Nino Buonocore: Tento sempre di raggiungere la leggerezza della forma attraverso la sostanza e mai viceversa. L'intervista

Incontriamo oggi per la nostra intervista Adelmo Buonocore, più noto come Nino Buonocore, cantautore Italiano, partenopeo di nascita, che ha al suo attivo davvero un numero incredibile di successi iniziati nel 1979 quando firma con la RCA Italiana, anno in cui debutta con il suo 45 giri “Amico coccodrillo/Due x due”, dopo poco il primo 33 giri “Yaya” con cui partecipa al Festivalbar.
Nel 1983 è per la prima volta a Sanremo, a soli 23 anni, Festival cui parteciperà successivamente ben altre 3 volte. Raccoglie fin da subito consensi di critica e il plauso di Arbore.  Passato con la casa discografica Emi dall’84, i suoi brani sono scelti spesso come sigle di programmi televisivi ad esempio “Domenica in”. Come ogni artista, anche Nino si evolve nello stile approdando ad un tipo di musica più raffinata e nel 1987 arrivano altre soddisfazioni ed il successo del brano “Rosanna”. Nel 1990 esce con “Scrivimi”, brano di immenso successo, in Italia e all’estero, scelto successivamente da altri artisti che hanno incluso il pezzo nei propri album; nel 2006 è Laura Pausini ad inserirlo in “Io canto”, Mango” nel disco “L’amore è invisibile” nel 2014 e Fabio Concato in “Non smetto di ascoltarti”, nel maggio 2016. Scrivimi è scelto anche come colonna sonora per il film di Castellitto “Non ti muovere”.  Anche Nino come accade a diversi artisti, in varie discipline, si raccoglie in una sua riflessione per diversi anni, per poi riapprodare più maturo verso una produzione ancor più raffinata che lo avvicina al jazz e lo porta a pubblicare nel 2004 il CD “Libero passeggero” avviando per ben tre anni delle tournée che sapranno creare, in ogni occasione, raffinate atmosfere. Nino Bonocore infaticabile artista continua con altri successi, amando ciò che fa e nel 2013, ulteriore prolifico anno, viene pubblicato dalla Hydra Music ed esce con il nuovo album “Segnali di umana presenza”.
Nino carissimo fare un’intervista a te mi appare davvero quasi una sfida, e sono onoratissima che abbia avuto la graziosità di accettare questo invito, da cosa posso quindi cominciare se non nel ringraziarti del tempo che ci concedi e che regali ai nostri lettori. Tu hai attraversato per ben quasi 40 anni lo scenario della musica, come è cambiata nel tempo ed in particolare per te?
Dopo questo lunghissimo viaggio, posso dire che sono cambiati completamente gli scenari. La musica credo sia rimasta la stessa che io classifico meramente bella o brutta. E’ piuttosto la fruizione della musica  che è davvero diversa. Quando ho iniziato ad avventurarmi in questa  splendida arte c’erano quelle ritualità che rendevano i dischi (e poi i CD) degli oggetti preziosi. Si imparava a conoscere gli artisti anche leggendo le  informazioni sulle copertine interne…insomma erano delle piccole opere. Vedere che in una pennetta uno porta con se 2.000 titoli, e magari tra Sting e Wonder ci trova pure mescolato un brano di Emma….mi fa venire decisamente i brividi. La musica purtroppo patisce questo “contagio” (e  smettiamola di chiamarla contaminazione!) appiattendo la qualità verso il basso. Spero che internet consenta di riportare in alto il livello della proposta musicale che ahimè…in questo momento tocca minimi davvero storici pur essendoci artisti molto interessanti in giro. Per me non è cambiato assolutamente nulla. Continuo a fare la mia musica per il gusto di condividerla con chi mi ascolta.
Viviamo da lungo tempo un ristagno nel nostro Paese che parte dalle coscienze molte delle quali addormentate, anestetizzate, che si appiattiscono verso il basso e la mediocre omologazione, allontanandoci, se vuoi, un po’ dalla nostra umanità, dai veri valori che forse dovremo recuperare e anche velocemente. Gli artisti, che riflettono lo stato del contesto che vivono, come uno specchio, lo percepiscono forse più di altri, tu come la vedi?
Quello che mi preoccupa di più è l’indifferenza. E’ il male più pericoloso del nostro tempo. Siamo presi da troppe cose davvero inutili e stiamo perdendo di vista i nostri obiettivi reali. C’è la volontà di anestetizzare o addirittura narcotizzare la società perché essa si muova in una sola direzione ben precisa. Determinata da poteri che in questo momento sono occupati solo a far rendere il mercimonio dei nostri sentimenti. Purtroppo nemmeno la musica è più “ribelle” come una volta. Non prende posizione. Non ha coraggio.
