Bruxelles, dentro l’anima di Norma: Fattitaliani intervista Sally Matthews



di Giovanni Zambito - Dopo l'interruzione a causa del lockdown del 2021, torna in scena alla Monnaie di Bruxelles Norma con la direzione musicale del M° George Petrou e la regia di Christopher Coppens. Per l'occasione Fattitaliani ha intervistato il soprano Sally Matthews per approfondire una delle interpretazioni più complesse e affascinanti del repertorio belcantistico. Tra conflitti interiori, tensioni emotive e un’eredità musicale di straordinaria intensità, l’artista racconta come ha costruito la sua Norma: una donna divisa tra dovere, passione e destino. Ripercorriamo insieme il processo creativo, le sfide vocali e l’attualità sorprendente di un personaggio che continua a parlare al presente.

Norma è una donna divisa tra dovere sacro e passione proibita.

Come ha affrontato la rappresentazione di questo profondo conflitto interiore sul palcoscenico?

Quando interpreto un personaggio il cui percorso è segnato dal conflitto interiore, trovo che la sfida - e il piacere - consistano proprio nell’esplorare quella tensione. In Norma, il conflitto è intrecciato sia nel testo sia nella musica, e il mio compito come interprete è rispondervi con sensibilità, restando allo stesso tempo aperta alla visione del regista. Christophe ed io abbiamo affrontato il suo viaggio con onestà, lasciando che musica e parole ci guidassero. Per me, questo è sempre il cuore della costruzione di un personaggio.

Questa produzione di Christophe Coppens mette in luce la “doppia vita” di Norma e la pressione di una società rigida.
In che modo questa messa in scena ha influenzato la sua interpretazione del personaggio?

Questa non è una rappresentazione dolce o tradizionalmente femminile. È cruda e reale, affronta i dilemmi e le sfide di Norma senza filtri. Questo approccio la rende moderna e comprensibile, e mi permette di incarnare pienamente la sua forza, il suo potere e la chiarezza delle sue intenzioni.

Il rapporto tra Norma, Pollione (Enea Scala) e Adalgisa (Raffaella Lupinacci) è centrale nella tensione emotiva dell’opera.
Come avete costruito, lei e i suoi colleghi, questo triangolo complesso dal punto di vista drammatico e vocale?

Per fortuna, il conflitto è chiaramente scritto sulla pagina. Abbiamo passato molto tempo a spogliare tutto fino all’essenziale, esaminando l’inganno, il conflitto, la gelosia, la rabbia e anche il perdono. Queste emozioni fanno parte della nostra vita quotidiana, quindi abbiamo cercato di mantenerne sempre viva la verità. Sono persone reali con lotte reali. Il nostro compito è semplicemente raccontare la loro storia.

Casta Diva è una delle arie più iconiche del repertorio belcantistico.
Qual è il suo rapporto personale con quest’aria e come riesce a farla sua?

Alcune arie sono diventate più celebri delle opere da cui provengono, e Casta Diva è certamente una di queste. Quando affronto un’aria così, mi ricordo che è un momento all’interno di un arco drammatico più ampio; deve rimanere collegata a ciò che la precede e a ciò che la segue. Come artisti, la nostra responsabilità è servire la storia. Non dobbiamo mai indulgere in un momento per il solo gusto di farlo - dobbiamo viverlo come parte del viaggio.

Questa produzione fu interrotta dall’ultimo lockdown pandemico nel 2021.
Cosa significa per lei portare finalmente questa versione di Norma davanti a un pubblico dal vivo?

Quando l’abbiamo eseguita per la prima volta, il nostro pubblico era molto piccolo - circa 400 persone, se ricordo bene. Sarà meraviglioso presentare la produzione in un auditorium pieno, ma ho davvero custodito l’intimità di quel primo incontro. È stato un momento molto speciale.

Norma sceglie il sacrificio, incarnando dignità e tragedia.
Come si prepara mentalmente ed emotivamente per la scena finale dell’opera?

Non elaboro una strategia consapevole per affrontare la scena finale. Mi concentro invece sul vivere la storia e lasciare che le emozioni emergano in modo naturale. Ciò che provo in quei momenti conclusivi è semplicemente il risultato dell’aver abitato pienamente il percorso di Norma. Se rimango autentica lungo tutto il viaggio, il finale sarà onesto.

Molti soprani considerano Norma uno dei ruoli più impegnativi mai scritti.
Quali qualità personali o esperienze sente di avere che l’hanno preparata ad affrontare un ruolo così monumentale?

Quando affronto un ruolo per la prima volta, cerco di non lasciarmi sopraffare dalla sua complessità. Procedo scena dopo scena e mi concentro sul raccontare la storia. Naturalmente, la tecnica vocale è fondamentale con un ruolo come Norma - lo stile belcantistico è una vera ginnastica vocale. Senza una profonda conoscenza del proprio strumento, è impossibile dominarlo. L’età e l’esperienza sono determinanti.


La regia di Coppens mostra come i dilemmi di Norma siano ancora attuali.
Vede dei paralleli tra la sua lotta e le sfide affrontate dalle donne nella società contemporanea?

Come accade in molte narrazioni operistiche, quando si distillano alla loro essenza restano attuali e comprensibili. Le sfide affrontate da uomini e donne non sono davvero cambiate; semplicemente assumono forme diverse. Raccontiamo sempre storie - di amore, perdita, inganno, rabbia. Queste esperienze umane sono universali e senza tempo.

Nel suo percorso artistico, i ruoli spesso rivelano nuovi aspetti dell’artista.
Cosa le ha insegnato Norma sulla sua voce, sul suo mestiere o persino su se stessa?

