Mother Moonlight, il nuovo album di Max Fuschetto, proietta l'ascoltatore in un panorama completamente diverso rispetto a Popular Games (2010) e al fortunato Sun Nà (2015). I ricordi, le visioni, le suggestioni e le reminiscenze della fanciullezza ispirano il compositore che sceglie il pianoforte - e l'esecuzione, la sensibilità, l'empatia di Enzo Oliva - per dare vita a un ciclo di sedici brani legati alla 'poesia dell'infanzia', per citare l'amato Klee. L'intervista.
Dopo
il successo di Sun
Nà,
arriva Mother
Moonlight. Un
disco completamente diverso, che ti vede sempre al centro del
processo compositivo, i cui esiti sono però rimessi al pianoforte di
Enzo Oliva.
Perchè
la decisione di separare scrittura ed esecuzione?
È
nella natura stessa del lavoro. Nasce dedicato espressamente al
pianoforte, strumento per me di indicibile bellezza, di conseguenza è
realizzato sui due soli pentagrammi, quello della mano sinistra e
quello della mano destra. Due voci, un dialogo costante, intreccio e
indipendenza di linee. Nei brani dove utilizzo altri timbri, come il
violoncello, la chitarra elettrica e il violino, è solo per creare
riflessi al movimento costante della polifonia che è la cifra
stilistica di Mother
Moonlight.
Come
accaduto per Popular
Games
e Sun
Nà,
il punto di partenza è una riflessione sul passato, e nello
specifico sull’infanzia, che diventa per te luogo ideale di
rinnovamento compositivo.
Il
passato e l'idea di ciò che sarà il futuro, e che possiamo solo
rappresentarci, confluiscono sempre nel presente e nel suo divenire
per cui noi viviamo un'immagine recuperata nel tempo come una
rielaborazione ed una proiezione. Due gesti che gli consegnano un
significato di volta in volta nuovo. È l'immagine che da luoghi
remoti della mente ci arriva, ma il modo in cui la nominiamo, la
parola che usiamo per rappresentarla la prendiamo da ciò che in arte
è lo stile, che è più che un'insieme di tecniche o di processi: un
modo di essere e di vivere.
Comunque
a volte i punti di partenza sono un pretesto. La caratteristica di
Mother
Moonlight
è che il mondo dell'infanzia, come per Paul Klee, rappresenta
l'ologramma del futuro. Le linee semplici fatte di pochi suoni danno
la possibilità di sperimentare combinazioni sonore nuove, tempi e
strutture formali flessibili e non preordinate, l'assenza e
l'allusione; il dire meno possibile perché la misura è forza, la
ridondanza debolezza.
Ancora
una volta un riferimento colto per un lavoro che – come sempre
accade nella tua attività – non disdegna connessioni popular, tu
stesso citi costantemente i Beatles…
In
realtà la letteratura musicale che si affaccia al mondo
dell'infanzia è tanta, da Schumann a Musorgskij, da Satie a Debussy,
Stravinsky, Bartok, i Beatles fino ad Arvo Part. Mother
Moonlight
vive dei suggerimenti di queste pagine uniche e sorprendenti ma anche
del genio musicale africano, mi riferisco all'Africa Subsahariana,
che si dispiega con grande acume già nelle play song cantate dai
bambini e che accompagnano giochi e momenti di vita.
In
Mother
Moonlight
troviamo, in una sequenza ravvicinata, un omaggio a Bela Bartòk e
uno a John Lennon: chi dei due si sarebbe stupito di più?
Credo
che nesuno dei due si sarebbe riconosciuto nei due brani,
specialmente Lennon che, tra l’altro, avrebbe preferito la chitarra
elettrica in reverse del brano dedicato a Bartok. In entrambi i brani
ho utilizzato qualche elemento che rientrava nella loro poetica. Ad
esempio, in Occhi
di conchiglia
dedicato a Lennon ho usato uno strumento indiano, la dilruba, e un
motivo pentatonico come ne sono presenti in brani scritti da lui.
Penso a In
my Life.
In Ting
tang
invece, dedicato a Bartok, ho utilizzato un ribattuto percussivo che
troviamo in tanta sua musica e l'intervallo di quarta eccedente che è
il fulcro delle sue intuizioni stilistiche e costruttive.
Come
mai la scelta pianistica è caduta su Enzo Oliva?
Avevo
ascoltato Enzo a una commemorazione del nostro compianto amico Marzio
Rosi e mi aveva stupito la bellezza e la facilità del tocco oltre
che una cifra interpretativa molto personale e moderna. Poi lui
imbattutosi in un mio brano, Iride
a Paul Klee,
si è incuriosito riguardo alla mia musica e mi ha contattato. Gli ho
inviato tre brani per pianoforte di non facile esecuzione. Dopo tre
giorni mi ha chiamato per dire che era pronto per farmeli ascoltare.
Sono andato a casa sua, mi sono seduto e ho ascoltato. Ho detto: è
lui.
Ero
in cerca di un pianista adatto a Mother
Moonlight,
al suo continuo interplay tra le voci, e ora ce lo avevo davanti. Il
resto è stato un anno di lavoro insieme davvero bello e affascinante
che ci ha portati dritti alla meta. Un nuovo lavoro molto differente
dai miei due precedenti.
