La
scintilla per il Teatro scocca in Antonio Serrano, Direttore
artistico del Teatro dei Conciatori, ad otto-nove anni, durante una
recita scolastica natalizia. Da allora non si ferma più e realizza
il sogno che accarezzava sin da bambino: Il teatro come metafora
della vita. Tutto ciò che non è riuscito ad essere nella vita, lo
fa in Teatro che considera il suo humus naturale. Oltre a dirigere la
Scuola di Recitazione dei Giovani, dall’anno scorso, dirige anche
lo UTA - Urban Theatre Academy: la scuola di recitazione nata in
seno al Teatro dei Conciatori che è una delle realtà formative più
importanti presenti in Italia, con sede a Roma.
Antonio Serrano,
attore e regista, nato in un piccolo paese in provincia di Lecce.
Quando è scattata la scintilla per il sacro fuoco dell’arte?
Durante la scuola
elementare, questa è una cosa che non ho mai raccontato, credo fosse
la terza o la quarta elementare e si doveva recitare la Natività. Mi
viene assegnato il ruolo di San Giuseppe ma ad un certo punto il
ruolo mi viene tolto perché un bambino della classe si chiamava
Giuseppe ed il padre pretese che fosse il figlio ad interpretare il
ruolo. A me fu affidato quello dell’oste di Cesaréa ed io ricordo
ancora la battuta, San Giuseppe passa da diversi osti per chiedere
ospitalità, quando arriva da me mi fa “Oste di Cesarea” ed
io rispondevo “Cosa? Un vecchio falegname, albergarlo,
albergarlo per niente? Fin sopra i tetti, o gente, aspettano la
stella; non amo la miscela tra l’alta e bassa gente”. Glielo
dissi con una rabbia, con un odio che era solo personale e non del
personaggio e Giuseppe si mise a piangere, si interruppe la recita ed
io godetti come un matto. Non ci fu il finale per cui l’ultima
battuta fu la mia. Ero felicissimo anche se facevo finta di no. È
nata lì la scintilla dell’arte, perché volevo dimostrare che
dovevo fare il ruolo più importante e non relegato ad un ruolo più
piccolo. Di ruoli piccoli poi ne ho fatti tanti ma in un altro
contesto e con un’altra testa.
Qualcuno ti
descrive come un uomo dal carattere esplosivo e dallo sguardo felino.
Ti riconosci in questa descrizione?
Nel carattere
sicuramente, ho grandi esplosioni di gioia, di grandi entusiasmi
soprattutto per le avventure donchisciottesche. Sguardo felino forse
c’è ma non me ne rendo conto perché è istintivo.
Al timone del
Teatro dei Conciatori da tre anni, la nuova stagione sarà la quarta,
l’obiettivo è quello di promuovere la drammaturgia contemporanea e
giovani compagnie, oltre a quelle già conosciute...
Sì, insieme a Gianna
Paola Scaffidi, il nostro sogno è quello di avere bei nomi con una
consolidata fama a livello teatrale che in qualche modo avallano la
presenza di compagnie più giovani per far loro acquisire
quell’autorevolezza che loro non hanno ma sono compagnie di giovani
che fanno spettacoli molto interessanti.
Hai citato non a
caso, Gianna Paola Scaffidi, grande sodalizio dal 1989, a
testimonianza che l’amicizia tra un uomo e una donna può esistere.
L’amicizia è un amore
ancora più grande che può esserci tra marito e moglie perché
presuppone il “non interesse” da nessun punto di vista. Non c’è
un interesse sessuale, non c’è un interesse economico ma soltanto
un interesse di costruire qualcosa in cui si crede insieme. Per cui è
molto più puro.
L’anno scorso la
novità era che rimborsavate completamente gli abbonamenti attraverso
l’utilizzo di buoni sconti o dal parrucchiere o al ristorante. Ci
sarà anche quest’anno la formula?
