Lampedusa, Fattitaliani intervista mons. Francesco Montenegro: "nel Mediterraneo si continua a morire, non è cambiato granché"

Incontro mons. Francesco Montenegro ancora fresco di ritorno dalla Polonia. A Cracovia, che fu la sede arcivescovile di Giovanni Paolo II fin dal 1967, è stato relatore ad un convegno che ha avuto come tema quello della immigrazione in relazione all’Europa. Ospite di mons. Stanisław Dziwisz, il cardinale che fu segretario di Papa Wojtyła, il nostro arcivescovo ha vissuto intense giornate di incontri e confronto. Il convegno di Cracovia ha visto la partecipazione di esponenti del mondo universitario, di altre fedi religiose, della politica, e della diplomazia.
Quale percezione si ha al di là dei confini della nostra regione del fenomeno migratorio? 
La migrazione e i fenomeni connessi a quello che i sociologi chiamano “sesto continente” non sono di certo sconosciuti, ma se ne ha una percezione diversa rispetto a quella che ne abbiamo noi. Direi che in parte dell’Europa lo si avverte in maniera differenziata e, tale percezione differenziata, potrebbe in parte spiegare la difficoltà ad improntare e praticare una politica comune in materia, nei 28 stati membri dell’Unione Europea. 
Dall’1 al 5 ottobre Lampedusa sarà al centro di diverse iniziative per fare memoria delle vittime del naufragio del 3 ottobre 2013. Cosa è cambiato in un anno, cosa abbiamo imparato? 
Nel Mediterraneo si continua a morire a causa della migrazione, perciò dico che non è cambiato granché, che non abbiamo appreso nulla di diverso. Gli ultimi numeri degli annegati sono davvero raccapriccianti, superano le 368 vittime del 3 ottobre, ma se ne fosse morto solo uno già sarebbe stato di troppo. Avverto tanta indifferenza e ciò è disgustosamente triste. Risuona o meglio rimbomba il disappunto di Papa Francesco concentrato in quella parola pronunziata il 3 ottobre: «Vergogna!». 
Da allora è cambiato qualcosa nelle nostre comunità ecclesiali? 
La presenza di questi fratelli in diverse aree del nostro Paese, la loro dislocazione in diverse case di accoglienza, ha contribuito notevolmente a creare, laddove non esistevano già, o a rafforzare i presidi della solidarietà; nelle nostre comunità parrocchiali si registrano dei segnali incoraggianti, segni positivi di accoglienza e prossimità. I poveri sono sacramento di Cristo, sono la sua carne, Papa Francesco lo ripete da tempo esortandoci a non prendere le distanze dalle piaghe di questa carne, no, non possiamo chiudere gli occhi, né voltarci dall’altro lato, i poveri saranno sempre con noi, senza di loro, diceva mons. Romero, non c’è salvezza. 
È cambiata Lampedusa dalla visita di Papa Francesco ad oggi? 
Credo che ciò che sia cambiata è la nostra opinione, Lampedusa nel nostro immaginario era assurta a luogo di disperazione, a sinonimo di sbarchi, credo che Lampedusa abbia assunto un’altra connotazione che è quella della carità accogliente e della speranza. 
Lo scorso anno, confidò di essere rimasto particolarmente colpito dalle piccole salme dei bimbi annegati il 3 ottobre, la recente tragedia di Aragona, con la morte innocente di Laura e Carmelo fa riaffiorare con prepotenza la domanda sul dolore e sul male, ci consegni una indicazione. 
Vi ripeto quanto scritto per le esequie dei piccoli Laura e Carmelo. Il vescovo è un credente e come ogni credente si interroga e fa appello a Dio: “perché, Signore? Perché l’hai permesso?”. Con voi perciò spero e prego affinché la fede del Risorto non ci abbandoni mai. Alfonso Cacciatore.
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Fattitaliani

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