Sarebbe
fin troppo facile dire che il pianismo di Mother
Moonlight
è anomalo poiché scritto da un “non pianista”, in realtà c’è
una scelta di fondo inconsueta in questa operazione.
Il
punto è che la concezione che sta alla base del lavoro non è
armonica bensì polifonica.
Non
mi sono messo al pianoforte per trovare una melodia e un insieme di
accordi. Ho proceduto ad inventare contemporaneamente l'una e l'altra
voce usando un materiale sonoro e motivico estremamente ridotto e
lavorando molto sulle possibilità di scambio tra le voci e di
permutazione continua degli stessi motivi fatti a volte di soli due
suoni. Il materiale sonoro molto limitato dà sempre la possibilità
di introdurre, a un certo punto della trama, un suono nuovo e fare in
modo che esso diventi un evento.
In
passato ci hai raccontato di incontri per te importanti,
collaborazioni e altre storie e qui sarebbe interessante riprendere
il punto, con un passaggio in Bolivia....
Sono
stato da sempre un fautore del libero scambio e dell'apprendimento
che nasce dalla coscienza profonda delle proprie esperienze. Rifare a
ritroso il percorso di quel che ci è accaduto e ha cambiato il
nostro modo di porci di fronte alle cose è sempre interessante. È
riconoscere che siamo nel mondo e che lo viviamo.
Molti
anni fa ho deciso che su alcune cose che riguardavano il comporre mi
serviva un confronto forte per cui, in maniera del tutto casuale, ho
conosciuto un compositore boliviano che stimo moltissimo: Edgar
Alandia. Con lui abbiamo discusso e lavorato in maniera molto libera
sul pensiero e sull'organizzazione del suono muovendoci qua e là
nella Storia. Edgar guarda alle cose in profondità e non si lascia
condizionare dagli elementi esteriori che riguardano il fare
compositivo come ad esempio l'aureola del compositore, il genere
musicale o altro. Inoltre ha una caratteristica compositiva che
ammiro molto, riesce a generare molto partendo da poco. Per me, che
mi sono mosso in maniera molto autonoma da sempre, ma col desiderio
indomito di andare oltre, trovo sia stato un momento di passaggio
importante che mi ha permesso di convergere verso quel'unità anche
stilistica a cui aspiravo: Multum in parvo.
Accanto
a Enzo troviamo musicisti spesso presenti nei tuoi lavori, pensiamo a
Pasquale Capobianco e Silvano Fusco, che ti seguiranno anche dal
vivo.
Con
Pasquale abbiamo un dialogo musicale costante, un tratto stilistico
importante dei miei lavori è caratterizzato dall'eleganza del suo
suono dovuto a un tocco particolare e all'ascolto e alla ricerca
continua.
Poi
c'è il violoncello di Silvano Fusco che da Popular
Games in
poi si irradia qua e là per creare sempre una voce supplementare al
discorso, un luogo privilegiato per l'interplay timbrico.
Per
questo disco voglio anche ricordare il bel contributo della
violinista Eleonora Amato, del suonatore di dilruba Enrico Falbo e
dell'immancabile compagno di percorso Franco Mauriello al clarinetto.
L’aspetto
grafico dei tuoi album è sempre curato perché partecipa al progetto
artistico generale. Stavolta c’è un ragazzo che corre…
Marianna
Longo, designer grafica che oggi vive a Manchester, è una presenza
costante nei miei dischi. Intelligente, raffinata e soprattutto
capace di ascoltare senza imporre le proprie idee ma suggerendo
soluzioni. Questa volta, grazie a Marco Soprano, Donato Zoppo e
Francesca Grispello tra le tante idee ho deciso di utilizzare la foto
di un ragazzo che corre come gesto liberatorio e di rottura. Nessuna
corrispondenza retorica col titolo e coi contenuti, ognuno ci veda
quel che vuole. Io la forza, il coraggio, la generosità e
l'indipendenza dal giudizio. La cosa che mi viene in mente è quel
romanzo dal messaggio superlativo di Qualcuno
con cui correre
di David Grossman: affidate a due giovani una imbarcazione e
attraverseranno anche l'Oceano.
***
Foto Luigi Vaccaro
Per il tour che accompagnerà Mother Moonlight, Fuschetto ha scelto il protagonista Oliva al pianoforte, il chitarrista Capobianco e il violoncellista Fusco. Sono figure con cui l'autore ha condiviso negli ultimi anni momenti importanti del proprio percorso musicale, pensiamo all'Auditorium Parco della musica di Roma, all'Expò 2015 Albanian Pavillon, a numerosi festival e rassegne italiane.
MAX FUSCHETTO
Mother Moonlight
16 brani, 38 minuti
Italian World Beat 2018
Distr. ITA: Audioglobe
Distr. estera: Proper music (UK), Indigo (GER), Sambinha (JAP),
Coast to coast (BENELUX), Karonte (SPA) e Bertus (FRA).
Info:
Max Fuschetto:
Italian World Beat:
Audioglobe: