere un po’ di colleghi e stiamo cercando una sede.
Elisabetta Ruffolo


Fattitaliani

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