di Laura Gorini - Si
è da poco concluso il primo round di iscrizioni alla X edizione del Master in International Screenwriting
And Production - MISP, ideato e diretto dal Prof. Armando
Fumagalli.
Tale Master è definibile a buona ragione una delle più
ambite ‘chiavi’ per entrare nel mercato nazionale ed
internazionale della Scrittura per il Cinema, la Tv e l’Editoria e
della Produzione audiovisiva, con una storia di quasi 20 anni. Una
vera e propria fucina di talenti milanese che, a conferma del livello
internazionale raggiunto e della volontà di rendere Milano sempre
più centro formativo e creativo per l’audiovisivo internazionale,
si svolge interamente in inglese e annovera tra gli alunni della
scorsa edizione, studenti provenienti da 14 Paesi e 4 continenti.
Inserito
nell’offerta dell’Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo
(Almed) dell’Università Cattolica di Milano, il Master si tiene
ogni due anni ed è incubatore di eccellenze che nel tempo hanno
segnato il successo della serialità italiana, con prodotti come
“Medici - Masters of Florence” (prodotto da Rai e HBO), “Don
Matteo”, “Distretto di polizia”, “Sotto copertura”, “Che
Dio ci aiuti”, “Non dirlo al mio capo”, “La Strada di Casa”,
“L’Isola di Pietro”, “Un passo dal cielo”, “Maggie e
Bianca Fashion Friends”: produzioni nelle quale hanno lavorato
decine di ex studenti del Master.
A formare e ispirare
gli allievi del Master sono invitati alcuni dei principali talenti ed
operatori del panorama audiovisivo italiano, provenienti dai più
importanti network e dalle migliori case di produzione ed editori,
tra cui Rai, Mediaset, Sky Italia, Disney, DeaKids, Lux Vide,
Endemol, Cattleya, Taodue, Medusa, Disney , e molti altri.
Caratteristica
distintiva del Master le lezioni magistrali e i laboratori creativi
tenuti da sceneggiatori, produttori e storyteller internazionali.
Negli anni hanno dato il loro prezioso contributo nomi come William
Nicholson, sceneggiatore di successi mondiali come “Il gladiatore”
e “Les miserables”, FrankSpotnitz, lo showrunner di “X-Files”
e della serie evento “Medici: Masters of Florence”, John Truby,
uno dei maggiori story consultant di Hollywood, fondatore del John
Truby’s Writers Studio, Randall Wallace, lo sceneggiatore di
capolavori come “Braveheart”, “Pearl Harbor”, “La Maschera
di Ferro”.
Professor
Fumagalli, in che età ha sentito di avere la vocazione per il lavoro
che oggigiorno svolge e in che modo è riuscito ad approdare in
questo mondo?
Ho
iniziato ad avere interesse verso il ruolo dei media nella società
durante gli anni del Liceo, anche grazie ad alcuni professori molto
sensibili a questi temi. Ho pensato che avrei avuto una buona
preparazione teorica studiando filosofia, ma a partire da lì volevo
poi occuparmi delle dinamiche culturali all’interno della società,
in particolare quelle che riguardano il cinema e la televisione. Cosa
che poi ho fatto.
Dal
1999 ho iniziato poi a collaborare come consulente di sceneggiatura
per la Lux vide e dal 2000 ho iniziato a dirigere il primo corso di
sceneggiatura all’Università Cattolica, quello che oggi è il
Master in International Screenwriting and Production.
Quali doti e
potenzialità dovrebbe avere - sempre secondo lei - una persona
per poter svolgere al meglio questa professione?
Oggi
le professioni nell’ambito dei media sono diverse e variegate. Io
mi occupo soprattutto di formazione di sceneggiatori: devono aver
letto molto (narrativa classica e contemporanea), devono essere
appassionati dell’essere umano e delle dinamiche della società.
Oggi è molto importante poi conoscere l’inglese. Se uno sa anche
scrivere in inglese le possibilità di lavoro si moltiplicano
esponenzialmente. Accanto a questa formazione di base occorre poi
ovviamente imparare alcune cose specifiche, tecniche, sulla scrittura
per il cinema e la Tv. Fare una buona scuola risparmia anni di errori
e di apprendistato.
Secondo
lei, è cosa reale o si tratta di un luogo comune il fatto che molte
persone, molti giovani specialmente, si affacciano a questo mondo con
la speranza o l’illusione di poter intraprendere una carriera
“divertente”, redditizia, e - detto in un modo molto terra a
terra - di poter fare quello che si vuole, quando lo si vuole e con
chi si vorrebbe?
La
mia esperienza è che le persone che lavorano a buon livello nel
mondo del cinema e della Tv sono grandi professionisti, che non si
risparmiano e hanno una notevole capacità di resistenza. Il lavoro
nell’entertainment è molto duro: spesso si lavora in modo
intensissimo, moltissime ore al giorno (a volte anche troppe!!).