Come sai, anche io sono artista, pittrice, e per ciò che mi riguarda le mie creazioni sono un momento in cui esprimo qualcosa anche di intimo di me, traslando in esse le emozioni che provo, sentendole vivere come fossero quasi figli. Cos’è per te la musica?
Io ho la vaga sensazione che tutti gli artisti, chi più e chi meno, soffrano uno stesso disagio. L’incapacità di dialogare col mondo esterno attraverso il linguaggio convenzionale. Dico sempre che siamo dei disadattati, perché usiamo un linguaggio ad hoc per dire la nostra. E a volte proviamo persino un po’ di pudore a rivelarci con tale semplicità. Ma l’arte non può che essere comunicazione. Se è naturalmente sincera.
Se mi posso permettere, reputo tu sia un intellettuale della musica, che non ascoltata quella così detta popolare, “di massa”, ma ho letto in qualche tua precedente intervista, ad esempio, che per quanto riguarda quella italiana prediligi Paoli, Tenco. Ce ne vuoi parlare?
Quando da piccolo ero incuriosito dalla musica ascoltavo tutto ciò che potesse arrivare in casa….da Bach ai Doors passando per l’Equipe 84 e Battisti. Scimmiottavo Celentano e Jim Morrison senza nemmeno capire  cosa dicessero nelle canzoni. Quando ho cominciato a scrivere canzoni ho capito che le parole non erano messe lì a caso ma formavano con la musica un connubio inscindibile. E allora ho cominciato a  comprenderne il senso e la forza. In principio furono Tenco e Paoli a catturare la mia attenzione….poi vennero i Fossati, i Guccini e tutta la generazione dei cantautori. Da quel momento capii che non potevo che seguire quella strada. Tentando sempre di raggiungere la leggerezza della forma attraverso la sostanza e mai viceversa.
Personalmente da sempre perseguo il mondo artistico, fa parte di me, un mondo complicato talvolta, ma a cui non sono in grado di rinunciare essendo un modo attraverso cui mi esprimo, ma con cui intendo provare, molto sommessamente, ad innescare anche qualche riflessione un pochino più profonda negli altri, attraverso ciò che produco, non fermandomi ad un mero esercizio “estetico”, è così anche per te?
Riprendendo il concetto della risposta precedente posso affermare che non mi sono mai preoccupato di andare “verso” il pubblico. Ho badato a sostenere le mie concezioni della vita e dell’amore pur rischiando di mettermi contro il senso comune. Se non avessi provato a farlo avrei avuto rimpianti per tutta la vita. Cos’è un artista che non lascia traccia del suo passaggio?
Partendo dal detto latino “Nomen Omen” ovvero il nome è un “destino/presagio”, il tuo cognome Bonocore (buon cuore) ha influenzato il tuo sentire e vivere?
Non credo che ci sia predestinazione nel nome che portiamo. Ci sono artisti che portano dei nomi impronunciabili eppure il loro talento arriva a noi in maniera chiara e cristallina. Ho iniziato giovanissimo e il mio nome, così lungo, pensavo che mi potesse rendere le cose più difficili….ma sono stupidate di gioventù. Io poi non scrivo solo d’amore….e poi credo che i più grandi movimenti culturali della nostra civiltà siano nati sempre dal cuore, perché anche le lotte più acerrime nascono dalla passione.
Ci vuoi raccontare dei progetti che hai in animo ancora da realizzare e che donerai al pubblico che ti segue con attenzione e tanto affetto?
È in uscita il mio ultimo lavoro che intitolerò semplicemente “59”. Lo considero il punto di arrivo di un percorso che ritengo sia giunto finalmente al termine. Amo intraprendere nuove strade, nuove avventure e non mi è mai piaciuto ripetermi come spesso il mercato suggerisce. Ritengo poi che la musica debba essere rappresentativa dei mutamenti e dell’evoluzione di un artista. In questo momento sono molto attratto dal minimalismo e non escludo che il mio prossimo lavoro sia realizzato col solo uso della mia chitarra. Quando ascoltai Nebraska di Springsteen ne rimasi folgorato per la crudezza del suono e per la forza narrativa che scaturiva da una voce e una chitarra. Altro progetto che mi ha sempre affascinato è la scrittura di un musical. Ed anche in questo caso sto cercando di realizzarlo secondo quei criteri che oggi mi sembrano più coerenti con la mia maniera di esprimermi. Speriamo bene….
Ringraziamo dunque Nino Bonocore per il tempo che ci ha dedicato con questa piacevole chiacchierata e lo lasciamo facendogli un grande in bocca al lupo per tutte le cose che sta facendo e per i progetti futuri.
Ester Campese 
Fattitaliani

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