Certamente, non so se
quest’anno ci saranno i parrucchieri ma ci sono una serie di
attività che si son prestate a questo nostro gioco.
Maria Rosaria Omaggio |
La stagione
dell’anno scorso si è chiusa meravigliosamente bene, alcune cose
vengono riproposte nella nuova, vogliamo parlare delle novità?
Novità ce ne saranno
tantissime, altre sono riproposizioni. Uno tra tutti, Maria Rosaria
Omaggio che il 18 settembre con lo spettacolo “Omaggio a Voi -
Recital in Concerto" sarà la madrina della stagione, festeggiando i
suoi trent’anni di carriera e sono molto orgoglioso della sua stima
e dell’affetto che ha nei nostri confronti. È una grande donna e
anche un’attrice straordinaria. Dal 24 novembre ci sarà anche
Margherita Di Rauso con lo spettacolo “Louise Bourgeois - Falli
Ragni e ghigliottine” per la regia di Luca De Bei. Parla di questa
straordinaria artista che non tutti conoscono ma che ha influenzato
tantissimo il Teatro contemporaneo. Dal 29 dicembre, Gianni De Feo in "Grido d’amore - Edith Piaf" (centenario della nascita) e poi
tantissime altre belle cose che non sto ad elencare, basta consultare
il sito: www.teatrodeiconciatori.it.
Margherita De Rauso |
Al Teatro vero e
proprio si affianca la Scuola di Recitazione in inglese e la Scuola
di Recitazione dei Giovani, ci sono altre novità?
No, l’anno scorso
abbiamo avuto la possibilità di far frequentare gratuitamente ad un
gruppo di allievi la scuola di Teatro in inglese, perché abbiamo
avuto una benefattrice canadese, Anne Steacy che è una scrittrice ed
ha voluto regalare delle borse di studio a degli allievi. Una delle
classi si chiama “Acting Cours” perché è quella voluta da lei.
Quest’anno ancora non sappiamo se ci sarà. Dobbiamo sentirci tra
qualche giorno e poi sapremo.
In un’intervista
hai dichiarato “Il Teatro è la metafora della vita. Un sogno che
diventa realtà. Per te è stato questo?
Sì, tutto quello che non
sono riuscito ad essere nella vita, lo divento in Teatro. Sono nel
mio humus naturale.
Fil rouge dei
vostri spettacoli è il sociale tratto dall’attualità.
Continuerete su questa scia?
Assolutamente sì perché
da venticinque anni mi occupo di teatro-terapia con ragazzi
provenienti da diversi centri di igiene mentale, persone che hanno
problemi d’inserimento e quindi sono legato con il nodo scorsoio
con quello che è il sociale sotto tutti i punti di vista. Qualunque
cosa essa sia: il disagio psicologico, la dispersione scolastica, la
droga, è il sociale.
Gianni De Feo |
Tu e Gianna siete
soddisfatti di ciò che avete raccolto in questi anni?
Sì, abbiamo creato una
piccola isola felice per noi e per chi come noi condivide un amore
vero, sincero per questo mestiere. Non abbiamo sovvenzioni, la
maggior parte delle compagnie che frequentano il nostro teatro non le
hanno, per cui noi viviamo di sbigliettamento e non di contributi
pubblici. Perciò possiamo permetterci di scegliere e di fare ciò
che veramente ci piace, senza nessun tipo di condizionamento.
In varie conferenze
stampa, il grido d’allarme è univoco “Il Teatro sta morendo”,
cosa ne pensi?
Sono un collezionista di
Riviste di Teatro come “Il Dramma”, “Sipario” “Comedia”
di circa cento anni fa, 1918-1919 dove negli editoriali dei Direttori
di vaie Testate si parlava della crisi del Teatro. Dico che il Teatro
è nato in crisi ma si nutre della sua stessa crisi per cui non potrà
mai morire.
Elisabetta Ruffolo