Quindi chi non ha questa voglia di lavorare e anche questa resistenza
è meglio che cerchi altri tipi di professioni.
Con
quali grandi professionisti del mestiere ha avuto modo di lavorare
che si ricorda in modo particolare?
Ricordo
soprattutto Ettore Bernabei per la sua vision e la sua voglia di dare
qualcosa di vero e significativo al pubblico attraverso le serie
televisive che produceva. Ricordo la sua enorme cultura
storico-politica e la sua notevolissima cultura religiosa. Ricordo
anche la sua fierezza di essere italiano: era convinto che le nostre
radici culturali non ci rendono inferiori a nessuno. E aveva ragione.
In
genere, quando si tenta di dare alla luce un nuovo prodotto
audiovisivo, bisogna partire da una storia o meglio da un’idea,
quando e in che modo si sceglie per bene l’idea che poi vedrà la
luce o che, per dirla in gergo tecnico, avrà “semaforo verde”?
Sì,
di solito si parte da un’idea che è una storia “in nuce”:
facciamo un adattamento di Anna Karenina, raccontiamo la vita di Aldo
Moro, raccontiamo la vita di Domenico Modugno, raccontiamo la storia
di una donna che deve ricominciare a lavorare perché le è morto il
marito… Poi questa idea passa attraverso fasi successive di
sviluppo (di solito i soggetti veri e propri e le sceneggiature sono
finanziate dai committenti: nella fiction, quindi, Rai o Mediaset o
Sky). Se poi le sceneggiature convincono, si ha il semaforo verde per
la produzione, che richiede ovviamente un grandissimo investimento,
Ma ci sono alcuni progetti che si fermano prima, o alla fase di
soggetti o alla fase di sceneggiature. E idee che non vengono
sviluppate perché sono scartate già all’inizio.
Sempre
restando su questo punto, colui che crea le idee, deve scostarsi da
ciò che piace a lui e concentrarsi su cosa invece va incontro ai
gusti del pubblico, o le due cose possono trovare un punto
d’incontro?
Penso
che -seguendo la grande scuola americana di cinema e TV- occorra
trovare un punto d’incontro fra le due cose. I grandi film e le
grandi serie Tv nascono quando gli autori mettono in esse qualcosa di
profondamente personale, un problema con cui si confrontano, un
dilemma che li fa riflettere e pensare… Ma devono anche essere
capaci di rendere questi temi universali: di trascendere il
personalismo e la chiusura in se stessi per cogliere che cosa ci può
essere in quel tema, in quella domanda, in quel dilemma, che possa
appassionare un pubblico molto vasto.
Crede
che si possa dire di grande importanza per chi fa questo lavoro
dunque la capacità di sapersi adattare?
Credo
che la risposta a questa domanda sia in continuità con quello che
dicevamo nella risposta precedente. Occorre avere idee forti e
originali, ma anche saperle comunicare. Una buona capacità di
adattamento –con buon senso, che non significa supina
accondiscendenza a tutto quello che dicono gli altri- è una qualità
importante di un buon professionista. Direi che è la capacità di
capire quali sono quei pochi punti su cui essere intransigenti e
invece quegli aspetti su cui gli altri ci possono aiutare con il loro
punto di vista e i loro consigli. Per questo nel Master che dirigo
cerchiamo di facilitare molto il dialogo e la collaborazione fra gli
studenti, Di Fellini ne nascono pochi: moltissimi invece possono
essere eccellenti professionisti. E molto del lavoro nel cinema e
nella TV -anche per gli autori, sceneggiatori e registi e
produttori- è fatto di collaborazione.
C’è
qualche nuovo progetto che sta per vedere la luce o a cui sta
lavorando di cui ci vuole fare un cenno?
Sto
seguendo come consulente di sceneggiatura la seconda e la terza
stagione di Medici. Masters of Florence, che era andata benissimo su
RaiUno. La seconda stagione, di cui si sta finendo il montaggio,
andrà in onda in autunno sulla Rai ed è venuta molto bene. Gli
autori ora stanno scrivendo la terza stagione e anch’essa è molto
promettente. Entrambe le stagioni sono dedicate a Lorenzo il
Magnifico.
In
ultimo, prima di salutarci, che consiglio vuole dare a tutti i
giovani o comunque a coloro che decidono di intraprendere questa
carriera e/o che si stanno affacciando a questo mondo?
Studiare
tanto, cercare una formazione di alta qualità, tenere gli occhi
aperti, cercare di conoscere le dimensioni universali dell’esperienza
umana, ma anche i cambiamenti sociali. Costruire buoni rapporti con
il prossimo: l’empatia è fondamentale. E abituarsi a lavorare
molto, senza paura di fare fatica.
Leggi qui gli articoli di Laura Gorini.