Norma mi ha insegnato che sono resiliente, forte e curiosa. Mi ha spinta a esplorare i confini di ciò che una donna può provare quando viene tradita, e mi ha mostrato che il perdono è possibile anche nelle circostanze più difficili. Mi ricorda di non aggrapparmi alla rabbia. È una donna forte e complessa, la ammiro profondamente. Mi ha insegnato moltissimo.

Molti artisti descrivono Norma come un ruolo trasformativo.
Sente che questo personaggio l’abbia cambiata in qualche modo, professionalmente o personalmente?

Ogni ruolo rivela qualcosa di chi siamo - dei nostri punti di forza e delle nostre fragilità. Norma non fa eccezione. Le donne spesso si sentono impotenti nella società, ma lei mi ha mostrato che racchiudo in me sia una grande forza sia una profonda vulnerabilità. Soprattutto, incarna il perdono e il coraggio, come dimostra con potenza la scena finale.


In English

After being interrupted by the 2021 lockdown, Norma returns to the stage at La Monnaie in Brussels under the musical direction of Maestro George Petrou and the staging by Christopher Coppens. For the occasion, Fattitaliani interviewed soprano Sally Matthews to explore one of the most complex and fascinating interpretations in the bel canto repertoire. Amid inner turmoil, emotional tension, and a musical legacy of extraordinary depth, she reveals how she shaped her portrayal of Norma: a woman torn between duty, passion, and fate. In this interview, we delve into her creative process, the vocal challenges, and the striking relevance of a character that still resonates powerfully today.

Norma is a woman torn between sacred duty and forbidden passion.
How did you approach portraying this profound inner conflict on stage?

When approaching any character whose story is driven by inner conflict, I find the challenge - and the joy - lies in exploring that tension. In Norma, the conflict is woven through both the text and the music, and my task as a performer is to respond to that with sensitivity while remaining open to the director’s vision. Christophe and I approached her journey with honesty, allowing the music and text to lead us. For me, that is always at the heart of building a character.

This production by Christophe Coppens highlights Norma’s “double life” and the pressure of a rigid society.
In what ways did this staging influence your interpretation of the character?

This is not a soft or traditionally feminine portrayal. It is raw and real, confronting Norma’s dilemmas and challenges head-on. That approach makes her feel modern and relatable, and it allows me to fully embody her strength, her power, and the clarity of her intentions.

The relationship between Norma, Pollione, and Adalgisa is central to the opera’s emotional tension.
How did you and your colleagues build this complex triangle dramatically and vocally?

Thankfully, the struggle is clearly written on the page. We spent a great deal of time stripping everything back and examining the deception, the conflict, the jealousy, the anger-and also the forgiveness. These emotions are part of our everyday modern lives, so we tried to keep that truth present at all times. These are real people with real struggles. Our job is simply to tell their story.

Casta Diva is one of the most iconic arias in the bel canto repertoire.
What is your personal relationship with this aria, and how do you make it your own?

Some arias have become more famous than the operas they come from, and Casta Diva is certainly one of them. When approaching an aria like this, I remind myself that it is a moment within a larger dramatic arc; it must remain connected to what comes before and what follows. As artists, our responsibility is to serve the story. We must never indulge in a moment for its own sake—we must live it as part of the journey.


This production was originally interrupted by the final pandemic lockdown in 2021.
What does it mean for you to finally bring this version of Norma to a live audience?

When we first performed this, our audience was quite small-about 400 people, I believe. While it will be wonderful to bring the production to a full auditorium, I truly cherished the intimacy of that earlier gathering. It felt very special.

Norma ultimately chooses sacrifice, embodying dignity and tragedy.
How do you prepare yourself mentally and emotionally for the opera’s final scene?

I don’t consciously strategise about how to tackle the final scene. Instead, I focus on living the story and allowing the emotions to arise naturally. Whatever I feel in those final moments is simply the result of having fully inhabited Norma and her emotionally charged journey. If I remain truthful throughout, the ending will be honest.

Many sopranos consider Norma one of the most demanding roles ever written.
What personal qualities or experiences do you feel have prepared you to take on such a monumental part?

When approaching a role for the first time, I try not to be overwhelmed by how demanding it may be. I take it scene by scene and focus on telling the story. Of course, vocal technique is crucial with a role like Norma—the Bel Canto style is essentially vocal gymnastics. Without a deep understanding of one’s instrument, it’s impossible to master. Age and experience play a key role in that.

Christine Coppens’s staging shows that Norma’s dilemmas still resonate today.
Do you see parallels between Norma’s struggle and the challenges faced by women in contemporary society?

Like most opera narratives, when you distill them to their essence, they remain current and accessible. The challenges faced by men and women have not really changed; they simply appear in different forms. We are always telling stories of love, loss, deception, anger. These human experiences are universal and timeless.

In your artistic journey, roles often reveal new aspects of an artist.
What has Norma taught you about your voice, your craft, or even yourself?

Norma has taught me that I am resilient, strong, and curious. She has pushed me to explore the boundaries of how a woman can feel when betrayed, and she has shown me that forgiveness is possible even in the most difficult circumstances. She reminds me not to hold on to anger. She is a wonderfully strong and complex woman, and I admire her deeply. She has taught me a great deal.

Many artists describe Norma as transformative.
Do you feel this role has changed you in any way, professionally or personally?

Every role reveals something about who I am my strengths and my weaknesses. Norma is no exception. Women often feel powerless within society, but she has shown me that I carry both great strength and deep vulnerability. Above all, she embodies forgiveness and bravery, as the final scene so powerfully demonstrates.

Foto di Karl Forster

Fattitaliani

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