Leaf, il 1° disco dei Moseek. L'intervista di Fattitaliani: la nostra storia in musica

Il progetto Moseek nasce nel 2010 da Elisa Pucci (voce, chitarra e autrice), Fabio Brignone (basso, synth e cori) e Davide Malvi (batteria e sequencer). Il genere della band può essere definito un mix tra rock ed elettronica al punto che nei live coinvolgono il pubblico in un vero e proprio show, in cui le canzoni prendono vita enfatizzate da luci e scenografia che catturano non solo l’udito ma anche la vista. Nel loro percorso artistico hanno toccato in lungo e largo l'Italia, partecipato a numerosi festival e vinto numerosi contest musicali.
Hanno avuto il piacere di condividere il palco con tantissime band tra cui “I Ministri”, “Tre Allegri Ragazzi Morti”, “Linea 77”, “Giuliano Palma & The Bluebeaters”, “Bud Spencer Blues Explosion”, “Perturbazione” e molti altri. “Leaf” è il loro disco d’esordio, disponibile su etichetta One More Lab/Don't Worry e distribuito da Edel. Composto da 11 brani, alcuni dei quali già presenti nei lavori precedenti della band, mentre altri registrati e missati da Giorgio Baldi, produttore e chitarrista di Max Gazzè, già dalla cover fa percepire molto di quello che l’album cela: il bosco alle loro spalle è il simbolo del rock più tradizionale ma anche del loro stesso background mentre la pedana futuristica che si apre davanti a loro è il sound più elettronico verso il quale si stanno avviando.  Fattitaliani ha intervistato i Moseek che venerdì 19 dicembre saranno all'Arci La Freccia -ex Mattatoio di Aprilia (LT).
Fare musica dal vivo, condividere il palco con altri artisti e girare l'Italia (e non solo) che cosa vi ha dato in tutti questi anni? 
La voglia di continuare a fare musica, la voglia di scrivere, la costanza e la perseveranza. Condividere il palco con artisti importanti è sempre una scuola, vedere come si preparano prima di un live o il modo in cui interagiscono con il pubblico, è momento di scuola, prendiamo sempre ad esempio chi ha macinato molto più di noi e da molto più tempo. Ed è sempre una grande fortuna avere questa possibilità di confronto. 
Come presentereste in breve il disco "Leaf"?
"Leaf" è il nostro punto di partenza, rappresenta le nostre origini, sia per sound che per età! È stato registrato nel 2012, uscendo per vari motivi indipendenti da noi due anni dopo. L'approccio è rock con venature elettroniche, la base da cui siamo partiti per arrivare ad oggi che facciamo elettronica mista a rock, effettivamente quello che suoniamo oggi si chiama elettro-rock. "Leaf" è la nostra storia, ed è composto da canzoni brevi ed orecchiabili. Questa è la nostra sintesi. 
Che cosa vi si trova del vostro spirito di gruppo e del vostro stile? 
Tutto nasce da un altalenarsi di sentimenti in bilico tra gioia e rabbia che portano alla presenza di motivetti scanzonati i cui testi, in alcuni casi fanno riferimento a situazioni più o meno scomode che a tratti trascendono in drammaticità vera e propria. Ed è proprio qui che ci ritroviamo noi, nella "vita reale", quella al di fuori delle canzoni, sdrammatizziamo a modo nostro, cerchiamo la sfumatura ironica e ne facciamo il punto principale del nostro spirito. 
Il concetto di "How to believe", in cui vi ponete degli interrogativi sulla Chiesa in chiave negativa, vi accomuna tutti e tre? 
Spesso guardarsi intorno e realizzare che tante cose non hanno senso è scoraggiante e quindi è senz'altro difficile credere in qualcosa di puro e bello all'apparenza ma che è "impacchettato" molto male. Semplicemente, la fede è un qualcosa di personale e astratto, svincolato da parole che si evolvono in sermoni. Credere nell'amore è già un qualcosa di più concreto e dovrebbe avvenire il confronto, che è ben diverso da elenchi di cose da fare e non fare proposti da essere umani come noi e che dovrebbero fare le nostre stesse esperienze per parlare di certe cose. 
"Steal-Show" parla del fastidioso chiacchiericcio della gente e di come tante persone sgomitino per rubare la scena agli altri: lo state già sperimentando nel vostro lavoro?
Nel nostro lavoro e nella vita di tutti i giorni, da sempre.
Quali sono i vostri riferimenti culturali e musicali su cui vi siete formati? 
Musicalmente qualsiasi cosa che riteniamo utile per il nostro percorso, sia personale che individuale, da qui potrebbero fuoriuscire una miriade di generi ed artisti totalmente differenti tra loro, una linea che va dalla musica elettronica e tutte le sue contaminazioni, al rock, passando per il pop, il blues e il reggae. La situazione diventa un pochino più lineare parlando di riferimenti culturali, in cui ci ritroviamo ad apprezzare in modo più omogeneo tutte le opere o i racconti che alla base abbiano un qualcosa di surreale, dove non sia ben chiaro il punto in cui finisca la realtà e iniziano le congetture mentali dell'artista. Giovanni Zambito
© Riproduzione riservata
Fattitaliani

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